martedì 23 aprile 2019

Il salvataggio di Apuron... il resto della storia (per ora)

Nostra traduzione di un articolo di Tim Rohr pubblicato su Jungle Watch il 13 aprile 2019.


In un'intervista concessa durante il volo da Dublino a Roma, il 26 agosto 2018, papa Francesco spiegò la sua decisione di occuparsi personalmente dell'appello interposto da Apuron, dicendo: “È un caso complicato, da una parte, ma non difficile, perché le evidenze sono chiarissime”.

Visti tutti i problemi che abbiamo avuto nel far almeno notare a Roma la questione, più tutte le trappole e i depistaggi, le negazioni, le minacce di azioni legali contro chi si esponeva, l'alzare il sipario sul ruolo del cardinal Filoni nel volerci disorientare, più quella sentenza molto vaga che non precisava i crimini per cui era stato condannato Apuron, più la minaccia dello stesso Apuron di scagionarsi in appello "screditando i testimoni" (a cominciare dal sottoscritto - credevate forse che non lo sapessi?), abbiamo avuto ogni ragione di chiedere E ADESSO? quando il Papa, nel prendersi carico dell'appello di Apuron, ha deciso di scavalcare il tribunale per poi caratterizzare il caso sia come «non difficile», sia come «complicato».

Quindi c'era stato il fatto che Apuron si era fatto forte della vaghezza della sentenza che diceva che era stato trovato colpevole di "alcune delle accuse", col sottinteso che le principali accuse - l'abuso sessuale su minori - non era tra le "certe accuse", al punto di dire, quando ha interposto appello: "mi solleva il fatto che il Tribunale ha rigettato la maggioranza delle accuse contro di me".

Chi ha condotto con noi questa battaglia fin dagli inizi, sapeva benissimo cosa stava succedendo.

Tutto va visto attraverso la lente della gerarchia del Cammino Neocatecumenale. Non parlo qui dell'esperienza personale di tanti fratelli del Cammino: parlo invece di quei boss del Cammino e del loro potere da parassiti, che usano il Cammino come un cavallo di Troia nella Chiesa per estrarre potere e denaro.

Per capire quanto siano potenti quei boss parassiti basterebbe anche soltanto leggere la sordida storia di come la gerarchia neocatecumenale aveva arraffato la Yona Property, cioè l'immobile più grande della nostra arcidiocesi, col pretesto di realizzarvi un seminario, e di come aveva nascosto per interi anni la transazione (per un assaggio, leggete l'articolo Certificate of Title Fiasco - dove quei cattivi soggetti sono stati capaci di intrallazzare e farsi strada perfino nel governo di Guam - e l'articolo The Ultimate Treachery - di quando hanno provato a corrompere la superiora delle Carmelitane).

Così, quando papa Francesco disse che avrebbe preso personalmente in carico l'appello di Apuron, scavalcando il tribunale Vaticano, e quindi detto che il caso era sia «non difficile» (poiché «le evidenze sono chiarissime»), sia «complicato», abbiamo capito subito cosa bolliva in pentola: quegli stessi parassiti erano alacremente al lavoro a Roma per salvare Apuron - NON per aver cura di lui, e nemmeno per salvaguardare il Cammino, ma solo perché avevano a cuore il proprio potere.

Per almeno cominciare a capire questo pasticcio uno dovrebbe prima rendersi conto che Apuron era il vescovo-mascotte del Cammino. Apuron era l'unico vescovo del mondo noto per essere un "fratello di comunità", proprio un membro di una comunità neocatecumenale. E qui a Guam, a cominciare dall'infame pubblica denigrazione nel 2006 di una direttiva vaticana (ed in particolare il suo sfidare in diretta la legittima autorità di un cardinale prefetto), capimmo benissimo che Apuron era POSSEDUTO dai suoi potenti boss neocatecumenali, e che erano loro, non il Papa, ad essere i suoi superiori.

È ben chiaro che quei boss non avevano previsto che le cose si sarebbero evolute così tanto. All'inizio c'era solo quel chiassoso blog Jungle Watch che continuava a non tacere. Ma nel loro tentativo di azzittirlo hanno commesso un grosso errore. Infatti, se c'è una cosa a cui va il maggior credito per la caduta di Apuron, è stata quel diluvio di odio e minacce, per lo più da commentatori anonimi (in circa 70.000 commenti). Quei commenti hanno indotto la gente a continuare a osservare tale "guerra", ed ogni connessione al blog aumentava un contatore visite, ed ogni visita in più era un ulteriore colpo a quel "cuore rivelatore" sepolto sotto il piano della curia di Apuron.

Quando quel contatore ha superato il milione e la lista delle provenienze cominciava a registrare pressoché qualsiasi nazione del mondo, anche la stampa ha cominciato ad accorgersene. Ma c'è stato un fatto più importante. Dall'altra parte del Pacifico [ndt: cioè in USA] un certo J. Toves ha cominciato ad accorgersene. E  Toves sapeva qualcosa di cui eravamo all'oscuro: il caso degli "AGAT BOYS" [ndt: i chierichetti della parrocchia di Agat a Guam]. Il resto della storia lo conoscete. A quel punto si scatenò l'inferno.

Infatti Apuron aveva previsto bene ciò che stava per succedere. Per decenni era stato abbastanza sicuro che i suoi segreti sarebbero rimasti tali. Ma quel blog gli presentava un problema che fino a quel momento lui era stato in grado di tenere sotto controllo: certa gente comincia a vuotare il sacco, e più esattamente si permette di farlo grazie all'anonimato (cioè senza conseguenze), e lo fa in un posto osservabile da tutto il mondo. Ad un certo punto Apuron sapeva che era solo questione di tempo, prima che qualcuno di quei ragazzini - che lui aveva da tanto tempo sepolto sotto la sporcizia del suo potere - si sarebbe svegliato dal sonno della vergogna e del dolore e avrebbe cominciato a parlare. E così avvenne.

Questo è il motivo per cui Apuron corse a Roma a ottobre 2013 per tentare di mettermi a tacere. Ricordo ancora come fui divertito nel ricevere quella lettera dal cardinale Edwin O'Brien, Gran Maestro dell'Ordine equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, minacciandomi per farmi "desistere" dal seguire il caso Apuron.

Anzitutto era ovvio che O'Brien non aveva scritto personalmente la lettera. In secondo luogo, era ovvio che l'autore di quella lettera non aveva l'inglese come madrelingua. Inoltre era semplicemente ovvio che O'Brien non aveva neppure letto la lettera, altrimenti avrebbe almeno corretto gli errori grammaticali. Per di più era abbastanza chiaro che Apuron o i suoi complici avevano approcciato O'Brien per mettermi a tacere, perché è altamente improbabile che un potente cardinale vaticano spenda le sue serate a bere vino e a leggere Jungle Watch - che all'epoca aveva meno di 50.000 visite.

Solo quando Toves entrò in scena cominciai a mettere insieme i pezzi del mosaico. Apuron sapeva che la crescente attenzione a quel blog, e la sua disponibilità a pubblicare commenti anonimi, avrebbe rapidamente attratto l'attenzione su qualcosa che lui aveva sempre soffocato nella buia cella della sua storia personale - anche se lui (e lui solo) non avrebbe mai potuto completamente silenziare quel secco battere del "cuore rivelatore". Perciò ci fu la sua corsa a Roma e il tentativo (suo e di O'Brien) di costringermi al silenzio.

(Comunque la storia diventa anche più scoppiettante quando in seguito allo scandalo McCarrick, l'arcivescovo Viganò nella sua lettera di agosto 2018 fa il nome di O'Brien tra i prelati scovati nella cricca omosessuale che alligna in Vaticano. Ma per ora questa storia ve la risparmio.)

Dunque, coi pochi indizi sopra menzionati, uno può già cominciare a capire cosa intendeva il Papa quando ha detto che il caso Apuron era "complicato". Cosa fosse complicato per il Papa, non riguardava se Apuron fosse colpevole o no. Il Papa aveva già detto che "le evidenze sono chiarissime" sul caso. Ciò che era complicato era il modo in cui avrebbe dovuto navigare attraverso quella stessa slealtà che avevamo assaggiato noi qui nel ground zero di Guam in tanti anni.

L'ordine di marcia di papa Francesco pareva chiaro: avrebbe scagionato Apuron. Lo sappiamo perché gli intermediari che hanno ordinato al Papa di fare questo erano le stesse menti che avevano scritto per conto di Apuron la lettera di appello in cui Apuron aggressivamente proclama che sarebbe stato scagionato durante l'appello. I gestori di Apuron non lo avrebbero scritto e dichiarato così pubblicamente se non avessero avuto rassicurazioni che Apuron sarebbe stato scagionato presto. Avevano certamente le loro garanzie (molto probabilmente dal "papa rosso" [ndt: il cardinal Filoni]).

A questo punto diventava chiaro che non era più un discorso di "potenti boss del Cammino che vogliono salvare Apuron", ma al contrario era Apuron che doveva salvare il potere dei suoi boss neocatecumenali. Dato che Apuron era sempre stato tanto celebrato nelle comunità del Cammino, la devastante caduta dal suo glorioso posto, specialmente in qualità di primo vescovo dei tempi moderni ad essere riconosciuto colpevole da un tribunale vaticano, avrebbe talmente danneggiato il Cammino (cioè compromesso i suoi incassi - i "sacchi neri della spazzatura")  che sarebbe affondato insieme ad Apuron tra le fiamme.

Precisiamo qui che non stiamo parlando dei neocatecumenali "sul terreno" - il proselitismo e le comunità e l'attivismo - ma stiamo parlando dei capi del cavallo di Troia, quei potenti boss che guidano tale cavallo sotto il pretesto della "nuova evangelizzazione" e che hanno portato i loro tentacoli nelle stanze della ricchezza e del potere in quasi ogni angolo del globo.

Questo sarà un argomento di un altra pagina, ma sappiate che perfino i sinistri boss neocatecumenali sono marionette di un potere più alto poiché, alla radice, la teologia di Kiko è (come spiegò il vescovo Schneider) "un'eresia Protestante-Ebraica". E l'eresia ha solo un Autore: colui che disse "non morirete affatto!" [Genesi 3,4].

Apuron era già a buon punto sulla sua strada dell'essere scagionato, o almeno a ricevere la copertura sotto l'ambiguo termine "certe accuse", cosicché il mondo - e specialmente il mondo neocatecumenale -, avrebbe potuto pensare che l'intera storia riguardava solo qualche cattiva amministrazione, e che Apuron (secondo la sua versione) era vittima di un malvagio agente immobiliare (il sottoscritto) in presunta combutta con un gestore cinese di giochi d'azzardo (bah!).

Ma a quel punto capitò il caso McCarrick.

McCarrick, da arcivescovo di Washington D.C., aveva cavalcato il mondo cattolico americano per tanti anni e, una volta ritiratosi - sappiamo come -, aveva allungato i suoi tentacoli fino alle stanze del potere romano più alte e, specificamente, con papa Francesco, era diventato la figura che portava all'elezione di vescovi, dirigendo Francesco (o i suoi collaboratori, come abbiamo letto) a scegliere quale dei propri compagni (pensate a un Cupich) andava eletto arcivescovo e cardinale di certe ricche e potenti diocesi americane.

La storia di McCarrick è stata troppo sordida per essere ignorata da Francesco, e mentre il mondo intero lo guardava male per il caso McCarrick, le opzioni di Francesco per aiutare i neocatecumenali (attraverso Filoni) a salvare Apuron si sono rapidamente volatilizzate. Il Papa non avrebbe potuto scagionare molto facilmente il primo vescovo condannato da un tribunale vaticano guidato da uno dei cardinali più conosciuti e affidabili (Burke), anche se Apuron era uno sconosciuto da un posto di cui nel resto del mondo si sa poco, mentre la faccenda McCarrick gli pendeva sopra la testa. Pertanto Apuron era spacciato.

Ma non è tutto.

Ricordiamoci che questa storia non è del Cammino che salva Apuron: questa storia è di Apuron che salva il Cammino... mediante il salvare Apuron, anche se le  menzogne devono diventare sempre più grandi. Per questo c'è stata quella risposta [innocentista] di Apuron al fatto che persino il Papa lo riconosce colpevole in appello. Come sappiamo, Apuron (cioè i suoi burattinai) continua a sostenere la propria innocenza spacciandosi per vittima di un complotto ben calcolato (ma conosco esattamente l'obiettivo di ciò).

Sì, "le evidenze sono chiarissime", ma il caso è "complicato". E ora sapete perché. E presto verrà il giorno in cui saprete "il resto della storia".

(Tim Rohr, da Jungle Watch)

9 commenti:

  1. John, da tempo malato di cancro, è morto mercoledì scorso. A Guam ci sarà la Messa in suffragio sabato prossimo, celebrata da don Paul.

    Apro una parentesi: sì, è proprio quel don Paul, quel sacerdote che fu convocato con l'inganno nella curia neocatecumenalizzata e mentre lì veniva accusato di cose assurde dal vescovo pedofilo neocatecumenale i presbiteri neocatecumenali accorrevano a cambiargli lucchetti e serrature in parrocchia e canonica, lasciandolo letteralmente in mezzo alla strada da un momento all'altro. Tipica carità neocatecumenale, dettata in quel caso dalla sola voglia di sostituirlo con un presbikiko qualsiasi... e dalla necessità di spazzare via un possibile "candidato a vescovo", che si era distinto per aver detto ai kikos: vi accolgo in parrocchia solo a condizione che celebriate la liturgia della Chiesa Cattolica.

    Il suo caso, ampiamente documentato su Jungle Watch man mano che i kikos perpetravano in nome di Kiko le tipiche nefandezze neocatecumenali, è solo uno dei tantissimi che conosciamo. Tanti sacerdoti che non si sono completamente piegati alle schifezze del Cammino hanno assaggiato trattamenti uguali o peggiori di quello. Lo studio di padre Zoffoli ha accolto numerosissime volte sacerdoti e monsignori letteralmente in lacrime per come venivano calpestati dai kikos, dai loro capicosca, e dai loro agenti "oliati".

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    1. Quello che insistiamo a voler far notare è che il Cammino Neocatecumenale è idolatria.

      E dall'idolatria discende una diversa concezione morale, profondamente anticattolica: per proteggere l'idolo si può e si deve mentire e ingannare e odiare, perché l'idolo non accetta di sottomettersi alla verità, non accetta di sottomettersi alla ragione, non accetta di sottomettersi alla giustizia e alla misericordia, nemmeno se sono quelle infinite dell'Onnipotente.

      Uno zelante neocatekiko riterrà la menzogna un'opera "santa" qualora venga utilizzata per difendere il prestigio del Cammino. Perciò per loro è non solo lecito ma addirittura doveroso il calpestare la dignità di un sacerdote, attirarlo con l'inganno in curia, "processarlo" per crimini immaginari e togliergli seduta stante l'incarico di parroco, e mentre avviene questa profonda ingiustizia altri kikos sono all'opera per compierne un'altra se possibile anche peggiore: cambiare tutti i lucchetti e le serrature, di modo che il soggetto non possa nemmeno più avere un tetto da quella stessa sera. (E se fanno questo nei confronti di uno stimato e bravo sacerdote cattolico, immaginate cosa faranno a un laico, come lo copriranno di calunnie, come lo sommergeranno di odio, come tenteranno di mettergli contro i suoi stessi familiari più deboli e più ingannabili, come tenteranno di cancellargli fino all'ultima briciola la dignità...).

      Ai kikos non passa minimamente per la testa quanto siano profonde tali ingiustizie di fronte a Dio. Blaterano sempre "il Signore mi ha salvato", e poi compiono l'opera del demonio colpendo un sacerdote a suon di menzogne e inganni, privandolo della dignità e perfino del tetto, come se credessero che "il Signore" è Kiko, e che Kiko è superiore ad ogni verità e ogni giustizia.

      È inutile gonfiarsi di "siamo approvati", "il Cammino ha salvato il mio matrimonio", "abbiamo centotrentotto seminari", "facciamo la veglia tutta la notte", ecc.: in nome del tripode Kiko-Carmen-Cammino vanno compiendo tutto ciò che è sgradito all'unico vero Dio, e hanno perfino la faccia di bronzo di dichiarare la propria fede "più adulta" di quella altrui.

      Dopo diversi anni dallo scoppio del caso Apuron, ancora non si è visto un singolo fratello neocatecumenale prendere posizione e dire qualcosa del tipo: "in nome di Dio, infinita giustizia, se anche uno solo di quei testimoni è sincero, cioè se Apuron è davvero colpevole, allora...": non accettano neppure come ipotesi (oppure, se lo fanno, si guardano bene dall'ammetterlo in pubblico) l'idea che un illustre membro del Cammino sia uno sporco pedofilo impenitente, e che pertanto Kiko e il Cammino, difendendo il pedofilo impenitente, sono suoi complici, davanti a Dio sono macchiati di complicità con un lurido pedofilo impenitente prendendo le parti di quest'ultimo anziché quelle delle sue vittime.

      Pensateci, fratelli del Cammino, pensateci bene prima di mettere la vostra prossima "Decima" nel sacco nero di Kiko.

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    2. Ricordiamoci anche del tipico metodo ipocrita dei mentitori neocatekiki: quando uno fa notare la mentalità kikiana riguardo ad ABC, loro rispondono sempre: "nooo, io non ho mai detto XYZ". Cioè riducono l'universale a un caso particolare (o personale) facilmente banalizzabile, e comunque si difendono da accuse che nessuno aveva posto (come il tipico metodo del: "siccome oggi son tutti mariuoli, allora non dovete chiamarmi ladro solo perché rubo ogni giorno").

      Così, per esempio, essendo profondamente amici della menzogna, di fronte all'accusa di non aver mai voluto prendere posizione sul caso Apuron, risponderebbero: "nooo, io non ho mai detto di volermi macchiare di pedofilia". Che è un metodo da veri farisei, perché nella loro testolina che resterebbe vuota e sottovuoto se si togliesse l'eresia kikista-carmenista, sono convinti di non aver detto nulla di compromettente e di essere riusciti a schivare l'accusa (col sottinteso di essere nuovamente candidi e puliti, proprio come i farisei). Il tutto senza minimamente interrogarsi sulla fondatezza di quelle accuse ad Apuron, nemmeno per ipotesi, nemmeno per sbaglio.

      Ciò infatti comporterebbe dover riflettere anche sul fatto che i capicosca della setta, mentre assumono la faccia da agnellini ingiustamente perseguitati, compiono in nome del Cammino le peggiori porcherie immaginabili, per di più coi soldi estratti con l'inganno ai fratelli del Cammino. "Per l'evangelizzazione, fratelli!" Invece sono le vacanze tuttopagato dei capibastone, e la difesa dei loro più lerci crimini (c'è qualche kikos disposto a chiedersi come mai il perfido omosessuale McCarrick, notorio molestatore di preti e seminaristi, veniva gratuitamente ospitato in una lussuosa suite di un seminario Redemkikos Mater?)

      E no, non vale la scusa che "siamo tutti peccatori", perché c'è differenza fra un peccatore che si sforza di evitare il peccato e promuove il bene delle anime, da un peccatore che invece calpesta le anime per poter peccare di più. Il primo rischia di diventare santo, il secondo rischia di essere beccato.

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  2. Leggendo la vicenda di Guam, oppure tutto ciò che capita nel Callao, in Perù, sembra di stare in un altro pianeta. Anche nel Callao c'è un vescovo del Cammino, che è stato itinerante Neocatecumenale e che gestisce la diocesi con lo stile con il quale i catechisti gestiscono le comunità. Ed infatti ai sacerdoti che non accettano il Cammino vengono tolte le parrocchie, addirittura vengono minacciati ed il vescovo non li difende, i fedeli vengono trattati da "religiosi naturali", il culto popolare boicottato. In compenso, il Vescovo fa delle riunioni con i sacerdoti che sono delle vere e proprie convivenze neocatecumenali e richiede ai fedeli durante la Quaresima "digiuno, preghiera e decima".
    Al di fuori della propria conventicola neocatecumenale questi Vescovi sono apertamente avversati dai fedeli cattolici, che ben presto si rendono conto del fatto che non sono dei pastori degni.
    Il problema principale è la moralità: per un neocatecumenale ai vertici, il fine giustifica i mezzi, ed il fine è senza dubbio la crescita dell'idolatria al Cammino.
    Chi paragona queste situazioni ai problemi o agli scandali che pur sempre avvengono nella Chiesa, non ha idea di cosa si stia parlando, e speriamo che continui a non averla.

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  3. Nel frattempo leggo da Ribelle che a Palermo i Neocatecumenali hanno ampiamente disatteso le indicazioni del vescovo sul Triduo pasquale.

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    1. Purtroppo, se mancano i controllori dei controllandi,
      questi ultimi continueranno a fare il proprio comodo.
      Ruben.
      ---

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  4. Solo una precisazione: non è vero che Apuron è (era ?) il solo vescovo "fratello di comunità". Sono a conoscenza di almeno due altri vescovi che fanno parte di una comunità neocatecumenale.

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    1. Di chi si tratta? Sono vescovi italiani? Sicuramente sono neocatecumenali il su nominato Luis Palacio vescovo del Callao e Peter Baldacchino vescvo ausiliare a Miami.

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  5. A proposito di Vescovi, leggevo che il vescovo di Rieti, Pompili, ha fatto a dicembre scorso un incontro per il 50° con i neocatecumenali della diocesi capitanati dal Donnini, che ha fatto un discorso introduttivo in cui ha citato ampiamente i documenti della Chiesa (e perché non citano il proprio Direttorio? Non si sa).
    Comunque il vescovo si è mostrato molto amichevole, ha persino danzato con i neocat. Però già dal poco che viene citato nel resoconto giornalistico, si capisce che genere di ramanzina abbia fatto loro. Oltre a dichiarare che «il Cammino si fa dentro la propria comunità, ma è un percorso transitorio per poi tornare nella grande Chiesa... Occorre trovare momenti concreti e ripetuti in cui il Cammino come un affluente si getti nella Chiesa per fecondarla e, al tempo stesso, per esserne rigenerata», notando la presenza di tanti giovani, ha detto «Ora, ad esempio, c’è il Meeting dei Giovani. Che aspettate ad iscrivervi se avete tra i 18 e i 35 anni?».
    Eh sì, che aspettano?
    Scusate l'OT, volevo fare un esempio di come invece la può pensare un vescovo della Chiesa e non del Cammino.

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