mercoledì 13 gennaio 2010

Una seconda finalità del Motu Proprio: La "riforma della riforma"

Vi propongo una interessantissima e attualissima analisi di Paix Liturgique:

La crescente diffusione dell’opera di Monsignor Nicola Bux intitolata “La Riforma di Benedetto XVI” [1] ci offre l’occasione di uscire dall’ambito ristretto della messa in opera del Motu Proprio Summorum Pontificum per fare il punto sulla “riforma della riforma” intrapresa dal Sovrano Pontefice nel campo liturgico e sulla relazione che dovrebbe stabilirsi progressivamente fra le due forme della liturgia romana.

Lo scopo primario del Motu Proprio Summorum Pontificum è noto: fare in modo che la messa tradizionale possa essere celebrata in tutte le parrocchie nelle quali se ne faccia domanda. Il MP non si potrà considerare veramente applicato fin quando, nella cattedrale di Milano o di Bari, in quella di Cagliari o di Trieste, non si potrà assistere alla messa domenicale delle 10 celebrata nella forma ordinaria e a quella delle 11 nella forma straordinaria (o viceversa). Per dirla in breve: in materia di applicazione del MP oggi non siamo che agli inizi.

A – Il progetto della “riforma della riforma”
Un secondo intento all’origine del MP non è immediatamente esplicito ma non per questo è meno evidente sia in ragione di quanto scritto in passato dall’allora Cardinale Ratzinger in materia, sia per via dell’augurio formulato nel testo del 2007: quello di un “arricchimento reciproco” delle due forme che ormai coesistono ufficialmente.

Relativamente all'arricchimento, possiamo tutti capire che la forma più evidentemente “ricca” è quella che beneficia di una tradizione ininterrotta di dieci secoli (e di ben diciassette secoli per quanto riguarda la sua parte essenziale, il Canone), e il cui valore dottrinale e rituale è per lo meno paragonabile a quello delle altre grandi liturgie cattoliche. Così scrive Nicola Bux nella sua opera: “Gli studi comparativi dimostrano che la liturgia romana era molto più vicina a quella orientale nella forma preconciliare che in quella attuale. [...] Purtroppo, il messale di Paolo VI non contiene tutto quello di Pio V." Sarebbe quindi assurdo voler negare che la forma che deve essere arricchita/trasformata in primo luogo è proprio quella fabbricata frettolosamente quarant’anni fa.

Si è presa dunque l’abitudine di chiamare “riforma della riforma” questo progetto di arricchimento/trasformazione della riforma di Paolo VI allo scopo di renderla più tradizionale nei suoi contenuti e nella sua forma. Bisognerà però attendere ancora per vederne gli effetti perché, un po’ come il MP, va considerato che la “riforma della riforma” si trova solo al debutto.

Pensando ai futuri sviluppi di questo processo sono opportune due osservazioni preliminari :

  1. La “riforma della riforma”, come indicato dall’espressione stessa, non riguarda che la riforma di Paolo VI. Non suggerisce infatti in alcun modo che parallelemente si dia l'avvio a una trasformazione della forma tradizionale del rito. Le due forme infatti non sono assolutamente comparabili né dal punto di vista della loro relazione con la tradizione né dal punto di vista della loro struttura rituale. Una modifica del rito tradizionale oggi causerebbe un indebolimento del patrimonio liturgico della Chiesa, cosa che del resto Ratzinger, da Cardinale, aveva a suo tempo prudentemente e chiaramente escluso.[2]

  2. La “riforma della riforma” non ha lo scopo di introdurre, attraverso leggi e decreti, un terzo messale posto a metà strada fra il messale tridentino e quello nuovo - che d'altronde è piuttosto una raccolta di linee guida da interpretare con una certa libertà che un “messale” in senso tradizionale. Il Cardinale Ratzinger ieri, Papa Benedetto XVI oggi, è del tutto contrario all’idea di mettere in opera una serie di riforme autoritarie pari a quella – ma in senso inverso – che è stata la messa in pratica della riforma di Paolo VI. Si tratta piuttosto di intraprendere un progressivo riavvicinamento del messale di Paolo VI al messale tradizionale, cosa che peraltro è facilitata proprio dall'elasticità della liturgia nuova: il suo carattere a-normativo la rende paradossalmente accogliente proprio per un ritorno della norma tradizionale. Ci si può d’altro canto chiedere se, alla fine di questo processo, essa conserverà un’altra ragion d’essere che quella di essere propedeutica alla liturgia tradizionale.
B – Il libro di Nicola Bux

L’importanza della pubblicazione di questo libro è collegata anche alla dimensione intellettuale del suo autore. Monsignor Nicola Bux, professore di liturgia e di teologia dei sacramenti presso l’Istituto superiore di Teologia San Nicola di Bari, è consulente della Congregazione per la Dottrina della fede e della Congregazione per le Cause dei Santi e inoltre dell’Ufficio delle celebrazioni liturgiche del Sovrano Pontefice, è consigliere della rivista Communio, nonché autore di numerosi libri (fra i quali "Il Signore dei Misteri. Eucaristia e relativismo", Cantagalli, 2005) e di molteplici articoli (“A sessant’anni dall’Enciclica Mediator Dei di Pio XII, dibattere serenamente sulla liturgia”, L’Osservatore Romano, 18 novembre 2007). E’ inoltre uno dei più influenti sostenitori della riforma della riforma di Paolo VI.

L’opera di Nicola Bux si inserisce nel nuovo movimento liturgico che coinvolge altri noti sostenitori dell’azione del Papa, tra i quali: Padre Alcuin Reid (The Organic Development of the Liturgy, Saint Michael’s Abbey Press, Londra, 2004), Padre Michael Lang (Rivolti al Signore - L'orientamento nella preghiera liturgica, Cantagalli, 2008), Monsignor Nicola Giampietro (Il Card. Ferdinando Antonelli e gli sviluppi della riforma liturgica dal 1948 al 1970, Studia Anselmiana, Roma, 1998), Monsignor Athanasius Schneider (Dominus Est - Riflessioni di un Vescovo dell'Asia Centrale sulla sacra Comunione, Libreria Editrice Vaticana, 2008), Padre Aidan Nichols (Looking at the Liturgy: A Critical View of Its Contemporary Form, Ignatius Press, 1996) e ancora Don Mauro Gagliardi (Liturgia, Fonte di Vita, Fede&Cultura, 2009). Vanno ricordate ancora le iniziative promosse da Padre Manelli e i Francescani dell’Immacolata, né, beninteso, l’azione quotidiana di importanti prelati come Monsignor Ranjith, Monsignor Burke, il Cardinale Cañizares, ecc.

Il libro di Monsignor Bux ha inoltre beneficiato di tre prestigiose prefazioni: quella di Vittorio Messori per l’edizione italiana, quella di Monsignor Marc Aillet, Vescovo di Bayonne, per l’edizione francese, e quella del Prefetto della Congregazione per il Culto Divino, il Cardinale Cañizares, per l’edizione spagnola.

Secondo Nicola Bux, la crisi che ha colpito la liturgia romana è dovuta al fatto che essa non è più incentrata su Dio e sulla Sua adorazione, ma sugli uomini e la comunità. “All'inizio sta l'adorazione. E quindi Dio. [...] La Chiesa si lascia guidare dalla preghiera, dalla missione di glorificare Dio” aveva scritto in proposito Joseph Ratzinger (L'Osservatore Romano, 4 marzo 2000).

La crisi della liturgia comincia nel momento in cui cessa di essere un’adorazione o si riduce alla celebrazione di una comunità particolare nella quale preti e vescovi, invece di essere dei ministri, dunque dei servitori, divengono dei leader. E’ perché, indica Mons. Bux, oggi “la gente chiede sempre più rispetto per lo spazio personale del silenzio, della partecipazione intima della fede ai sacrosanti misteri e alla preghiera pubblica e solenne della Chiesa".

Bisogna dunque aiutare un clero confuso nella pratica e nella propria coscienza cultuale a comprendere che la liturgia "è sacra e divina, discende dall’alto come la Gerusalemme celeste". Mons. Bux invita perciò a "ritrovare il coraggio del sacro". Un senso del sacro che rinvia al mistero. A questo proposito sarebbe opportuno fermarsi un attimo su una sua osservazione relativa alla lingua liturgica: "Malgrado la messa in lingua parlata, il numero dei fedeli nelle chiese è molto diminuito: forse anche perché, dicono alcuni, ciò che hanno compreso non è affatto piaciuto"...

E’ il caso che la Chiesa educhi nuovamente il sacerdote al compimento dei Santi Misteri “in persona Christi” come suo ministro e non come animatore di un’assemblea ormai del tutto ripiegata su se stessa.

C – Il progetto della “riforma della riforma”: procedere con l'esempio più che con le norme.Nonostante il peso delle dichiarazioni di Monsignor Bux in particolare e degli "uomini del Papa” in generale, in linea con il pensiero del Santo Padre, in realtà nessuno immagina leggi o decreti per operare una trasformazione radicale autoritaria come invece venne fatto all'epoca Bugnini. Anche se liturgicamente parlando, la Chiesa è oggi molto malata, si preferisce agire con la medicina dolce dell'esempio: l'esempio dato dal Sommo Pontefice in primis, e poi dei vescovi che saranno disposti a fare come lui.

In questo senso si può osservare che Benedetto XVI favorisce un insieme di azioni correttive che ad un occhio disattento possono non sembrare che dei dettagli. La liturgia non è però che una serie di dettagli: celebrazioni pontificali molto degne, bellezza degli ornamenti della sacrestia di San Pietro riutilizzati dal Cerimoniere Pontificio Monsignor Guido Marini, disposizione del crocefisso centrale e di grandi candelieri sull'altare che attenuano il faccia a faccia teatrale tra il celebrante e i fedeli e, soprattutto, distribuzione della Comunione in ginocchio e sulla lingua.

A questo punto sta ai vescovi fare altrettanto nelle loro celebrazioni pubbliche. Sappiamo già che il Cardinale Carlo Caffarra, Arcivescovo di Bologna, uno dei teologi più importanti fra i Vescovi italiani, ha emesso il 27 aprile 2009 delle disposizioni con le quali "considerata anche la frequenza in cui sono stati segnalati casi di comportamenti irriverenti nell’atto di ricevere l’Eucaristia" si è deciso che “da oggi nella Chiesa Metropolitana di S. Pietro, nella Basilica di S. Petronio e nel Santuario della B.V. di San Luca in Bologna i fedeli ricevano il Pane consacrato solamente dalle mani del ministro direttamente sulla lingua."

Da parte loro il Vescovo Schneider e Don Mauro Gagliardi [3] ci ricordano con un certo vigore che la modalità "normale" è quella di ricevere la comunione in bocca, e che la comunione nella mano è una modalità “tollerata” seppure da tempo sia la più diffusa. Questo incoraggiamento è molto importante per la rinascita della fede nella presenza reale di Cristo nell'Ostia consacrata. Lo stesso Monsignor Bux insiste sul fatto che il rispetto del divino e del sacro si esprime attraverso segni di venerazione.

Ma ci sono altre proposte immaginate dai sostenitori della "riforma della riforma", e fra queste:
  1. Stimolare la riduzione del numero dei concelebranti e anche delle concelebrazioni stesse perchè quando esse diventano troppo frequenti la funzione mediatrice fra Dio e gli uomini di ogni singolo sacerdote viene offuscata.

  2. Fare in modo di ridurre gradualmente la proliferazione delle parti opzionali della Messa (in particolare si fa riferimento alle preghiere eucaristiche, alcune delle quali risultano per lo meno problematiche da un punto di vista dottrinale).

  3. Reintrodurre elementi della forma straordinaria che promuovono il senso del sacro e l'adorazione perchè, spiega Mons. Bux: "L'ars celebrandi consiste nel servire con amore e timore il Signore: per ciò si esprime con baci alla mensa e ai libri liturgici, inchini e genuflessioni, segni di croce e incensazioni di persone e oggetti, gesti di offerta e di supplica, ostensioni dell'evangelario e della santa eucaristia."

  4. E molte altre cose ancora: ricordare che il bacio della pace è un'azione sacra e non un segno di civiltà borghese, reintrodurre l'uso massiccio della lingua liturgica latina, ecc.
Infine, e soprattutto, come non soffermarsi sull'incoraggiamento dato dagli "uomini del Papa" ai sacerdoti di celebrare verso il Signore, almeno durante l'Offertorio e la Preghiera Eucaristica. Già, nel 2003, l'allora Cardinale Ratzinger aveva scritto la prefazione dell'edizione originale inglese del libro di Padre Lang intitolato proprio: "Rivolti al Signore". Da sua parte, Monsignor Bux spiega bene che la novità più "vistosa della riforma liturgica è stata il cambiamento della posizione del sacerdote verso il popolo". Alla luce di queste parole ci si può aspettare legittimamente che la “riforma della riforma” sarà veramente in marcia quando il Papa e i vescovi celebreranno comunemente rivolti verso il Signore.

D – Il punto più rilevante della “riforma della riforma”

Nel suo libro, Nicola Bux afferma che la chiave della liturgia nuova, come prodotto delle officine Bugnini - l'autore della riforma liturgica - sta nel suo adattamento al mondo. E' qui che, in sintonia con i sostenitori della “riforma della riforma”, la sua riflessione si fa più radicale: l'essenza della liturgia cattolica è di essere "una critica permanente al mondo, a quel mondo che penetra nella Chiesa spingendola ad appartenergli”. Considerando che " la riforma non può essere intesa nel senso di una ricostruzione secondo i gusti del tempo", occorre "distinguere la riforma dalle deformazioni".
E' per questo che Monsignor Bux cita e commenta il “Breve esame critico”, pubblicato alla fine del Concilio dai Cardinali Ottaviani e Bacci nel quale questi ultimi: "ritenevano [...] che fosse scomparsa la finalità ultima della messa, essere sacrificio di lode alla Santissima Trinità. Così pure la finalità ordinaria, d'essere il sacrificio propiziatorio”. Si dovrebbe infatti essere ciechi per non notare che il nuovo rito della Messa si è ridotto di fatto ad una immanentizzazione del messaggio cristiano: la dottrina del sacrificio propiziatorio, l'adorazione della presenza reale di Cristo, la specificità del sacerdozio gerarchico e, in generale, la sacralità della celebrazione eucaristica vengono espressi in un modo molto meno evidente rispetto al rito tradizionale. Proprio per questo hanno ripreso vigore i tentativi di inserire nuovamente nelle preghiere del messale di Paolo VI quelle che esprimono al meglio il significato sacrificale, vale a dire quelle dell'Offertorio.[4] [Offertorio che, nel cammino nc Carmen Hernandz insegna essere un retaggio pagano]

Se quindi c'è un punto sul quale possiamo aspettarci un qualche provvedimento in sostegno della “riforma della riforma”, è sicuramente questo: la possibilità di introdurre nella celebrazione ordinaria le preghiere d'offertorio della tradizione romana.

Nel complesso, se questo disegno prendesse davvero corpo, ci si troverebbe alla fine in una situazione inversa rispetto a quella verificatasi tra il 1965 e il 1969: a quell'epoca di cambiamenti bruschi, in cui tutto mutava nella direzione progressista, potrebbe rispondere un periodo di evoluzione dolce in cui tutto cambierebbe in un senso generale di “risacralizzazione”. [senza quel 'clima', la liturgia introdotta arbitrariamente da un laico, che ha avuto la sua legittimazione -guarda caso- da una "nota laudatoria" di Bugnini del 1974, non avrebbe mai potuto aver posto nella Chiesa]

Tale attuazione della “riforma della riforma” per una volta sarebbe davvero “riformista” nel senso tradizionale del termine. Procederebbe per "contaminazione", per usare un termine familiare agli storici della religione quando vogliono parlare dell'influenza di una liturgia su un'altra: in questo caso, si tratterebbe della contaminazione della liturgia tradizionale su quella nuova.

In effetti, si potrebbe addirittura sostenere che la forma straordinaria è forse l'unica possibilità a lungo termine di salvare la forma ordinaria facendo in modo che essa divenga sempre meno ordinaria. La forma moderna potrebbe quindi diventare una sorta di base di partenza per arrivare alla liturgia straordinaria. Si può aggiungere in fine che essa non si troverebbe in concorrenza con la forma straordinaria, ma al contrario potrebbe diventare un mezzo molto favorevole per la sua diffusione e affermazione come forma ufficiale di riferimento.

[1]. "La riforma di Benedetto XVI. La liturgia tra innovazione e tradizione", Piemme, 12 €. Uscito nel 2008, il libro di Mons. Nicola Bux è già stato tradotto in spagnolo e in francese.

[2]. Nel 2001, durante le giornate liturgiche di Fontgombault, il Cardinale Ratzinger aveva detto che non c'era alcuna intenzione di modificare il messale tridentino, senza alcun dubbio per molto tempo ancora, soprattutto perché la sua presenza e il suo uso attuale potrebbero servire come stimolo per un'evoluzione del messale nuovo. Questa è ormai chiaramente la linea seguita dalla Congregazione per il Culto Divino e dalla Commissione "Ecclesia Dei" che considerano per esempio che l'introduzione del nuovo l@ezionario è impossibile nel rito tradizionale. L'unico sviluppo possibile del rito tradizionale, secondo i liturgisti romani, sarebbe l'introduzione di alcuni nuovi prefazi.

[3]. Intervista concessa a zenit.org il 21 dicembre 2009.

[4]. Si veda, ad esempio, il manifesto che è stato il libro di Padre Paul Tirot, osb: Histoire des prières d'offertoire dans la liturgie romaine du VIIe au XVIe siècle, CLV, 1985.

18 commenti:

  1. Articolo Splendido! Splendido. Andrebbe affisso su tutte le Parrocchie.

    Meditato anche dai fratelli della San Pio X! Chi vuole intendere...

    RispondiElimina
  2. Meditato anche dai fratelli della San Pio X! Chi vuole intendere...

    Talmente meditato dalla comunita' San Pio X che hanno salvato la Messa di sempre a discapito della messa ecumenica portata avanti dal massone Bugnini con l'avvallo di paolo VI, difatti,
    Mons. Lefebvre ha ricostruito ciò che gli altri avevano distrutto. Qualche tempo fa' un sacerdote della Fraternità chiese ad un cardinale: "Eminenza, come spiegare che la Chiesa ufficiale vende i suoi edifici mentre Mons. Lefebvre li acquista?". Perché l'opera di Mons. Lefebvre è benedetta dal Signore", fu la risposta.

    La Bolla Quo Primum, di Papa S. Pio V dichiarava:
    “...Con la presente Nostra Costituzione, da tenersi in perpetuo, … stabiliamo e comandiamo sotto pena della Nostra indignazione che a questo Nostro Messale recentemente pubblicato giammai, in alcun tempo, nulla possa essere aggiunto, sottratto o cambiato (nell’Ordinario della Messa)....[§ VI]

    “Anzi, in virtù dell’Autorità Apostolica, Noi concediamo a tutti i sacerdoti, a tenore della presente, l’indulto perpetuo di poter seguire, nella Messa cantata o recitata, in qualunque chiesa, senza scrupolo veruno di coscienza o pericolo di incorrere in alcuna pena, giudizio o censura, questo stesso Messale, di cui avranno piena facoltà di servirsi liberamente e lecitamente, così che non siano tenuti a celebrare la Messa in maniera differente da quella che abbiamo prescritto, né d’altra parte possano venir costretti e spinti da alcuno a cambiare questo Messale. [§ VII]

    “...Similmente decretiamo e dichiariamo che le presenti Lettere in nessun tempo potranno venir revocate o diminuite, ma stabili sempre e valide dovranno perseverare in tutto il loro vigore.... [§ VIII]

    “Nessuno dunque, e in nessun modo, si permetta con temerario ardimento di violare e trasgredire questo Nostro documento, facoltà, statuto, ordinamento, mandato, precetto, concessione, indulto, dichiarazione, volontà, decreto e inibizione. Che se qualcuno avrà l’audacia di attentarvi, sappia che incorrerà nell’indignazione di Dio Onnipotente e dei suoi beati Apostoli Pietro e Paolo. [§ XII]”
    Ebbene Paolo VI ha avuto l'ardire di mettersi contro codesta bolla data alla Chiesa in perpetuo, e ancora oggi se ne vedono le conseguenze, NEFASTE.

    IL NOVUS ORDO MISSAE A seguito del Concilio Vaticano II, vennero stabilite varie commissioni per “modernizzare” il Santo Sacrificio della Messa e i riti tradizionali dei Sacramenti. La particolare commissione stabilita per modernizzare la Messa comprendeva noti teologi Protestanti. Per usare le parole di un famoso Cardinale, Alfredo Ottaviani, nel 1969: “(Il Novus Ordo Missae) rappresenta un impressionante allontanamento dalla teologia cattolica della S.Messa, quale fu formulata nella Sessione XXII del Concilio di Trento.” I risultati di questa modernizzazione furono una nuova definizione della Messa (riflettente il concetto di Lutero di Ultima Cena), l’alterazione delle preghiere dell’Offertorio per cancellare il concetto di Sacrificio Propiziatorio, e l’alterazione sostanziale delle stesse parole della Consacrazione (questa alterazione ha luogo particolarmente nelle traduzioni in volgare). Tale nuova messa, conosciuta come Novus Ordo Missae, contraddice vari insegnamenti infallibili precedenti e decreti della Chiesa Cattolica, quali:
    • Quo Primum e De Defectibus di Papa S. Pio V
    • Il decreto del Concilio di Trento sul Santo Sacrificio della Messa (Sessione XXII)
    • Apostolicae Curae di Papa Leone XIII (1896)
    • Mediator Dei di Papa Pio XII (1947)
    • Sacramentum Ordinis di Papa Pio XII (1948).

    RispondiElimina
  3. tratto dalla Lettera aperta della Fraternità S. Pio X a mons. Bux
    ....
    Si è riuscito a far di peggio per quanto riguarda le Preghiere eucaristiche. Accanto al Canone, riproposto nella Preghiera eucaristica I, ma con delle variazioni significative che vedremo più avanti, sono state poste altre anafore (quattro, più due dette della riconciliazione). Tutte queste preghiere sono state fatte a tavolino, compresa la seconda, che del Canone di Ippolito ha si è no l’ispirazione. E per quale profondo motivo teologico? Per porre fine «a secoli di fissismo»(6)! Lei ha ragione quando dice che «la liturgia è un processo vitale, non il prodotto di erudizione specialistica» (p. 50). Ora, le nuove Preghiere eucaristiche sono precisamente il frutto delle mani di una commissione che, secondo il giudizio del Cardinale Antonelli da lei riassunto, era caratterizzato dall’«incompetenza di molti, sete di novità, discussioni affrettate, votazioni caotiche pur di approvare al più presto» (p. 50). È sensato, secondo lei, mettere fine al Canone (perché di fatto il Canone non è più canone, norma) che raccoglie oltre 1500 anni di tradizione liturgica, che, secondo il Concilio tridentino, è «talmente puro da ogni errore, da non contenere niente che non profumi di grande santità e pietà e non innalzi a Dio la mente di quelli che lo offrono»(7), perché nelle adunanze del Consilium «c’era chi sottolineava le difficoltà che l’attuale Canone comportava per la nuova epoca e mentalità moderna»(8)? C’è un altro rilievo da fare: Bugnini affermò che nelle tre Preghiere eucaristiche aggiunte, «per quanto possibile, si è evitato di ripetere concetti, parole e frasi del canone romano»(9). Ma allora che cosa si esprime in quelle preghiere eucaristiche? Se il Canone raccoglie ed esprime la tradizione liturgica sul Santo Sacrificio, armonizzando meravigliosamente l’impetrazione, il ringraziamento, la supplica, l’espiazione, che cosa resta nelle altre Preghiere eucaristiche?....

    RispondiElimina
  4. Se ci si ostina a intestardirsi sulla evidenza dei fatti, ovvero che il NOM ha introdotto l'ambiguità teologica nella Messa (in genere i nuovi praenotanda), non si riuscirà MAI ad uscire dalla crisi!

    Credo che questo sia evidente!

    Il Vaticano II è stato ormai definito per quello che è: un Concilio Pastorale e non dogmatico. Ciò significa che è pienamente discutibili nelle parti ambigue e che non si accordano in modo netto con la tradizione. Quindi la San Pio X dovrebbe, finalmente, STORICIZZARE questo benedetto Concilio e non considerarlo come criterio per accettare la regolarizzazione con Roma. Da quello che vedo sembra che almeno questo la San Pio X lo abbia assimilato. Attraverso le parole di Sua Eccellenza Mons. Fellay, uomo che stimo grandemente.

    In secondo luogo: lo "status ante" non è umanamente possibile ottenerlo! E non è nemmeno GIUSTO ottenerlo. Perchè siccome la Chiesa è "semper reformanda" è giusto che ci sia questa benedetta Riforma. Come ce ne sono state a migliaia durante la storia della Chiesa. Quello che è doveroso è che questa Riforma sia fedele alla tradizione!

    Per cui NON SI PUO' essere contrari ad OGNI Riforma.

    L'azione del Santo Padre è ben descritta in questo articolo ma era anche abbastanza EVIDENTE.

    Il Motu Proprio VUOLE CHIARAMENTE giungere alla promulgazione di UN UNICO RITO perfettamente conforme alla Tradizione. Ma, allo stato dei fatti e della realtà odierna, NON SI PUO' pensare ad un colpo di spugna! Si può e si deve pensare ad una graduale "disintossicazione" dai veleni neomodernisti, ingurgitati dagli spesso ignari fedeli.

    Questo è un DOVERE del Papa, che deve pensare a tutti!

    Ora: è assolutamente necessario che proprio per il prosieguo del naturale corso della Tradizione la FSSPX non si OSTINI nel rifiuto APRIORISTICO del NOM.

    Primo: perchè il NOM NON E' INVALIDO
    Secondo: perchè attraverso il Rito Gregoriano si arriverà (Dio lo voglia) alla ripresa del normale corso della Tradizione!

    L'arricchimento che deve avvenire è PER IL NOM! Ovvero: GREGORIANIZZAZIONE. E il ritorno alla Tradizione NON PUO' CHE PASSARE PER QUESTO!

    Per cui, posti i chiarimenti legittimi che debbono esservi tra la SPX e la Santa Sede, io credo che LA SAN PIO X, volendo essere a SERVIZIO della CHiesa di sempre, come afferma, DOVRA' USARE UN MINIMO DI SCALTREZZA e ASSOLUTAMENTE regolarizzare la propria posizione! Senza credere che questo deroghi a nessuna verità!

    Ad oggi la Dottrina Ufficiale della Chiesa non è affatto modernista. Parlo della forma. Il 22 Dicembre 2005 il Vaticano II veniva dichiarato per quello che è: Pastorale e là dove ambiguo da leggere con "l'ermeneutica della continuità". Proprio a causa della sua non dogmaticità!

    Se io fossi stato nella SPX, avrei accettato di ri-entrare anche SENZA chiarimento dottrinari!

    Vi domando: Mons. Bux, ma anche Mons. Marini, ma anche lo Stesso Papa, ma anche Gherardini (qualcuno lo ha scominicato? Non mi sembra) dicono qualcosa di diverso nella sostanza della critica, rispetto alla San Pio X?

    Non credo. Ebbene, non potrebbero i fratelli della San Pio X LAVORARE dal di dentro? Non sarebbe meglio per tutti, invece di voler intestardirsi nell'auto-definirsi "unici difensori della fede"?

    Io spero nella lungimiranza di Sua Eccellenza Mons. Fellay

    RispondiElimina
  5. L'arricchimento che deve avvenire è PER IL NOM! Ovvero: GREGORIANIZZAZIONE. E il ritorno alla Tradizione NON PUO' CHE PASSARE PER QUESTO!

    e che fine fa il Rito "che non poteva essere abrogato"?

    RispondiElimina
  6. e che fine fa il Rito "che non poteva essere abrogato"?

    Se ci si rifà alle parole del Papa in quella famosa lettera al dott. Heinz-Lothar Barth, il rito "del futuro" sarà quello GREGORIANO. Ovvero: il NOM SPARIRA' a causa della Gregorianizzaizone. Una volta Gregorianizzato a "puntino", in NOM si deleguerà!

    Questo è lo scopo del MP, della "riforma della riforma" e delle altre azioni magisteriali del Papa.

    RispondiElimina
  7. E mi chiedo? Non è anche lo scopo della San Pio X?

    E perchè non sbrigarsi a raggiungerlo, invece che incaponirsi suoi metodi da usare?

    A ben vedere quello del Papa mi sembra l'unico possibile.

    Inoltre, io preferirei vedere Sua Eccellenza Mons. Fellay come Vescovo "regolare". Sapete perchè? Perchè sovente i Vescovi diventano anche Cardinali! E sapete cosa succede ai Cardinali? A VOLTE DIVENTANO PAPI!

    Per cui: stanno meglio fuori o dentro, i fratelli della San Pio X?

    RispondiElimina
  8. credo che i fratelli della FSSPX starebbero molto meglio dentro, ma credo anche che la loro preoccupazione -sacrosanta e sacrosantamente motivata nella lettera- è che non vorrebbero (o meglio esiste un non possumus, che riguarda ogni cattolico) essere coinvolti in una hegeliana coincidenza degli opposti

    RispondiElimina
  9. alla luce di una nuova consapevolezza, è cambiato qualcosa nella premessa della lettera

    RispondiElimina
  10. essere coinvolti in una hegeliana coincidenza degli opposti

    E perchè dovrebbero essere coinvolti nella sintesi hegeliana? Gli è stato chiesto questo? Alla luce di tutti i fatti incorsi fino ad oggi, ancora non sarebbe evidente che l'opera in atto è tesa proprio a ELIMINARE le sintesi hegeliane ?

    Io credo che:

    1.Accettare il Vaticano II (con le dovute condizioni)
    2.Accettare il metodo della riforma della riforma per riportare la tradizione a vivere

    Non siano affatto "sintesi hegeliane"

    RispondiElimina
  11. Tanto per fare un altro esempio.

    Sul blog di Maranatha (molto bello) campeggia in prima pagina il "Breve Esame Critico" del Nom!

    Non mi risulta che gli eroici fratelli gestori abbiano ricevuto per questo reprimende!
    E sì che il sito Maranatha è non solo visitato ma OSSERVATO dalla Santa Sede!
    Finora, ciò che hanno ricevuto dalla Santa Sede è stata una lettera di Elogio e di Riconoscimento ufficiale da parte dell'Ecclesia Dei, che campeggia fra i link a sinistra!

    Ebbene, il "Breve esame critico" non è uno dei fondamenti della critica che fa la San Pio X?

    E perchè non farla come la fa Maranatha?

    RispondiElimina
  12. Paolo VI in occasione del Concistoro del 24 maggio 1976, (scandalosamente) ha affermato:

    ...Il nuovo Ordo è stato promulgato perché si sostituisse all'antico, dopo matura deliberazione, in seguito alle istanze del Concilio Vaticano II. Non diversamente il nostro santo Predecessore Pio V aveva reso obbligatorio il Messale riformato sotto la sua autorità, in seguito al Concilio Tridentino.
    La stessa disponibilità noi esigiamo, con la stessa autorità suprema che ci viene da Cristo Gesù, a tutte le altre riforme liturgiche, disciplinari, pastorali, maturate in questi anni in applicazione ai decreti conciliari”...

    Piu' chiaro di cosi'?

    Difatti i cardinali Ottaviani e Bacci espressero questo giudizio sulla riforma del messale: “il Novus Ordo (…) rappresenta, sia nel suo insieme come nei particolari, un impressionante allontanamento dalla teologia cattolica della Santa Messa quale fu formulata nella Sessione XXII del Concilio Tridentino, il quale, fissando definitivamente i ‘canoni’ del rito, eresse una barriera invalicabile contro qualunque eresia che intaccasse l’integrità del Mistero”. Il Missale riformato è pertanto “una gravissima frattura”

    Quindi il NOM e' totalmente non cattolico e il pensare che si voglia fare un minestrone del NOM col VO non e' auspicabile perche' le due forme di celebrazione sono l'una contraria all'altra, il NOM redatto da massoni, Bugnini e company, e prevaricatori, Paolo VI, il VO redatto da Santi.

    Grazie a questo disfacimento della liturgia da parte di un gerarchia corrotta ha permesso al CN di fabbricarsi una liturgia totalmente diabolica, cosa che se avesero mantenuto inalterata la celebrazione cattolica, VO, non sarebbe successo.

    E paolo VI lo vogliono fare pure beato, ASSURDO.

    RispondiElimina
  13. Sul blog di Maranatha (molto bello) campeggia in prima pagina il "Breve Esame Critico" del Nom!

    E’ proprio terribile quest’analisi, asciutta e indiscutibile.

    Vien da chiedersi come sia potuto accadere tutto questo scempio. E perché. Perché? E per quanto tempo ancora? E nel frattempo? L’attuale generazione di fedeli che fa? Prega, certo, e aspetta che la Chiesa si converta al suo Signore? Ci basta la Sua Grazia?

    Troppe domande. E’ meglio non sapere.

    RispondiElimina
  14. E perchè non farla come la fa Maranatha?

    perchè noi non siamo Maranatha, ma Osservatorio sul cammino et alia, alla fine

    e non ci limitiamo a pubblicare documenti e sussidi -che è una cosa buonissima e che MARANATHA fa in maniera esemplare e lodevolissima -, ma se abbiamo una riflessione da esprimere, alla luce del Magistero di sempre, lo facciamo!

    RispondiElimina
  15. così risponde mons. Bux in una intervista all'Agenzia Fides:

    E' in corso una “battaglia” sulla Liturgia?

    "Se c’è stata una “battaglia” sulla Liturgia – che ancora oggi è terreno di scontro – evidentemente qualcosa di sostanziale nel tempo è mutato. E’ una situazione da riequilibrare e le due forme liturgiche devono trovare oggi conciliazione. Ricordiamo quanto scriveva Benedetto XVI nel Discorso ai Vescovi francesi del 14 settembre 2008: “Il culto liturgico è l’espressione più alta della vita sacerdotale ed episcopale, come anche dell’insegnamento catechetico. Nel ‘Motu Proprio’ Summorum Pontificum sono stato portato a precisare le condizioni di esercizio di tale compito, in ciò che concerne la possibilità di usare tanto il messale del Beato Giovanni XXIII quanto quello di Paolo VI. Alcuni frutti di queste nuove disposizioni si sono già manifestati, e io spero che l’indispensabile pacificazione degli spiriti sia, per grazia di Dio, in via di realizzarsi”."

    Tanto al momento, ci basta. Il restoe il domani lo affidiamo al Signore

    RispondiElimina
  16. perchè noi non siamo Maranatha, ma Osservatorio sul cammino et alia, alla fine


    parlavo della San Pio X...

    RispondiElimina
  17. continuate a ospitare i sedevacantisti come Cruccas E VOI NE SIETE COMPLICI!!!!!
    e farete un grande servizio alla Chiesa. Negazionisti che non siete altro

    RispondiElimina
  18. "sedevacantismo, "negazionisti" di cosa, Guido 63?

    stai dando i numeri e usando termini di cui non conosci il significato, perchè non si attagliano a nessuna delle nostre convinzioni o affermazioni.

    Credi che sparare a zero nell'intento di delegittimare con paroloni sopra le righe chi testimonia solo il suo autentico cattolicesimo possa avere qualche effetto?
    Non basta "sparare", occorre argomentare e tu argomenti non ne hai !

    RispondiElimina

I commenti vengono pubblicati solo dopo essere stati approvati da uno dei moderatori.

È necessario firmarsi (nome o pseudonimo; non indicare mai il cognome).

I commenti totalmente anonimi verranno cestinati.