domenica 8 marzo 2020

Mentalità neocatecumenale: le famiglie in Missione per il Cammino

La "comunione tutti insieme al celebrante",
ridotta praticamente a uno snack obbligatorio
Commentiamo qui sotto un'intervista che comparve il 13 gennaio 2006 su Gente Veneta e che qualche anno fa venne commentata a Guam sul sito web Thoughtful Catholic con un articolo intitolato We've been judged!.

Il giorno dopo la pubblicazione a Guam la signora Francesca ha scritto, sulla stessa pagina di Thoughtful Catholic, un commento di generiche scuse che però - come fa notare lo stesso Chuck - non è un vero scusarsi perché non entra nei dettagli, cioè lascia il sottinteso che la fede dei "cristiani della domenica" di Guam non sarebbe autentica, né vissuta, come invece lo sarebbe nel Cammino.

Qualunque convinzione abbiano oggi i cosiddetti "missionari" intervistati nell'articolo di Gente Veneta, non cambia il valore di tale intervista,
che manifesta bene la mentalità neocatecumenale, mentalità che presuppone che coloro che non fanno il Cammino devono essere "evangelizzati", e che coloro che rifiutano il Cammino starebbero con ciò stesso rifiutando lo Spirito Santo.

Facciamo anche notare che a gennaio 2006, al momento di quell'intervista, il Cammino disponeva solo di un'approvazione "ad experimentum", che non era affatto detto che divenisse definitiva; inoltre i cosiddetti "mamotreti" non godevano ancora di alcun riconoscimento (dal Vaticano non hanno mai ricevuto approvazioni, tranne - nel 2010 - la sola «approvazione alla pubblicazione»); per di più, dal 1° dicembre 2005, era entrata in vigore la cosiddetta "lettera di Arinze" contenente le mai modificate «decisioni del Santo Padre» contro gli strafalcioni liturgici neocatecumenali. Pertanto, ancor prima di fare considerazioni sulla missionarietà e sull'arroganza, bisogna sottolineare che i sullodati "missionari" neocatecumenali stavano spiritualmente compiendo un passo troppo azzardato (infatti le virtù cristiane non consistono nel "chi esagera di più"; la missione non consiste nel "dilettanti allo sbaraglio"; i doveri di stato degli sposi non consentono di "giocare ai missionari a casaccio" sradicando per giunta i figli dal loro ambiente; ma nella setta neocatecumenale si compiono sempre questi errori, ed anche peggiori).



"Andiamo agli antipodi per servire"

Enrico e Francesca D.P., 37 e 34 anni, sono i coniugi di una delle quattro famiglie, appartenenti alla comunità neocatecumenale di Ss. Apostoli, che partiranno presto per la missione: in Serbia, in Irlanda, In Inghilterra e nell'isola di Guam, nelle Filippine. Ben tre di queste famiglie sono legate tra di loro dal legame di parentela: i tre uomini sono tre fratelli. Famiglie giovani e coraggiose, con al seguito 3, 4 e 6 figli, che hanno fatto la scelta di dedicarsi a tempo pieno all'annuncio del Vangelo, lasciando lavoro, amici, casa e comfort. «Proveniamo entrambi da famiglie neocatecumenali» spiega Francesca: «Io poi ho vissuto da bambina l'esperienza della missione itinerante in Irlanda. Mio padre era anestesista, mia madre gestiva dei negozi qui a Venezia e hanno lasciato la loro vita agiata per andare nel mondo ad annunciare il Vangelo. A me e ai miei nove fratelli non è mai mancato nulla perché il Signore ha sempre provveduto alla nostra vita». La fede nella Provvidenza è un tratto costante nella vita di Enrico e Francesca: «Ci siamo sposati giovanissimi» prosegue lei: «Io avevo 20 anni e il mio desiderio più grande era costruire una bella famiglia numerosa, come lo erano state le nostre.

Ma i progetti del Signore erano diversi. Per molti anni non abbiamo potuto avere figli. Ma anche in questa sofferenza abbiamo visto l'intervento di Dio. Lui usa strade diverse dalle nostre per fare la sua volontà. Infatti abbiamo vissuto l'esperienza dell'adozione con un bambino russo. Poi i medici hanno scoperto la causa della mia sterilità e sono arrivati anche Giosuè e Miriam».
Sono 230 le famiglie che partiranno per la missione in tutto il mondo nei prossimi giorni. Più di 500 sono già in missione. Ma in che modo una famiglia finisce con l'aprirsi a questa esperienza? «All'inizio si dà la propria disponibilità - dice Enrico - poi si viene assegnati a una destinazione. Un periodo di prova e se va tutto bene ci si trasferisce definitivamente. A monte c'è la richiesta da parte di comunità neocatecumenali di tutto il mondo di avere l'aiuto di una famiglia che è già inserita nel Cammino. In Europa questa esperienza è viva da 30 anni, ma in alcuni paesi del mondo è agli inizi. Per quanto riguarda l'isola di Guam - Enrico prende un mappamondo per mostrare dove si trova Guam: estremo Oriente, oltre le Filippine, in mezzo all'Oceano Pacifico: «La proposta è partita dal vescovo locale, che richiedeva l'intervento di una famiglia come aiuto pastorale. Lì c'è un parroco molto coraggioso che sta operando un rinnovamento profondo e strutturale nella sua parrocchia. Il cammino neocatecumenale è iniziato da appena otto anni».

Perché proprio a Guam? L'avete scelto voi? No, quando si dà la propria disponibilità non si sa dove si verrà assegnati. Poteva capitare il Nordeuropa come il Burundi, Taiwan o la Serbia. Spesso si fa una semplice estrazione, ma altre volte si tiene conto anche di altre necessità. A Guam ad esempio serviva aiuto anche nella ristrutturazione nella manutenzione degli impianti idraulici ed elettrici del seminario, e poi c'è una canonica da costruire. Questo è il mio lavoro, perciò siamo stati assegnati lì, in modo che potessi essere utile anche in quell'attività.

In cosa consisterà la vostra vita a Guam? Io - continua Enrico – mi dividerò tra il lavoro al seminario e la parrocchia; poi saremo inseriti nella comunità e proseguiremo lì il nostro cammino, disponibili dove ci sarà bisogno di aiuto.

Quali difficoltà vi attendono? Innanzitutto - spiega il marito - un clima perennemente caldo e umido al quale ci dovremo abituare. A Guam poi si parla inglese, mia moglie è facilitata dalla sua esperienza in Irlanda e dai suoi studi, io dovrò imparare. L'isola è civilizzata - prosegue Francesca - e vive molte contraddizioni: a una grande adesione esteriore al culto non si accompagna una fede autentica. È un paese che non vive, come invece accade qui, la secolarizzazione: le chiese sono ancora piene di fedeli, ma si tratta di persone che aderiscono solo esteriormente al messaggio cristiano e che poi nella vita quotidiana non si comportano in modo aderente al loro credo. Il nostro compito è anche quello di dare testimonianza di quel modello di famiglia cristiana che il Signore ci ha chiamati a vivere.

Sarà difficile essere così lontani da casa… Ci attendono tre scali e circa 30 ore di volo - sospira Francesca - e non potremo tornare a Venezia molto spesso. Solitamente le famiglie in missione fanno ritorno una volta l'anno. Ma non siamo eroi. Anche noi abbiamo paure e difficoltà per l'attaccamento alla nostra città, agli affetti, alla casa e alle famiglie. Noi non stiamo fuggendo da qualcosa, non andiamo via perché qui non stiamo bene, anzi. Ma siamo sicuri che il Signore ci darà anche gli affetti di cui abbiamo bisogno.

Le vostre famiglie di origine come hanno reagito alla notizia? Comprendono la nostra scelta e ne sono felici, ma anche per loro non sarà facile. Soprattutto per i genitori di Enrico: di 7 figli ne vedranno partire 3, gli unici tre ad essere sposati e ad aver dato loro dei nipotini. Eppure sono felici di vedere che i propri figli lavorano per la Chiesa. Il 6 gennaio conclude Enrico- alla celebrazione in Basilica con il P atriarca, mio padre era commosso nel vederci tutti e tre davanti al Patriarca a ricevere il crocefisso per l'invio in missione». Il 12 gennaio tutte le 230 famiglie saranno in Sala Nervi a Roma, ricevute dal Santo Padre. Poi la partenza.
(C) Gente Veneta n.2/2006


Cosa dire sulle famiglie neocatecumenali in missione?

Niente, se è una loro libera scelta.
Conosco personalmente alcune famiglie in missione del Cammino ed alcune sono veramente ottime persone.
Quello che mi chiedo è se sanno cosa vanno a portare in MISSIONE.
Portano la Chiesa o il cammino neocatecumenale?
Fanno sacrifici e li impongono a tutta la loro famiglia (molto spesso numerosa), per portare la gente alla Chiesa di Cristo o al cammino di Kiko?
Questo è il punto di queste missioni “famigliari”.
Poi ci sono altre cose da considerare.
Tipo ad esempio, il fatto che in virtù del sacramento del matrimonio, quando si forma una famiglia si assumono delle responsabilità, in particolare verso i figli.
Sradicare una famiglia dal suo paese, dalla sua storia, dalle sue origini e dai suoi affetti, non è sempre facile e neanche indolore, non tanto per gli adulti, ma per i bambini e gli adolescenti.

Qualche tempo fa mi hanno raccontato che nel Cammino esisterebbero alcune regole interne al Cammino, regole "non scritte", per valutare la vocazione delle famiglie con prole che vogliono andate in missione all’estero, proprio per tutelare i figli di queste famiglie un po' troppo frettolose nel dare la propria disponibilità.

Ma, come tutto quello che riguarda il cammino, non esiste nulla di scritto, è tutto relativo secondo l’estro di Kiko e dei suoi cosiddetti "catechisti".

Perché se i genitori vogliono andare in missione ed i figli non sono d’accordo, ci pensa poi il buon catechista di turno a convincere i figli a dichiararsi d’accordo negli incontri vocazionali o nelle convivenze con estrazione “a caso” fatte da Kiko.

L’illuminato Spagnolo fondatore e riferimento UNICO del Cammino, alle volte segue la sua personale ispirazione (lui ha un collegamento diretto 24 ore su 24 con lo "Spirito Santo") e magari, in certi casi non si fida del CASO (o come dicono i catechisti: estrarre a sorte i nomi e le località della missione cioè lasciare la scelta la Signore), ma decide lui la destinazione di certe famiglie.
“Perché proprio a Guam? L'avete scelto voi?“No, quando si dà la propria disponibilità.Spesso si fa una semplice estrazione, ma altre volte si tiene conto anche di altre necessità”.
Chiaro !!!

Generalmente sceglie "lo Spirito Santo" (cioè Kiko estrae a sorte, cioè, secondo lui, lascia la scelta al Signore).
In questo caso no.
Forse c’era una richiesta “precisa”?
Magari dal parte del vescovo Apuron o del catechista itinerante Gennarini, responsabile e compagno di merende del Vescovo in quella zona?
Quindi, per questa volta, (e per tutte le volte in cui sono in gioco gli interessi personali di Kiko o dei suoi SUPER-CATECHISTI) niente ispirazione DIVINA,
Mi sembra chiarissimo, quando è importante decidono LORO, quando si tratta di ordinaria amministrazione decide la SORTE, no, scusate, decide il SIGNORE.

Ma noi cristiani della domenica, non possiamo capire, noi cerchiamo di usare la testa ed il buonsenso.
Nel Cammino di Kiko, testa e buonsenso sono disprezzate, sono chiamate le armi preferite dal demonio, quindi, le decisioni del Cammino sono sempre ispirate dal discernimento degli illuminati catechisti o dal loro capo-catechista-unico Kiko Argüello o dalle loro CONVENIENZE, altro che: “noi facciamo decidere al SIGNORE.”

Quello che per i cattolici è un tentare Dio, per i neocatecumenali è invece un affidarsi alla PROVVIDENZA.
Se hanno ragione i neocatecumenali, allora perché la Chiesa manda come missionari i suoi sacerdoti? Sacerdoti che hanno scelto questa vita, sacerdoti che hanno rinunciato liberamente ai vincoli familiari per donarsi interamente al Signore per tutta la vita, sacerdoti che vengono preparati accuratamente alla Missione in terra straniera.

La Chiesa manda i suoi Sacerdoti Missionari tra gli atei, i pagani o gli aderenti ad altre religioni.

Il cammino di Kiko manda le sue famiglie senza alcuna preparazione, senza alcuna conoscenza del posto, della lingua degli usi e dei costumi locali.
Con vincoli familiari e figli e li manda là dove c’è già la Chiesa ed i cristiani.
Loro hanno il Kerigma di Kiko e la “stoltezza della predicazione”, ma siamo proprio sicuri che non serve altro?

Capite la differenza?

Questa famiglia evidenzia la grande incongruenza delle missioni neocatecumenali.
Kiko ed il suo “movimento” laico, vanno a fare “Missione” ed a convertire al cristianesimo, atei, pagani o la gente di altre religioni, come ha fatto per secoli la Chiesa?

No, le famiglie missionarie del Cammino di Kiko vanno in terra straniera, ma solo dove già ci sono Chiesa e cristiani.

Che senso ha questa cosa?
Dice Enrico: “Per quanto riguarda l'isola di Guam - Enrico prende un mappamondo per mostrare dove si trova Guam: estremo Oriente, oltre le Filippine, in mezzo all'Oceano Pacifico: «La proposta è partita dal vescovo locale, che richiedeva l'intervento di una famiglia come aiuto pastorale. Lì c'è un parroco molto coraggioso che sta operando un rinnovamento profondo e strutturale nella sua parrocchia. Il cammino neocatecumenale è iniziato da appena otto anni».”
Capito!!!

Lì c’è un parroco molto coraggioso (sottinteso: è un presbikiko che ha il compito di neocatecumenalizzare la parrocchia; e in effetti ci vuole un barbaro coraggio, una temerarietà, per cancellare la fede cristiana e sostituirla con quella neocatecumenale), cioè un parroco che non sta cercando di evangelizzare il 15% di popolazione non cristiana, ma “CORAGGIOSAMENTE” sta tentando di rifilare la “PATACCA” neocatecumenale ai suoi parrocchiani, sotto forma di Nuovo modo di fare Chiesa, Nuova Evangelizzazione, Nuova Estetica, Nuova Liturgia, Nuovo Seminario.

E sono già otto anni che ci sta provando e gli serve una mano.

Quindi nel 2006 il Cammino a Guam c’era già da otto anni?

Ma allora a che servono ben 4 famiglie in Missione?
A cosa serve la MISSIONE Kikiana dove c’è già il cammino neocatecumenale, di che MISSIONE stiamo parlando?
Allora è vero che il cammino “evangelizza” solo i cristiani?
Allora è vero che il cammino tenta di sostituirsi alla Chiesa e di portare i cristiani in una realtà parallela al Cristianesimo?
“A Guam ad esempio serviva aiuto anche nella ristrutturazione nella manutenzione degli impianti idraulici ed elettrici del seminario, e poi c'è una canonica da costruire. Questo è il mio lavoro, perciò siamo stati assegnati lì, in modo che potessi essere utile anche in quell'attività. “
Ecco la vera missione Kikiana, lavorare gratis presso il seminario neocatecumenale Redemptoris Mater di Guam (soppresso nel 2017) e per la costruzione della canonica.
Serve una “Missione di Evangelizzazione” per fare questo?

Ma andiamo avanti e cerchiamo di capire perché è importante la testimonianza di queste famiglie.
Ecco cosa afferma candidamente la nostra futura missionaria la signora Francesca:
“L'isola è civilizzata - prosegue Francesca - e vive molte contraddizioni: a una grande adesione esteriore al culto non si accompagna una fede autentica. È un paese che non vive, come invece accade qui, la secolarizzazione: le chiese sono ancora piene di fedeli, ma si tratta di persone che aderiscono solo esteriormente al messaggio cristiano e che poi nella vita quotidiana non si comportano in modo aderente al loro credo. Il nostro compito è anche quello di dare testimonianza di quel modello di famiglia cristiana che il Signore ci ha chiamati a vivere.”
Avete capito il concetto?

Mettetevi nei panni di un "missionario neocatecumenale", che prima di partire si mette a giudicare pubblicamente l'autenticità della fede altrui.

E stiamo parlando dell’isola di Guam, piccola isola del Pacifico, davanti alla coste Americane, un isola in cui circa l’85% delle persone sono già di religione Cristiana.
Questo secondo la Chiesa, mentre secondo la signora Francesca, questa gente:
“vive molte contraddizioni: a una grande adesione esteriore al culto non si accompagna una fede autentica.”
Chiaro !!!!

La signora Francesca, grande esperta di religione, teologia, liturgia, scienze comportamentali, psicologia, sociologia e grande conoscitrice degli usi, dei costumi, delle tradizioni e della cultura degli isolani di Guam ha capito il problema di queste persone: sono finti cristiani, ed hanno bisogno di queste famiglie neocatecumenali per riscoprire i veri valori della FEDE in Cristo.

Fantastico!!!!

La signora Francesca - anzi, qualunque persona "missionaria" che sotto sotto condivide la mentalità neocatecumenale espressa in quell'intervista - dovrebbe essere chiamata in Vaticano come consigliera personale del Papa.

Un così grande talento, una così grande cultura e percezione della realtà della fede degli altri, dovrebbe essere messa in evidenza e riconosciuta a livello Internazionale.

Una vera esperta in materia, che dovrebbe quanto prima occupare un posto di responsabilità all’interno della Chiesa, non è concepibile mandare una persona così preparata e così esperta di Evangelizzazione in un isoletta del Pacifico, a convertire pochi “religiosi naturali”.

Kiko, mi dispiace dirtelo, ma stai sprecando le tue risorse migliori per compiti di poco conto.
Tanto per chiarire la mentalità neocatecumenale, il discorso prosegue in modo ancora più illuminante:
“È un paese che non vive, come invece accade qui, la secolarizzazione: le chiese sono ancora piene di fedeli”
Allora io mi chiedo, che cosa ci và a fare una esperta come lei?
Ecco la risposta da perfetto manuale Kikiano :
le chiese sono ancora piene di fedeli, ma si tratta di persone che aderiscono solo esteriormente al messaggio cristiano e che poi nella vita quotidiana non si comportano in modo aderente al loro credo.”
Incredibile analisi a distanza !!!

Ma come avrà fatto la signora Francesca a sapere cosi bene, come vivono la fede, questi cristiani dell’isola di Guam ?
Avranno dei rapporti dettagliati dalla Diocesi di Venezia, avranno un Dossier completo preparato per loro dalla “Congregazione per la Fede” o dalla “Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli.”
O forse hanno un rapporto, ultra dettagliato, redatto dal Vescovo di Guam, un certo Apuron,  detto «fratel Tony» dai suoi fratelli di comunità neocatecumenale.

Magari ci sono delle telecamere sparse su tutta l’isola, comprese le case degli isolani, da dove la signora Francesca o per lei il Vescovo Apuron, si rendono conto, senza ombra di dubbio, quello che succede davvero e decidono di sollecitare Kiko e di conseguenza, il Papa, ad un intervento in loco.
E si, sarà proprio così perché, subito dopo, la nostra signora Francesca (agente segreto nome in codice libellula), spiega i compiti della Task Force, scelta da Kiko sicuramente con la collaborazione di nostro Signore (o su precise e chiare indicazione del Vescovo Apuron e dei suoi ispiratori):
“Il nostro compito è anche quello di dare testimonianza di quel modello di famiglia cristiana che il Signore ci ha chiamati a vivere.”
Ecco, ora è chiaro: questi isolani di Guam, sono “religiosi naturali”.
Capito l’antifona?
Questi sempliciotti si credono cristiani ma non lo sono perché, per diventare cristiani VERI, hanno bisogno di un modello di riferimento, quindi presto avranno una “perfetta” famiglia Kikiana che li ispirerà verso l’unica e Vera Fede in Kiko.
Anzi, visto che le famiglie sono 4, avranno già una “piccola comunità neocatecumenale” di riferimento e di appoggio al tipo di EVANGELIZZAZIONE richiesta esplicitamente dal Vescovo Apuron.
Ora si capisce meglio, Kiko, và ad esportare il cammino neocatecumenale a Guam, con un modello “concreto” di piccola comunità, forte dell’appoggio del SUO “tifoso” e “sostenitore”, Vescovo Apuron, fedelissimo amico del Cammino e garante della Ortodossia Neocatecumenale.
“Le vostre famiglie di origine come hanno reagito alla notizia? Comprendono la nostra scelta e ne sono felici, ma anche per loro non sarà facile. Soprattutto per i genitori di Enrico: di 7 figli ne vedranno partire 3, gli unici tre ad essere sposati e ad aver dato loro dei nipotini.”
Poveri nonni, felici di avere dei nipotini “in missione” all’altro capo del mondo.
E si, sono proprio FELICI questi nonni.
“Il 6 gennaio conclude Enrico- alla celebrazione in Basilica con il Patriarca, mio padre era commosso nel vederci tutti e tre davanti al Patriarca a ricevere il crocefisso per l'invio in missione.”
Ma certo, piangeva di… gioia, al pensiero che tutti e tre i suoi figli sposati e le loro famiglie, andavano oltre-oceano ad esportare il Kikianesimo.
Speriamo che questi nonni siano autosufficienti e che non abbiano problemi fisici, altrimenti saranno felici e gioiosi anche gli altri 4 figli che dovranno risolvere, da soli, i problemi dei loro genitori.

In fondo questi nonni sono fortunati, infatti partono solo le 3 famiglie e rimangono a casa ben 4 figli, io ho visto partire in missione anche figli unici con genitori anziani, di cui si fanno carico badanti e fratelli di comunità pagati dai catechisti neocatecumenali con i soldi delle “decime” delle comunità.

Certo le missioni Kikiane sono più importanti dei doveri familiari, in fondo il Vostro primo catechista, non ripete sempre da 50 anni lo stesso mantra :”Lascia che i morti seppelliscano i morti” e afferma che l’ha detto nostro Signore Gesù, e l’ha detto “esattamente” come lo intende Kiko; cioè che LUI (Kiko) ed il SUO cammino neocatecumenale vanno sempre messi al PRIMO posto, nella vita dei SUOI adepti.
Quindi prima Kiko e poi tutti gli altri: coniuge, figli, genitori e fratelli.
“Sono 230 le famiglie che partiranno per la missione in tutto il mondo nei prossimi giorni. Più di 500 sono già in missione.”“Il 12 gennaio tutte le 230 famiglie saranno in Sala Nervi a Roma, ricevute dal Santo Padre. Poi la partenza.”
Non poteva mancare, nell’articolo, un po’ di propaganda neocatecumenale.
Peccato che c’è sempre una grande pubblicità sui numeri delle partenze e delle famiglie già in missione, ma nessuna informazione sulle famiglie che falliscono e rientrano in patria, magari dopo aver rinunciato alla casa, al lavoro, alle responsabilità ed agli affetti familiari.
Ma si, una bella esperienza, una lunga vacanza pagata dalle comunità, magari con il risultato di una vita distrutta e da ricostruire, comunque sempre a spese delle comunità, anzi scusate della “PROVVIDENZA” neocatecumenale.
“Quali difficoltà vi attendono? Innanzitutto - spiega il marito - un clima perennemente caldo e umido al quale ci dovremo abituare. A Guam poi si parla inglese, mia moglie è facilitata dalla sua esperienza in Irlanda e dai suoi studi, io dovrò imparare.”
Enrico non ti preoccupare, avrete tutti i confort che merita chi “si mette a disposizione dello Spirito missionario di Kiko Argüello”.
Non vi mancherà nulla, anzi è facile che vi troverete con un di più che non avevate prima.
Tutto pagato dal Cammino, voi siete il fiore all’occhiello di Kiko, sarete coccolati e vezzeggiati, voi e le vostre famiglie.
Magari qualcuno delle vostre comunità italiane dovrà tirare la cinghia, ma voi non vi date pensiero, in fondo quelli sono solo piccoli borghesi da divano e da sedere piatto.
Voi siete la punta di diamante del perfetto sistema di proselitismo neocatecumenale, voi esportate la VERA CHIESA.
Quindi Voi meritate la bellezza e la meritate in tutte le sue manifestazioni, su questo il vostro Gurù fa scuola, LUI non si fa mancare NIENTE.
LUI serve il Signore, lo serve da 50 anni e quindi ha diritto solo al MEGLIO.


Conclusioni

Se ancora qualcuno è così tonto da non aver capito la mentalità neocatecumenale che viene così perfettamente evidenziata nell'intervista, si chiederà che senso ha riportarla dopo oltre quattordici anni dalla pubblicazione.

Il senso è quello di vedere certe storie in prospettiva diciamo “diversa”, alla luce degli eventi “reali”che si sono verificati in seguito.
Dare una chiave di lettura “diversa” a queste storie, quando gli entusiasmi calano e succedono altri “fatti” che chiariscono il “contesto generale” in cui si muovono le scelte e le strategie Kikiane.

Tutto quello che succederà in seguito: “lo scopriremo solo vivendo” come dice il nostro Lucio Battisti, quello che sappiamo di sicuro è che, nella missione di Guam, le cose, purtroppo, non sono andate “esattamente”, come si aspettano nell’ordine: il guru Kiko, l'ineffabile super-catechista Gennarini, l’ex Vescovo Apuron, l'ex parroco "coraggioso" e l'ex famiglia “missionaria”.

Ma questa è un’altra storia.

25 commenti:

  1. Ricordo sempre come nostro padre dicesse sempre, durante le lodi, come Il Cammino venisse prima di tutto, persino della famiglia.
    Per quanto concerne le missioni, voglio sottolineare un problema da Luca accennato: quello dei figli. Conosco un paio di famiglie andate in missione (in posti ultra religiosi e quindi senza bisogno di missionari) trascinandosi dietro i figli, che letteralmente non avevano voce in capitolo ed erano costretti a cambiare tutta la loro vita, beccandosi ovviamente depressioni e problemi relazionali.
    È un po' come se i tuoi genitori dovessero trasferirsi per lavoro, con la differenza che qui non devi preservare la fonte di reddito della tua famiglia, ma anzi, devi fare un lavoro gratis, peraltro inutile poiché ci sono già cristiani nel luogo in cui vai (anche se "della Domenica"). Ma del resto, parliamo del cammino neocatecumenale, in cui anche quando riesci a trovare un lavoro decente, dopo anni di studio e fatica, se non è compatibile con gli orari del cammino devi licenziarti e sperare che "Il Signore provveda".

    Gabriele

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    1. Purtroppo tuo padre ha commesso un errore madornale. Infatti il Cammino è uno strumento, non è il fine. Bisogna dire che "Dio viene prima di tutto": Dio, non il Cammino. E comunque sempre precisando che "Dio" non equivale a "l'idea di «Dio» che abbiamo in questo momento", altrimenti sarebbe il solito squallido moralismo. (È così perché Dio - l'unico vero Dio - vuole solo la tua felicità eterna, non vuole il tuo male, dunque non vuole ridurti a un robot da programmare, tanto meno un robot utile solo alle paturnie di una setta). E no, non vale il trucchetto del dire che il Cammino sarebbe al servizio di Dio, poiché ci sono troppi casi in cui non è così e non si è mai visto un kikos ammettere che il Cammino ha sbagliato, che i capicosca del Cammino sono capaci di sbagliare, che ci sono troppe cose su cui il Cammino non doveva assolutamente mettere becco (a cominciare dal matrimonio).

      Ancor prima di riconoscere che il Cammino è un pessimo strumento, dobbiamo ricordare che il Cammino è uno strumento: cioè non può e non deve essere messo al di sopra del matrimonio.

      Infatti ciò che definisce gli sposi è il sacramento del matrimonio. "Sacramento", cioè qualcosa che è istituito in nome di Dio. Pertanto uno "strumento" come il Cammino dovrebbe essere al più un sostegno al matrimonio; non può interferire con la vita matrimoniale, con l'educazione dei figli, ecc.: per esempio, quando le attività del Cammino tolgono tempo ai genitori (tempo che avrebbero passato coi figli, o impegnandosi per il bene dei figli), il Cammino è sbagliato.

      Questo vale specialmente per la ridicola vaccata delle "famiglie in missione".

      Il solo fatto di "partire in missione" è già un calpestare il sacramento del matrimonio. Così come lo è lo sradicare dall'ambiente in cui stanno crescendo, i figli ancora non adulti e indipendenti. Non è che applicando la scusa dell'annunciare il Vangelo, diventa tutto improvvisamente lecito e santo.

      Ricordiamoci che l'annuncio del Vangelo passa anzitutto attraverso i propri doveri di stato. Se sei "marito e padre", hai un dovere verso tua moglie e i tuoi figli, un dovere direttamente dipendente dallo stato delle cose, cioè dal sacramento del matrimonio. Il proclamare di aver scelto "liberamente" di dare la disponibilità alla missione kikiana significa aver già calpestato la vita dei figli (in certi casi addirittura ingannandoli, o con un sottile ricatto morale: "se non parti con noi non potrò essere fiero di te, figlio mio ingrato e disubbidiente e schiavo di mammona e in braccio al demonio"), significa essere ipocriti (e i figli lo capiscono; magari non sanno esprimerlo ma capiscono che questa boiata della "missione" è piovuta dall'alto, è calata addosso alla famiglia solo perché uno dei genitori bramava di compiacere i cosiddetti "catechisti").

      Nella tradizione cattolica la "missione" è sempre una libera scelta del singolo non sposato, mai di una coppia di sposi. Infatti è estremamente improbabile che sia il marito che la moglie abbiano scelto con lo stesso grado di consapevolezza e di libertà. Cioè, in altre parole, nella maggioranza assoluta dei casi uno dei due coniugi subisce la decisione dell'altro.

      E comunque nella Chiesa cattolica la "missione" degli sposi è quella di essere padri e madri. Come dice un vecchio proverbio americano, «educare non è riempire un secchio, ma accendere un fuoco. I figli, infatti, non sono dei robot da programmare, tanto meno dei soprammobili da portarsi in "missione".

      Questo è anche il motivo per cui i figli dei "missionari" neocatecumenali sono tipicamente dei poveri ragazzetti scoppiati e sgangheratamente ribelli. Cioè reagiscono - per quanto possono - alle ridicole imposizioni della setta neocatecumenale.

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    2. Caro Tripudio, praticamente tutte le attività del Cammino tolgono tempo ai genitori, tempo, appunto, generalmente sottratto ai figli. Per questo dall'inizio mettono (o almeno mettevano) in testa che prima di tutto per il perfetto catecumeno viene Dio (cioè non Dio, ma il Cammino), poi la famiglia e poi il lavoro, che è ciò che riporta Gabriele. Non ho fatto mai mia questa scala di priorità. Oltre a tutte le cattiverie subite, sono stati, infatti, anche i miei figli, cioè il tempo sottratto loro e il tempo sottratto al rapporto coniugale e in generale alla vita familiare, a farmi decidere che il Cammino stava letteralmente divorando e avvelenando la mia vita e che era ora di mettere un freno. I figli per il Camino non contano nulla, sono solo un numero da esibire e di cui vantarsi, o pacchi da piazzare qua e là, da parenti, fratelli di comunità o baby sitter quando non puoi portarli in convivenza. Basta fare presente ai catechisti che ti rendi conto che stai sottraendo troppo tempo ai figli a causa del Cammino e sentire la risposta che ti danno. Sono sempre risposte a favore del Cammino: mai vengono prese in considerazione le esigenze dei figli, con la scusa che ai figli ci pensa "Dio".

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  3. tutti gli itineranti dicono che lasciano casa e lavoro... io vorrei portare come esperienza i catechisti della sardegna, che negli anni 90 andarono in colombia e altre nazioni del centro america il catechista padre e i generi,ci dissero che lasciavano tutto ecc.ecc. ci fecero vedere dopo qualche tempo i filmati di dove erano andati a vivere case senza infissi, e questo catechista che per campare la famiglia insegnava inglese in una delle scuole..... quest'anno catechista e generi sono all'interno della cronaca sarda sono proprietari e dirigenti di un'azienda petrolifera . e vogliono costruire in sardegna zona oristano un albergo con campi da golf lui è oreste de valle il patriarca e la ivi petroli l'azienda

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  4. Il corona virus fermerà il kikomessianesimo

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    1. Lo auspico.
      Non per i genitori posseduti che si meritano una 'scossa' ma per i figli davvero agnelli sacrificali sull'altare del fanatismo.

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  5. Non so se in tutte le regioni. e lo spero proprio, ma il cnc in alcune è sospeso fino al 3 Aprile, la macchina è stata fermata dall'alto, vediamo come reagisce

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    1. E' la prima volta in 50 anni che il cammino si ferma....niente celebrazioni di nessun tipo per quasi un mese è una enormità, considerato che ti facevano la festa se mancavi una volta.

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    2. Chissà se i catechisti hanno assegnato i compiti a "casa" ai loro neocatecumeni.
      Mica possono lasciarli "liberi", senza cammino, per quasi un mese.
      Rischiamo le crisi di astinenza oppure,ancora peggio che magari qualcuno rinsavisce.
      LUCA

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    3. niente compiti a casa....al momento...:)))

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    4. Veramente ci avevano provato, a gruppetti nelle case dovevano leggere l'annuncio di Quaresima... Ma credo che solo i talebani lo abbiano fatto.
      Fides

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  6. Chissà il Signore che cosa vuole dire....
    LUCA

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    1. Questa è bellissima :))) La sottoscrivo in pieno

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  7. Sospese tutte le celebrazioni, ordine dato dalla cei a tutti i vescovi

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    1. Sì. È una mostruosa figuraccia per la Conferenza Episcopale Italiana, come ha ben commentato un avvocato sul blog di Tosatti.

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    2. Siamo sicuri che siano state sospese tutte le celebrazioni, anche quelle domestiche? Mi risulta che in aree vicine alla zona rossa i neocat. si riuniscano settimanalmente nelle case. Immagino che lo stesso venga fatto in tutto il resto dell'Italia.

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    3. Le celebrazioni "private" (altrimenti dette "senza popolo") non sono state proibite.

      Il problema, come fatto notare sul blog di Tosatti, è che nell'eccessivo e ingiustificato zelo di "ottemperare", hanno dato l'impressione - all'Italia e al resto del mondo - che sarebbe il potere civile (anziché l'autorità ecclesiastica) a stabilire cos'è una "celebrazione religiosa".

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    4. Sì, hai ragione. Lo portavo ad esempio di come la supina obbedienza ai catechisti sia a tal punto cieca e stolta (immagino che siano i catechisti che hanno autorizzato le celebrazioni domestiche, anzi che hanno dato indicazioni di celebrare nelle case), da portare i catecumeni a mettere a repentaglio la propria salute pur di non disubdidire ai propri "superiori"...

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    5. Si riunivano per le eucarestie a gruppi di 8/10. credo che ora sia tutto sospeso...se poi ci sono degli integralisti..e non ne dubito lo scopriremo presto

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    6. Io non la ritengo una figuraccia, anche perchè nel decreto non si decideva per la Chiesa. E' una decisione libera, sofferta, altrimenti richiamo di tentare Dio. Le chiese sono aperte, si può andare a pregare, e se arriveremo a punti tali...il popolo scenderà per strada spontaneamente per fare come ha sempre fatto...una processione per fermare la peste...la guerra...etc..

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    7. Mav sono d'accordo con te.
      Non credo che bloccare le messe sia stata una cosa facile per la Chiesa.
      Quando stavo in cammino ho sempre odiato anche io certe decisioni pericolose prese senza testa dai catechisti che erano palesemente un tentare Dio.
      Mi sembra ragionevole tentare di arginare una pandemia che mette in pericolo la vita delle persone più deboli ed a rischio.
      Comunque nella mia parrocchia il parroco sta tenendo aperta la Chiesa per chi volesse andare a pregare, sta dando la benedizione ai defunti e sta facendo un servizio on-line su Social network per la messa,ed il rosario.
      LUCA

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  8. Il "popolo"del Cammino come lo concepisce e lo sogna Kiko, poco ha a che fare col popolo della Chiesa e molto con il popolo dell'antico Israele, che ancora non conosceva la laicità, "inventata" da Gesù (Date a Cesare... MA... date a Dio...).
    Per questo Kiko mette molta enfasi nella "salvezza a grappoli", causata dall'APPARTENENZA formale e poco nella santità personale (mentre per la Chiesa santità e appartenenza al Popolo di Dio sono intimamente legate).

    Naturalmente non parlo in senso assoluto, ma di TENDENZE.
    Nel Cammino si TENDE a non parlare, o a parlare poco, di conversione e santità personali, perché queste sono cose che offuscano la funzione salvifica del Cammino.

    Dice bene Tripudio quando afferma che il Cammino può al massimo essere strumento di Dio, ma per Kiko non è così: il Cammino è mezzo di salvezza, quasi una specie di sacramento, come la Chiesa.

    Per il Cammino, come per l'antico popolo di Israele, la salvezza si realizza soprattutto in questa terra e in questa vita. Kiko mai o quasi mai parla di Paradiso, del momento della morte e cose del genere.

    I valori del Cammino, perciò, anche quando sono giusti, come la famiglia, sono visti secondo l'ottica ebraica antica: donano benedizioni che si realizzano soprattutto qui ed ora e che sono funzionali al Cammino come per gli antichi ebrei erano funzionali al popolo di Israele.

    Andare contro la morale del Cammino, anche quando questa coincide con la morale cristiana, non è mai PECCATO, ma infedeltà al Cammino, che attira la maledizione soprattutto qui e ora, come se il giudizio di Dio, che pure certamente comincia qui e ora, si realizzasse, almeno in gran parte, già su questa vita.

    Il Cammino ha perciò anche un aspetto ideologico, e somiglia a un messianismo molto più terreno che rivolto alla vita eterna.
    Il popolo del Cammino confonde (TENDE a confondere) l'immanente col trascendente, il sociale con l'ecclesiale, la politica con la religione. Cose attinenti tra loro, ma che non vanno CONFUSE.

    Per questo i "catechisti" non sono solo (presunti) capi spirituali, ma decidono su TUTTO.
    So di un catechista che metteva becco, con fare autoritario, anche su dove dovesse andare in vacanza un suo sottoposto (che l'ha mandato a quel paese).

    In quest'ottica le famiglie itineranti rappresentano non la tensione a evangelizzare, altrimenti conoscerebbero le esigenze dell'INCULTURAZIONE, ma lo zelo per conquistare comunità al Cammino.
    Uno zelo simile a quello degli antichi farisei a cui fa riferimento Gesù, che andavano per il mondo in cerca di proseliti rendendoli peggio di loro.

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