giovedì 14 gennaio 2010

Proseguiamo il discorso sulla Liturgia

Mi sembra opportunamente collegato con l'articolo precedente questo intervento del mio amico Don Bernardo, che ho avuto la gioia di conoscere il 14 settembre 2007, durante la celebrazione, dopo oltre 30 anni, della Messa Tridentina in S. Maria Maggiore. Lo inserisco anche a conforto (vedi conclusioni) di chi non ha che il N.O. e non vorrei rimanesse disorientato:

Cari amici condivido in pieno le critiche di tutti voi al messale di Paolo VI, tanto più che è lo stesso Papa Ratzinger che quando era cardinale ha sempre criticato la riforma liturgica, basta che vi leggiate il bellissimo libro "Davanti al Protagonista" con interessanti interventi dell'allora cardinale, mi permetto di ricopiare qualche frase:

"Ciò che è avvenuto dopo il Concilio Vat. II è che al posto di una liturgia frutto di uno sviluppo continuo, è stata messa una liturgia fabbricata. Si è usciti dal processo vivente di crescita e di divenire per entrare nella fabbricazione. Non si è più voluto perseguire il divenire e la maturazione organici del vivente attraverso i secoli e li si è rimpiazzati come fosse una produzione tecnica, con una fabbricazione prodotto banale del momento" pag. 193.

"Quando noi ci raduniamo insieme con i fratelli e con il sacerdote di Dio celebriamo il sacrificio divino, non possiamo scuotere l'aria con rumori senza forma e nemmeno gettare addosso a Dio le nostre preghiere con un chiacchiericcio sguaiato, quelle preghiere che invece Gli dovremmo presentare con umiltà, poiche Dio non ha bisogno che noi Gli ricordiamo tutto ciò con le nostre grida" pag. 163.

"La liturgia terrena è liturgia solo per il fatto che si inserisce in ciò che già c'è, in ciò che è più grande" pag. 151.

"Dunque le cose non stanno così che l'uomo si inventa qualcosa e poi lo canta, bensì che il canto gli proviene dagli angeli, ed egli deve innalzare il suo cuore affinchè stia in armonia con questa tonalità che gli giunge dall'alto" pag. 151.

"Una cosa dovrebbe essere chiara. La liturgia non deve essere il terreno di sperimentazioni per ipotesi teologiche. In questi ultimi decenni congetture di esperti sono entrate troppo rapidamente nella pratica liturgica, spesso anche passando allato dell'autorità ecclesiastica, tramite il canale di commissioni che seppero divulgare a livello internazionale il loro consenso del momento e nella pratica seppero trasformarlo in legge liturgica. La liturgia trae la sua grandezza da ciò che essa è e non da ciò che noi ne facciamo.
La nostra partecipazione è certamente necessaria, ma come un mezzo per inserirci umilmente nello spirito della liturgia e per servire Colui che è il vero sogetto della liturgia: Gesù Cristo.
La liturgia non è l'espressione della coscienza di una comunità, che del resto è varia e mutevole.
Essa è la Rivelazione accolta nella fede e nella preghiera...."
pag. 148.

"La cosa più importante oggi è riacquistare il rispetto per la liturgia e la consapevolezza della sua non manipolabilità. Reimparare a riconoscerla nel suo essere una creatura vivente che cresce e che ci è stata donata, per il cui tramite noi prendiamo parte alla liturgia celeste. Rinunciare a cercare in essa la propria autorealizzazione per vedervi invece un dono.
Questa credo è la prima cosa: sconfiggere la tentazione di un fare dispotico che concepisce la liturgia come ogetto di proprietà dell'uomo e risvegliare il senso interiore del sacro..." Pag. 114. 

"L'uomo non può 'farsi' da sé il proprio culto; egli afferra solo il vuoto de Dio non si mostra....
La vera liturgia non può trarre origine dalla nostra fantasia, dalla nostra creatività..." 
Pag. 78.

Tutto il libro è una miniera. Penso che ognuno di noi imbevuto di questi principi e unendosi con altri potrà fare qualcosa. Cominciando a rendere più sacre possibili le celebrazioni nello zoppicante Novus Ordo (pieno di limiti e difetti) e poi facendo delle celebrazioni in Vetus Ordo almeno ogni tanto per aiutare gradatamente i fedeli a venire a contatto con i tesori dell'autentica liturgia.
don Bernardo.

1 commento:

  1. in conclusione, anche il NO, se celebrato senza creatività e innovazioni, secondo una corretta teologia e corrispondente partecipazione, è una grazia e contiene gli elementi essenziali del culto

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