sabato 25 luglio 2020

"IL SALE DELLA TERRA" V° PUNTATA. NOVITA’ DELLA CHIESA DOPO IL CONCILIO VATICANO II°

Nota: questo post fa parte di una serie di articoli dedicati a "Il sale della terra", trasmissione televisiva andata in onda sulla RAI nel 1983.



Oggi è la volta delle NOVITA’ post Concilio.

Siamo molto curiosi.

Si inizia con un video, che per primo mostra un’intervista al Movimento Carismatico, nato ad ANN ARBOR, Michigan. Parlano i fondatori.
Raccontano che loro credono che oggi sia possibile sperimentare gli stessi doni della chiesa primitiva.

Il “dono della profezia” non è necessariamente predire il futuro, ma dire la parola del Signore, spinti da Lui o sotto la sua ispirazione, a un’altra persona o anche a un gruppo di persone.
E qui mi pare che, pur sotto nomi diversi, siano uguali ai neocatecumenali “sotto l’ispirazione del Signore”, termine invalso ma pericolosissimo, accomuna i due Movimenti.

Parlare le lingue” è un dono dello Spirito Santo che “ci rende capaci di pregare a un livello più profondo della mente cosciente. La preghiera in lingue è un modo di pregare. Talvolta è di fatto un’altra lingua, ma molte volte non sappiamo che cos’è. Diciamo delle parole che lo Spirito Santo di Dio ci ispira, questo ci permette di pregare e adorare il Signore, di rendere grazie al Signore, ad un livello spirituale molto profondo”.

Un video mostra un’assemblea di persone che ad alta voce “dicono le parole che lo spirito santo ispira”, a caso, ognuno le sue, in una babele concreta ed assordante.

Pregano secondo "ispirazione"
dello Spirito Santo,
ognuno individualmente.
"Talvolta è di fatto un’altra lingua,
E se in mezzo a quel bailamme qualcuno fosse ispirato a “pregare altro”, chi se ne accorgerebbe?
Non ne escludo la possibilità. Sembrano invasati.

Si chiama “glossolalia” e produce un casino pazzesco in cui non si capisce nulla.
Impressionante, per usare un termine kikiano.

Le “guarigioni”, viene spiegato mentre passa il video di alcuni preti che impongono le mani tra l’assemblea, non sono vere e proprie guarigioni, ma siccome la chiesa ha trascurato per molto tempo di mostrare il potere di Dio, queste servono a testimoniare che questo non è vero: Dio è presente e attivo nella storia, fa la storia, guarisce le persone.

Molto vago. Giudizio sulla chiesa. Anche loro.
Su questo si intendono bene coi neocatecumenali.
Ambedue “frutti” del Concilio. Novità.

Viene intervistato un carismatico in studio.
Anche lui giudica la chiesa di “prima” come foriera di sacrifici, obblighi e doveri eccessivi.
Ora ha capito: la chiesa è una cosa molto diversa da come la capiva prima, è una comunità, un’unione di fratelli che si amano nella gioia.
Pare un neocatecumenale, ma è un carismatico.

Entrambi denigrano la chiesa di “PRIMA” per mostrare la bellezza della chiesa di “ORA”.

Solo per cronaca, stando ai dati riportati, parrebbe che il Movimento Carismatico OGGI batta quello Neocatecumenale quanto a diffusione nel mondo: solo 134 nazioni per i neocatecumenali (da fonte neocatecumenale di 4 anni fa), contro le 235 dei Carismatici.
Sarà il perché delle bandierine sul mappamondo: devono acquistare terreno, sono un bel po' indietro...

Ma non solo i carismatici hanno la “comunità”, come ben sappiamo ce l’hanno anche i neocatecumenali, e questo lo mostra un video di “una piccola comunità, una piccola chiesa che ha ricevuto una catechesi, che cammina in conversione”.

Siamo a Milano, dove sappiamo che il Card. Martini aveva pubblicamente dichiarato di non approvare il Movimento neocatecumenale, che ha stentato molto ad attecchire nella sua diocesi.

Parla una neocatecumenale e racconta della malattia e morte del marito, circostanza nella quale si è sentita sorretta dalla sua comunità di 48 persone, che li ha aiutati anche finanziariamente.
Fin qui tutto bene, è quello che dice dopo, questa signora molto triste, che appare evidente come un giudizio sulla chiesa e sulle persone.
Ma pare non rendersene conto.

Dice che il marito, davanti alla sua ribellione, le disse:

Per me è UN SEGNO, perché la persona di 90 anni che tu dici e che noi conosciamo e che è una nostra parente, dovrà dire il rosario per altri 10 anni, ma io devo morire perché, tramite la mia morte molta gente crederà”.

Pare un’affermazione innocua, ma importa una presunzione grande.

Intanto credere che la propria morte possa convertire le persone, quindi attribuirsi un valore cristiano alto, per essere un simbolo, un segno.

Secondariamente un giudizio sull’anziana signora di 90 anni che “avrebbe continuato a dire il rosario altri 10 anni”, come se fosse inutile, come se questa preghiera non avesse potuto convertire nessuno.

Sentirsi migliori, più cristiani.

Infatti la moglie, pur non dicendo nulla, dice genericamente che “molte persone che venivano a trovarlo hanno cambiato la loro vita”.

Ma che vuol dire?

A volte l’incontro con un sofferente ha un impatto temporaneo, se non ci sono basi solide si torna ben presto alla vita di sempre.

“Cambiato la loro vita” non spiega niente, non dà informazioni.

Dopo la signora neocatecumenale, non poteva mancare l’immancabile padre Farnes, ormai ospite stabile della trasmissione.
A lui si affida la spiegazione della Chiesa che ha “ripensato se stessa”, quello che è OGGI.

Peggior consulente non lo potevano trovare:

Sì, prima del Concilio Vaticano II, forse dopo i secoli del medioevo, la chiesa si vedeva soprattutto sottolineando l’aspetto della nostra salvezza. Era l’immagine della chiesa come una barca di salvezza, presente già nelle scritture dei primi secoli. Ma il Concilio ha saputo sottolineare con forza un altro aspetto molto importante: la chiesa è un corpo che serve alla salvezza dell’umanità. Questa visione della chiesa come corpo sacerdotale, è in certo modo non nuova, ma recuperata".

Questo è un discorso sensato, è quello successivo che è tendenzioso, sull’imbeccata di Gennarini che afferma che la Chiesa appare piccola, molte nazioni e zone che non l’accettano:

“La chiesa deve fare la sua funzione, deve evangelizzare il mondo… ma non sappiamo se nel progetto di Dio questa chiesa in un momento determinato deve essere una piccolissima chiesa o una grandissima chiesa. Ciò che noi sappiamo è che Cristo vuole che noi CI SFORZIAMO PERCHÉ TUTTI GLI UOMINI FORMINO PARTE DELLA CHIESA. Dopo aver fatto tutto quanto è nella nostra potestà per ampliare, per predicare perché gli uomini entrino nella chiesa, se la chiesa in un luogo o in un’epoca determinata resta piccolissima, Dio, dice San Tommaso, è più grande anche della chiesa e allora Dio questa salvezza la può realizzare anche se la chiesa in un dato momento è piccola”

Non si è capito?

Sta parlando della chiesa “frutto dell’evangelizzazione neocatecumenale”, che a volte E’ MOLTO PICCOLA, ma in grado di salvare tutta la “massa”.

Paolo VI, nel video che viene mostrato subito dopo dice:

La chiesa è una comunione. Comunione degli uomini con Dio, con Cristo e con Dio e comunione degli uomini fra di loro. E’ una unità, una grande famiglia umana. Noi siamo tanto più vicini a Dio, quanto più siamo vicini ai nostri fratelli. E questa comunione assume aspetti sociali, come quello che oggi chiamiamo preferibilmente “comunità.

Comunione tra TUTTI, non solo tra appartenenti ai gruppi.

Unità, grande famiglia umana: non solo l’”amore e l’unità” di kikos, per cui gli altri cristiani diranno “guarda come si amano”…

Comunità: è una definizione generica, preferita dal nuovo corso, ma riferita alla Chiesa tutta.
Che dire se, e noi lo sappiamo meglio OGGI di ALLORA, una parte di queste “comunità” comanda sulla comunità-parrocchia e sui singoli? C’è UNITA’ o c’è dittatura?

Mons. Castellano, vescovo di Siena, intervistato, pronuncia un’illusione:

Oggi nel mondo c’è tanta divisione… La divisione che diventa ostilità, che diventa motivo di sofferenza per tutti. Ebbene, di fronte a questo spettacolo, c’è la realtà quanto mai consolante della chiesa, che specialmente oggi dà una dimostrazione al mondo, di comunione”.

Poveretto, vedeva nella chiesa dei 17 anni di post-Concilio, una dimostrazione di comunione…

La divisione procurata dal Movimento Neocatecumenale allora non era forse così evidente.
OGGI sappiamo tutti che laddove si incista quel Movimento entra la divisione, non solo a livello parrocchiale, ma anche a livello diocesano, come abbiamo visto per il Callao di Del Palacio.

A questo punto, arrivati ormai alla penultima puntata, devo dire che il Movimento Neocatecumenale all’epoca aveva veramente poco ampio respiro.
Infatti rimandano per l’ennesima volta un video dall’Africa. Uno dei pochi luoghi dove evidentemente credevano di aver messo radici. Sempre gli stessi luoghi.
Veramente prevedibile e molto noioso.

Il video mostra ancora una volta una “piccola comunità africana”.
Che palle! Si può dire?
Un mondo troppo piccolo.

Parla un uomo secondo la solita ormai stantia tiritera. Un mucchio di parole.
Siamo veramente annoiati.

A quest’uomo LA COMUNITA’ E’ SERVITA per conoscere persone che incontrava “solo la domenica”.
Quindi era un africano già convertito al cristianesimo da altri, di cui poi il Movimento Neocatecumenale si è impossessato senza faticare.

Anche una donna afferma che LA COMUNITA’ LE E’ SERVITA a superare la paura di parlare davanti agli altri e a conoscere persone.

Un altro uomo ritorna sulla Messa della domenica, che era l’unica cosa da fare e poi lasciare.
A lui LA COMUNITA' È SERVITA a riscoprire l’amore alla famiglia e a “trovare molti amici”.

Questo pover’uomo crede che questi “amici” siano diversi da quelli che aveva prima, con i quali l’amicizia finiva quando finiva lo scambio delle cose comuni. Crede, perché è all’inizio, che qui sia diverso, perché “ci si ama per la Parola di Dio”.

Avrà provato nel tempo, la delusione che tutti noi ex abbiamo provato nel vedere che non gli amici, ma i “fratelli”, hanno finito la “fratellanza” quando è finito lo scambio della cosa comune che è la comunità?
Povero illuso!

L’intervistatore neocatecumenale in Africa, adesso pone ad un vescovo una domanda retorica, a risposta obbligata:

Per realizzare la speranza del Concilio di realizzare la chiesa, voi vescovi dell’Africa orientale AVETE SCELTO LE PICCOLE COMUNITA’. Perchè?

Innanzitutto sarebbe da dimostrare se TUTTI i vescovi dell’Africa hanno fatto questa scelta, o se si tratta solo di questo o di alcuni.
Per come la mette il neocatecumenale, sembra che TUTTA L’AFRICA abbia scelto le “piccole comunità”.

Comunque il vescovo risponde a tono:

Tutti vogliono costruire piccole comunità. Preti, laici, religiosi, ma molti le concepiscono solo come nuove strutture. La gente invece di pregare in una chiesa parrocchiale, prega nelle piccole comunità, solo come una nuova entità esteriore. Non sono molti ancora quelli che hanno compreso il significato profondo della comunità cristiana. Non comprendono a sufficienza che questo proposito implica la conversione del cuore. Se un uomo è stato egoista, ora deve mutare e dividere con tutti gli altri le sue qualità, i suoi doni, i suoi beni materiali. Raggiungere tutto questo richiederà molti più anni, ma non si tratta di formulare nuovi programmi, ma di attendere con pazienza che tutto questo accada. E queste strutture che non sono ancora comunità, sono un aiuto necessario per aiutare a vivere il senso di “communio”, l’aspetto di “communio” proprio del vangelo. Questo richiede molti anni, perché comporta la conversione del cuore, cosa che non si verifica in un giorno.”

Questo vescovo vede le comunità come “strutture” e ne attende i frutti.
Evidentemente non considera che i frutti ci siano già.
Poi dipenderà se si accontenta di frutti selvatici o desidera frutti buoni.

Alla domanda su cos’è la conversione, il vescovo risponde che è darsi completamente a Cristo, non solo osservare i comandamenti e questo pensa che sia possibile solo attraverso la comunità e punta molto sui laici.
Però dice:

Io sento in modo diverso da altri

Nel dire questo conferma il nostro sospetto che non tutti i vescovi vogliano le comunità, come invece faceva intendere l’intervistatore neocatecumenale.

Ma Gennarini va dritto allo scopo e chiede a padre Hamman, presente in studio, se può confermare che il fenomeno delle “piccole comunità”, diffuso a livello mondiale, è una novità o meno.

Padre Hamman, professore di patrologia, spiega che fino al II o III secolo le comunità potevano contare 50-60 persone e, quando diventavano più grandi, si dividevano in altre comunità, dove c’era ogni specie di persone e i pagani “vedevano come si amavano”.

Questo Hamman pare a fare una catechesi neocatecumenale.

Probabilmente ha tratto il numero dei componenti delle prime comunità cristiane, dalle “domus ecclesiae” dei primi cristiani, edifici privati che venivano messi dai proprietari a disposizione delle comunità.

OGGI non potremmo essere più sicuri di questa convinzione, perché esistono studi che dimostrano come le prime comunità cristiane, con l’aumento delle conversioni, si siano unite spontaneamente, e non solo dopo Costantino, costruendo luoghi di culto più grandi.

Le basiliche infatti sembra proprio che esistessero “prima” dell’Editto di Costantino e non che sia dovuto a lui l’abbandono della domus ecclesiae, ma all’accrescimento numerico dei cristiani convertiti, già nel II° - III° secolo.

Siccome dopo il Concilio Vaticano II è tornata in auge la moda di rifarsi alla chiesa primitiva, per recuperarne i contenuti “perduti”, Gennarini chiede a questo Hamman, certo già della risposta, se ancora oggi è possibile replicare il modello delle “piccole comunità” della chiesa primitiva.
Naturalmente la risposta è affermativa, ma per nulla convincente:

Certamente, perché non si amavano solo a parole, in baci, ma anche in azioni. Mettevano insieme la fortuna di tutti, c’era una cassa comune che sosteneva gli elementi poveri, malati e il diacono che portava il cibo ed il necessario per la vita

Questo spiega ciò che facevano, conoscibile da tutti con la lettura del Nuovo Testamento, NON SPIEGA PERCHE’ E COME OGGI SIA POSSIBILE RECUPERARE QUEL MODELLO, dato che i cristiani sono milioni di numeri maggiori rispetto all’epoca delle “piccole comunità”.

Partendo dalla coda, quindi, e non dal capo, Gennarini insiste:

Questo è più facile naturalmente in una comunità piccola, che in una chiesa massiva

E riceve, anche stavolta, conferma da padre Hamman:

Certamente, ma penso che in una chiesa massiva dovrebbe DIVIDERSI in piccole comunità come fanno questi africani

Proprio quello che Gennarini voleva sentirsi dire!

Dividere le parrocchie in tante comunità (neocatecumenali preferibilmente)!

Ma se si guarda bene, ciò che ha detto questo padre Hamman, succede anche in quella che in senso sottilmente dispregiativo chiama “chiesa massiva”.

Le parrocchie sostengono i poveri e i malati con le offerte LIBERE (la decima non esisteva più nemmeno nella chiesa primitiva) dei fedeli. I ministri si organizzano per portare non solo il cibo materiale, ma anche quello spirituale. Le persone si conoscono, anche se non tutte e non è necessario per amarsi conoscere vita morte e miracoli dell’altro.
Anche nelle “piccole comunità” si formano i gruppetti, per non dire veri e propri clan familiari.
I giovani, dopo le celebrazioni, stanno con i giovani, proprio come succede nelle Messe “della domenica”. Gli amici vanno in vacanza con gli amici, si frequentano, proprio come succede nelle parrocchie.

Se si parla di “vizi” delle parrocchie, nelle “piccole comunità” vengono replicati pari pari ed anzi, sono maggiormente dannosi perché l’ambiente è “chiuso”, di piccolo respiro.



4 commenti:

  1. Nota tecnica: questa pagina era stata accidentalmente cancellata dal blog alcuni giorni dopo la pubblicazione (prima volta in questo blog che succede un incidente del genere).

    È stata ripristinata ma molti commenti sono andati persi.

    Nello spazio commenti qui sotto riporterò i commenti che è stato possibile recuperare, scusandomi con gli altri commentatori.

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  2. da Pietro non del Cammino:

    Dice Farnes:
    "prima del Concilio Vaticano II... la chiesa si vedeva soprattutto sottolineando l’aspetto della nostra salvezza. Era l’immagine della chiesa come una barca di salvezza, presente già nelle scritture dei primi secoli. Ma il Concilio ha saputo sottolineare con forza un altro aspetto molto importante: la chiesa è un corpo che serve alla salvezza dell’umanità. Questa visione della chiesa come corpo sacerdotale, è in certo modo non nuova, ma recuperata".

    E' vero, ma c'è un problema: oggi in tante realtà della Chiesa non si parla più della salvezza dell'anima (che comporta anche quella del corpo e che perciò è una salvezza INTEGRALE).
    Si pensa tanto alla comunità, ma intesa come corpo sociale più che come espressione del Corpo mistico di Cristo, e di conseguenza non si pensa più alla VITA ETERNA che è la PRIMA cosa a cui la Chiesa e ogni realtà ecclesiale e ogni persona dovrebbe tendere perché nella salvezza eterna c'è la comunione con Dio.

    Tendere a Dio senza tendere alla salvezza eterna è una contraddizione. Chi non parla mai di salvezza dell'anima, parla di Dio a vanvera.

    Il Cammino è una delle realtà dove non si parla di ANIMA.
    Si parla in modo generico di salvezza, che Valentina ha esattamente definito, in uno dei suoi recenti interventi, come "salvezza esistenziale", una sorta di "ottimismo" da contrapporre al "pessimismo leopardiano".
    Forse un ottimismo che vola un po' più in alto di quello che tutti possono avere. Una sorta di "ramazzottimismo" (da una vecchia pubblicità dell'amaro Ramazzotti).

    Fatto sta che, confrontandomi con delle conoscenze del Cammino, la parola "anima" e "salvezza eterna" non viene mai pronunciata. Sarà questione del nuovo vocabolario in uso nel Cammino, ma anche fosse, il fatto che certe espressioni non sono più in uso è sintomatico.
    Nella Chiesa primitiva, infatti, di salvezza eterna intesa proprio come la intendeva la Chiesa nel Medio Evo, se ne parlava così tanto che non capisco come nella Chiesa attuale in pochi se ne rendono conto.

    In realtà il Cammino, come il modernismo, va in senso esattamente contrario a quanto proposto dal Concilio Vaticano II: il concilio voleva ravvivare la devozione, il Cammino è contro la devozione del popolo perché è un cammino gnostico, per elite, e perciò le novità che propone sono di rottura col passato della Chiesa e con la Tradizione.
    Non sono solo errori di esagerazione.

    Questo lo si evidenzia quando si parla di piccole comunità.
    Non nego che certi incontri di preghiera si possano fare in piccoli gruppi, ma la Chiesa primitiva in realtà non tendeva a scomparire nella case, ma a manifestarsi nella società civile (senza confondersi con essa!).
    Infatti, appena le ondate di persecuzioni sono finite e lo l'Impero lo ha permesso, è iniziata la costruzione delle Basiliche, che tendevano a radunare tutti i cristiani della zona.

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  3. Supplemento tecnico per i non addetti ai lavori:

    - la "glossolalìa" è un'invenzione di matrice protestante: si tratta di gorgheggi senza senso spacciati per preghiera intensa, motivati dal fatto che per la mentalità protestante la preghiera fa effetto solo se è spettacolaristica; (ricordiamo che tanti grandi santi hanno attraversato anche lunghi momenti di aridità nella preghiera; altro che glossolalie e spettacolarismi; il rapporto personale con Dio non è qualcosa di magico e scoppiettante e scenografico)

    - la "xenoglossìa", cioè il parlare in lingue diverse dalla propria, è un fenomeno che se è genuino non è naturale. Cioè può essere soprannaturale, se proviene da Dio (come Pietro e gli Aposatoli che predicarono in tutte le lingue, sotto l'azione dello Spirito), oppure preternaturale, se proviene dal demonio (come gli indemoniati che parlano sotto l'azione del demonio).

    Dunque, per evitare l'accusa di essere indemoniati (giacché la xenoglossìa di origine soprannaturale è un fenomeno rarissimo e che richiederebbe la verifica da parte della Chiesa, non è un tocco di spettacolarizzazione di un raduno di preghiera dove nessuno conosceva quelle lingue sconosciute), ci si è inventati la glossolalìa. Dico "inventati" perché mi sembra al massimo una roba da auto-esaltati che trattano le liturgie come se fossero una droga potente nella quale "sballarsi" religiosamente (pensate che fra i protestanti ci sono tante robe strane, c'è perfino la Sacra Risata...). Da noi succede con certe frange piuttosto estreme di Rinnovamento, e negli anni '90 Giovanni Paolo II diede con molta discrezione un netto colpo di freni ai fautori di tali fenomeni. Mi ha sorpreso che sia successo anche tra i primissimi neocatecumenali - tanto da vantarsene nel 1982 in televisione - per poi venir comodamente dimenticata per ordine di Kiko e Carmen... Ci sono troppi svarioni che il Cammino ha dovuto comodamente far sparire, troppe bizzarrie kikiane-carmeniane da spazzar via dalle storie ufficiali.

    Nota 1: a suo tempo ho assistito ad una preghiera con glossolalìa da parte di un gruppo ultrà dei carismatici di provincia di periferia campagnola. Mi sorprese che di tutto il mega-raduno (parecchie decine di persone, almeno metà delle quali si esibì nella sceneggiata della glossolalia) di cattolico ci fu solo un Padre Nostro recitato alla fine. Niente sacramenti, niente dottrina della fede, solo fervorini estemporanei. Poteva benissimo essere un raduno protestante, se non fossero stati esibiti certi gadget cattolici.

    Nota 2: il cardinal Martini, che morì praticamente ateo viste le sue ultime dichiarazioni sull'aldilà, non era affatto uno stinco di santo ma aveva visto bene dove il Cammino sarebbe andato a parare. Aveva capito bene che codesti portatori di novità e di "riscoperte" non erano altro che i soliti ricchi borghesi annoiati (Kiko e Carmen) bramosi di inventare una fede di cui essere i capi rispettati, temuti e ben pagati. Sarà stato anche un nemico della Chiesa, ma almeno non si svendette per quattro soldi.

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  4. da Valentina Giusti:

    Dovrei guardare la puntata per averne conferma, ma a mio parere c'è una certa malignità nel presentare proprio la preghiera in lingue del mondo carismatico, uno degli aspetti che più li fa somigliare ai pentecostali protestanti e probabilmente molto indigesto al cattolico medio, mentre dei neocatecumenali fanno vedere solo le canzonette, testimonianze personali e non un bello scrutinio o la raccolta delle decime, cioè gli aspetti più controversi del Cammino, nascosti dall'arcano.
    A cinquant'anni di distanza poi possiamo dire che la creazione di comunità locali da parte dei movimenti laicali, che dicono di ispirarsi al Concilio solo per l'uso del termine "comunità" in alcuni punti per esempio della Lumen Gentium, non ha prodotto i frutti voluti: quella che sembrava essere una primavera della Chiesa si è trasformata in un precoce autunno.



    da Pietro non del Cammino:

    Anche quando ero lontano da Dio non ho mai perso la fade della Chiesa soprattutto grazie a una catechista, di cui non ricordo neanche il nome, che mi parlava della Chiesa e del Papa. Parlava di tessere, per cui ho ricostruito che doveva essere di Azione Cattolica.

    Sono tornato alla Chiesa attraverso un gruppo del Rinnovamento che ho frequentato per tutti gli anni Ottanta, un gruppo "ultrà" non esente da errori e, addirittura, con atteggiamenti di leaderismo che potevano ricordare quelli delle sette (un leadersimo, per la verità, aspramente combattuto da altri responsabili).

    Ma, leggendo questo blog, ho capito che tra il gruppo carismatico a cui appartenni e il Cammino (che prima ho sempre difeso da chi lo attaccava), c'è una differenza sostanziale: l'ubbidienza alla Chiesa non a parole, ma nei fatti.
    Se il Vescovo diceva una cosa, si faceva e basta, senza se e senza ma. Forse perché quasi tutti i responsabili erano di formazione di Azione Cattolica (quella degli anni Cinquanta e non quella post sessantottina).

    Quello che dice Tripudio sui pericoli della xenoglossia, ce lo dicevano anche loro, mentre per glossolalia si intendeva non l'annuncio della salvezza in lingue diverse, che chi le conosce le può comprendere, ma una forma di preghiera fatta di "gemiti inesprimibili" di cui Paolo diceva che lui pregava in tal modo più di tutti.
    Per la verità ho sempre pensato che, in molti casi, ci fosse molto di umano in certe espressioni, e anche i responsabili non lo escludevano, ma ci dicevano che dovevamo soprattutto pregare e lodare Dio con la mente.
    Inoltre ci mettevano in guardia dalla biblomanzia e dagli influssi del demonio, e anche della nostra umanità, nell'uso dei carismi, per cui ci dicevano di usare anche la ragione.

    Non entro in questioni teologiche riguardo ai carismi e ai carismatici, che hanno fatto errori anche marchiani, spesso riconosciuti successivamente, ma, almeno in certe realtà carismatiche, c'era la volontà di essere radicati alla Chiesa.

    Così quando il Vescovo proibì l'imposizione delle mani nelle preghiere di guarigione, tutti ubbidirono, e quando si oppose al progetto di una minoranza di fondare una sorta di comunità permanente, il progetto fu accantonato.
    Molto dipende dai Pastori che non si devono limitare a guardare in gregge, ma devono guidarlo attivamente.
    Il Cammino, invece, a quanto pare, non si è mai fatto guidare, perché per Kiko é il Cammino che deve guidare la Chiesa.

    Una precisazione: Libera parla di Movimento Carismatico, ma il Rinnovamento Carismatico, almeno in Italia, non si è mai voluto chiamare così per non confondersi con un'altra realtà nata negli anni Cinquanta che porta, appunto, il nome di Movimento Carismatico, che è stato fondato da una falsa veggente: Franca Cornado.
    Non è mai stato numeroso e oggi è praticamente quasi scomparso e non se ne sente più parlare, ma negli anni Ottanta aveva una certa influenza.
    Il Rinnovamento Carismatico il realtà è una denominazione che raggruppa molti movimenti "carismatici", di cui il Rinnovamento nello Spirito in Italia è il movimento più numeroso.

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