sabato 3 giugno 2023

La spina di san Paolo

Quando si parla di ira è necessario distinguere tra sentimento (passione) e vizio capitale (peccato).
Il sentimento dell’ira, e cioè quella reazione che istintivamente si prova dinanzi ad una determinata realtà quando la si percepisce come un male da eliminare, non è né buono né cattivo. Come tutti gli altri sentimenti, di per sé è neutro.
Di fatto diventa buono o cattivo dipendentemente dall’uso che se ne fa, come il sentimento o passione dell’amore diventa buono quando si ama Dio o il prossimo e diventa cattivo quando si ama il male e il peccato, così l’ira può essere buona se ci si accende di sdegno per le cose sante che vediamo profanate, oppure cattiva quando ci si adira a sproposito.

Quindi gli attacchi d'ira violenti e preventivi, se c'è il deliberato consenso e la piena avvertenza, si configurano come peccato mortale.

Dice infatti San Tommaso che  l’ira, quando è antecedente, svia la ragione dalla sua rettitudine e quindi è peccaminosa.

 

Hieronymus Bosch "I sette peccati capitali": l'ira (dettaglio)
(guarda caso, anche qui sedie che volano!)

Kiko Argüello, volutamente, semina la confusione anche in questo campo e, per poter affermare che si può essere santi solo se peccatori, secondo la concezione luterana, non ci pensa due volte ad attribuire ai santi la quotidiana frequentazione con il peccato mortale, in particolare quello dell'ira, ma anche quello della superbia e tutti gli altri peccati capitali.

Uno dei suoi soggetti preferiti è  San Paolo, dal momento  che si identifica personalmente  con il grande Apostolo delle genti, ed in particolare uno dei suoi brani più  bersagliati è  quello celebre della seconda lettera ai Corinzi 12, in cui San Paolo parla della spina nella carne. 

Ecco una affermazione di Kiko tratta dal mamotreto del secondo scrutinio (pagg. 80-81):

"Bene, chi sta in questo cammino pensando che il Signore ti toglie la croce, sei uno sciocco! Ma come te la toglie se è proprio quella che ti sta salvando, che ti sta ridimensionando, che ti fa essere umile. Ricorda S.Paolo. Dicono che avesse l'angelo di satana. Ma forse aveva delle crisi  colleriche. Pensate un cristiano con le crisi colleriche! E queste crisi gli  facevano perdere la faccia. Tutti pensavano che fosse un santo e invece si trovavano davanti uno che perdeva le staffe. Questo demonio lo umiliava, lo faceva soffrire e siccome soffriva tanto si decise a chiedere al Signore che gliele togliesse. E quasi idolatricamente suppongo che sia stato in ginocchio nella sua stanza. E prega al Signore: "Signore, toglimi questa croce, non ne posso più". Ma il Signore non risponde quella notte, continua così la seconda notte, digiuno ecc. La terza volta che lui lo fa con difficoltà il Signore gli risponde e gli dice: "Ma non sai che io sono forte nella tua debolezza? E tu vuoi che io te lo tolga?" Tutti vedono che tu sei uno schifo e allora la gente pensa che le comunità non sono opera di S. Paolo perché noi ci siamo avvicinati a lui e puzza. Ma allora è Dio? Infatti, Egli appare nella tua debolezza. E questo ti sta molto bene perché sei un superbo tremendo e vorresti che tutti i frutti dell'evangelizzazione venissero a te".

Ebbene, sono state fatte molte ipotesi sulla spina nella carne che tormentava San Paolo, ma la corretta esegesi ipotizza un problema fisico, una malattia e una debolezza corporale che nulla ha a che fare con il peccato o la volontà peccaminosa dell'apostolo.

Infatti scriveva San Paolo ai Corinzi (2 Corinzi 12:6-10)

"Certo, se volessi vantarmi, non sarei insensato, perché direi solo la verità; ma evito di farlo, perché nessuno mi giudichi di più di quello che vede o sente da me.
Perché non montassi in superbia per la grandezza delle rivelazioni, mi è stata messa una spina nella carne, un inviato di satana incaricato di schiaffeggiarmi, perché io non vada in superbia. A causa di questo per ben tre volte ho pregato il Signore che l'allontanasse da me. Ed egli mi ha detto: «Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza». Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. Perciò mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: quando sono debole, è allora che sono forte."
L'Apostolo si riferisce ad una debolezza fisica, non certo a violenti e immotivati attacchi d'ira come ipotizza Kiko Argüello!

Gesù infatti diceva san Paolo, che pregava d'essere sollevato da questo tormento, "ti basta la mia grazia" e lo stesso Apostolo, scrivendo ai Romani (6,1-2), li ammoniva: "Che diremo dunque? Continuiamo a restare nel peccato perché abbondi la grazia? È assurdo! Noi che già siamo morti al peccato, come potremo ancora vivere nel peccato?"

Insiste Kiko, che da sempre ha la "fissa" per San Paolo:

"Allora non potete immaginare quello che significa il potere che il Signore concede a noi, che siamo gente peccatrice, di questa Parola che noi riassumiamo nel Kerygma, la possibilità di annunziare il suo Vangelo, di donare la vita, donare la vita! A tanta gente Dio non lo permette. San Paolo dirà “A me, l’ultimo degli uomini, un aborto io sono, Dio mi ha dato questo ministero, mi ha dato accesso a questa liturgia, alla predicazione, a evangelizzare, evangelizzare”.
Eppure l'apostolo Paolo diceva ai Filippesi: “Fratelli, fatevi insieme miei imitatori". E perchè poteva dirlo? Perché la grazia di Gesù gli permetta d'essere, con tutte le sue difficoltà d'uomo, un modello da raccomandare.
E non solo proponeva se stesso  come modello, ma anche i propri discepoli.

Infatti l'Apostolo poi così proseguiva: "e guardate quelli che si comportano secondo l’esempio che avete in noi".
Vuol dire che non solo San Paolo era un modello da raccomandare, ma anche chi si ispirava a lui lo era, allo stesso modo. E quindi pure Carmen, pure Kiko, che non sono santi ma si dichiarano apostoli (se non addirittura angeli) non sono esentati da questo imperativo: e neppure i loro seguaci, che tanto si vantano invece d'essere peccatori!

Sappiamo comunque che Kiko è un recidivo: non potendo e non volendo elevarsi al livello dei santi, li trascina giù  al proprio. Fu così che accusò San Francesco d'essere un superbo:

"Sta là San Francesco d’Assisi prendendosi un caffettino e gli diciamo (questo lo sappiamo perché sta nella vita di tutti i santi): "Tu sei un superbo!" Sapete la risposta di San Francesco? Come risponderà San Francesco? "Hai visto benissimo. Guarda e non hai visto del tutto bene, di più, di più ecc…". Allora possiamo domandarci: San Francesco sta mentendo? Allora San Francesco non è un santo o sta dicendo la verità? Allora è un superbo. Sì. È un superbo. Ma, allora, come fa San Francesco ad essere santo? Ha scoperto una cosa immensa: Dio è capace d’amare un superbo come lui e questo gli basta per ritornare a Lui."
Scriveva qualche tempo fa la commentatrice Irene:

"Riguardo la libertà di peccare, ancora una volta nei mamotreti non si accenna al peccato mortale che fa letteralmente perire l'anima. Nessun richiamo al sacramento della penitenza e nessun accenno al fatto che, per esempio, c'è l'inferno.
Un catechizzatore di folle che si vanta di portare Gesù e il Vangelo ai lontani, e di essere in sintonia con la Chiesa Cattolica, sorvola su uno dei pilastri del cattolicesimo. Complimenti Kiko, bel lavoro.
Sant'Agostino invece capisce l'importanza del tenersi lontani dal peccato e quando si interroga sui motivi che hanno ritardato il suo battesimo scrive (ne ''Le confessioni'')
Fu un bene per me che mi siano state allentate per così dire, le briglie al peccato, o sarebbe stato bene il contrario? Per questa
ragione dunque ancor oggi si sente dire da ogni parte dell’uno e dell’altro: "Lascialo fare: non è ancora battezzato".
Eppure riguardo alla salute fisica non diciamo: "Lascia che si produca altre ferite: non è ancora guarito".
Dall'esempio dei Santi impariamo come comportarci e da quello di Kiko cosa dobbiamo evitare.
Io spero che sempre più persone abbandonino il cammino e ritrovino la serenità e la guarigione spirituale nella Chiesa Cattolica".

Grazie Irene! Condividiamo la tua speranza e il tuo auspicio. 

Hieronymus Bosch "I sette peccati capitali"

 

E a proposito dell'ira, un'ultima osservazione, tratta da un articolo di padre Angelo Bellon: l'ira costituisce peccato capitale ed essere demeritoria o biasimevole, come nel caso degli accessi d'ira attribuiti a San Paolo ed invece tipici dello stesso Kiko, ma può essere buona e positiva: l'ira, e cioè lo sdegno che ha provato il Signore nel vedere il Tempio trasformato in una spelonca di ladri, è stata un’emozione conseguente ed esercitata secondo ragione.

Cosicchè talvolta potrebbe esserci peccato per mancanza d’ira.
San Giovanni Crisostomo dice che "chi non si adira quando c’è motivo di farlo, pecca.
Infatti la pazienza irragionevole semina i vizi, nutre la negligenza, e invita al male non solo i cattivi, ma anche i buoni" (Op. imp. in Mt. hom. 11).
Quando non si elimina il male, anche col castigo, là dove ve ne è bisogno, “indubbiamente si commette un peccato” (San Tommaso, Somma teologica, II-II, 158,8).

Ed anche questo lasciamo alla riflessione di chi è stato convinto di non dover mai reagire al male e chiedere giustizia per sé e soprattutto per gli altri: sempre da Kiko Argüello, naturalmente, che sembra essersi fatto un punto d'onore nel rovesciare esegesi e dottrina cattolica nel suo esatto contrario.

 

 

 


53 commenti:

  1. L'unico uomo senza peccato sapete chi è!! Gli altri siamo peccatori, è i peccatori sono schiavi del peccato (Gv). Tutti i peccati sono mortali. Tutti. E' la fede che salva.
    Con il cuore infatti si crede per ottenere la giustizia e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza. (lettera ai romani)
    Quello che ci distingue dai luterani non è la salvezza gratuita, quella è cosa certa.
    Ma la salvezza nella piena libertà di ciascuno.
    Il Signore ci salva per grazia, ma per produrre davvero la salvezza bisogna fare professione di fede pubblica (in Chiesa), per manifestare Chiaramente la propria volontà.
    Prima del cammino neocatecumenale, non si era mai sentito parlare di Traditio e redditio symboli.
    Eppure il catechismo della chiesa cattolica ne fà menzione come tappa fondamentale del cristiano adulto.
    Eros

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    1. Caro Eros,
      dal contenuto dei tuoi commenti io propenderei a rinominarti Auto-eros di cognome e Mental di nome.
      Con questa storia che l’uomo è schiavo del peccato e non può fare nulla da sé, tu induci (e così tutti i tuoi complici e il tuo mandante) a proclamare che il sacrificio di nostro Signore sulla croce è stato inutile e che i suoi richiami a prendere esempio da lui, la sua esortazione all’adultera a non peccare, erano parole vane. Ora, pazienza che tu nella tua libertà e superbia, mentre credi di poter salire su un pulpito ad ammaestrare, in realtà (poiché non ti rendi conto di quanto sei blasfemo) ti scavi una fossa in cui precipitare insieme alla tua marmaglia di complici e mandante. Ma la cosa più brutta è che induci nell’errore altri meno avveduti, con un po’ di parlantina imparata a pappagallo dal tuo mandante che si bea di quanti beoti gli stanno dietro e gli pagano la vita squallida che fa. Comunque, per tua informazione, e per informazione degli altri corti di comprendonio che chiedono: “ma perché continuate a scrivere su questo blog, noi stiamo bene così come stiamo”, sappi che questo blog esiste per condividere le cose già viste, per fare capire a quelli che hanno ancora un poco di capacità di intendere quali sono gli errori a cui li volete indurre. Chi ha qualche dubbio può trovare qualche conferma ai suoi dubbi, chi invece è sicuro e si sente bene nei suoi piccoli privilegi di borghesuccio nel cammino in tondo, faccia come gli pare.

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    2. Le acrobatiche omelie del fratello Eros non cambiano la realtà dei fatti che motiva l'esistenza di questo blog.

      E cioè:
      - che il Cammino contiene errori, strafalcioni, ambiguità, vere e proprie eresie, una diabolica "spiritualità"
      - che i fondatori del Cammino disprezzano la Chiesa e la sua gerarchia (esempio)
      - che il cofondatore del Cammino è talmente superbo da aver già fatto distribuire il suo "santino"
      - che la cofondatrice del Cammino è tutt'altro che santa
      - che nel Cammino si crede ciecamente ad ogni frottola degli autonominati "iniziatori"
      - che la vera missione del Cammino è erodere la Chiesa dal suo interno.

      p.s.: i cattolici facciano sempre attenzione alla falsa "logica" neocatecumenale.

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  2. Ecco che non tarda la dimostrazione di quanto gli insegnamenti di Kiko abbiano sortito negli ingenui fedeli.
    Ricordo ad Eros che la salvezza per i cattolici viene per fede e per opere, non solo per fede. Sappiamo bene che Kiko si è inventato che le opere sarebbero l'aver frequentato il Cammino neocatecumenale...
    E infatti la successiva topica colossale, che non ci salveremo senza la Redditio neocatecumenale che consiste nel far pubblicità a Kiko in Chiesa sfoderando i propri peccati, viene proprio dagli stessi vaneggiamenti.
    Si dimenticano i neocatecumenali che siamo battezzati? E che essendo battezzati per la salvezza non abbiamo alcun altro obbligo che quello di astenerci il più possibile dai peccati ed attingere ai Sacramenti della Chiesa? E poi, a Dio, che scruta i cuori, il giudizio finale.
    Ma che guazzabuglio avete nelle vostre teste? Il povero Eros mi fa particolarmente compassione.

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    1. non lo dico io, non lo dice Kiko, lo dice la Chiesa. Il Credo.

      2007 Nei confronti di Dio, in senso strettamente giuridico, non c'è merito da parte dell'uomo. Tra lui e noi la disuguaglianza è smisurata, poiché noi abbiamo ricevuto tutto da lui, nostro Creatore.


      2008 Il merito dell'uomo presso Dio nella vita cristiana deriva dal fatto che Dio ha liberamente disposto di associare l'uomo all'opera della sua grazia. L'azione paterna di Dio precede con la sua ispirazione, mentre il libero agire dell'uomo viene dopo nella sua collaborazione, così che i meriti delle opere buone devono essere attribuiti innanzi tutto alla grazia di Dio, poi al fedele. Il merito dell'uomo torna, peraltro, anch'esso a Dio, dal momento che le sue buone azioni hanno la loro origine, in Cristo, dalle ispirazioni e dagli aiuti dello Spirito Santo.

      2009 L'adozione filiale, rendendoci partecipi per grazia della natura divina, può conferirci, in conseguenza della giustizia gratuita di Dio, un vero merito. È questo un diritto derivante dalla grazia, il pieno diritto dell'amore, che ci fa « coeredi » di Cristo e degni di conseguire l'eredità promessa della vita eterna. 243 I meriti delle nostre opere buone sono doni della bontà divina. 244 « Prima veniva elargita la grazia, ora viene reso il dovuto. [...] Sono proprio doni suoi i tuoi meriti ». 245

      2011 La carità di Cristo è in noi la sorgente di tutti i nostri meriti davanti a Dio. La grazia, unendoci a Cristo con un amore attivo, assicura il carattere soprannaturale dei nostri atti e, di conseguenza, il loro merito davanti a Dio e davanti agli uomini. I santi hanno sempre avuto una viva consapevolezza che i loro meriti erano pura grazia:

      « Dopo l'esilio della terra, spero di gioire fruitivamente di te nella Patria; ma non voglio accumulare meriti per il cielo: voglio spendermi per il tuo solo amore [...]. Alla sera di questa vita comparirò davanti a te con le mani vuote; infatti non ti chiedo, o Signore, di tener conto delle mie opere. Tutte le nostre giustizie non sono senza macchie ai tuoi occhi. Voglio perciò rivestirmi della tua giustizia e ricevere dal tuo amore l'eterno possesso di te stesso... ». 246

      2025 Non c'è per noi merito davanti a Dio se non come conseguenza del libero disegno di Dio di associare l'uomo all'opera della sua grazia. Il merito in primo luogo è da ascrivere alla grazia di Dio, in secondo luogo alla collaborazione dell'uomo. Il merito dell'uomo spetta anch'esso a Dio.
      C.C.C.
      Eros

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    2. Bene, abbiamo fatto un passo in avanti. Intanto ti sarai reso conto che nel Catechismo non sta scritto che bisogna aver fatto la professione di fede (kikiana) che ha usurpato il nome di traditio per la salvezza. Quindi, una falsa idea che decade, spero.
      Riflettici ancora.
      Se aver camminato per tanti anni ti porta a dire certe bestialità, ci deve essere qualcosa di profondamente sbagliato in quanto stai credendo; sei certamente una persona intelligente, renditi conto che ti hanno insinuando delle convinzioni decisamente assurde, insostenibili, delle idee parziali della verità e della dottrina cattolica che nei fatti la stravolgono in toto.
      Fai bene a leggere il CCC. Ma non devi fermarti a pochi articoli, devi leggere di più.
      Eccone per esempio altri, che fanno comprendere in base a cosa saremo giudicati e quale sarà il nostro "merito".

      "1033 Non possiamo essere uniti a Dio se non scegliamo liberamente di amarlo. Ma non possiamo amare Dio se pecchiamo gravemente contro di lui, contro il nostro prossimo o contro noi stessi: « Chi non ama rimane nella morte. Chiunque odia il proprio fratello è omicida, e voi sapete che nessun omicida possiede in se stesso la vita eterna » (1 Gv 3,14-15). Nostro Signore ci avverte che saremo separati da lui se non soccorriamo nei loro gravi bisogni i poveri e i piccoli che sono suoi fratelli. 628 Morire in peccato mortale senza essersene pentiti e senza accogliere l'amore misericordioso di Dio, significa rimanere separati per sempre da lui per una nostra libera scelta. Ed è questo stato di definitiva auto-esclusione dalla comunione con Dio e con i beati che viene designato con la parola «inferno».

      1036 Le affermazioni della Sacra Scrittura e gli insegnamenti della Chiesa riguardanti l'inferno sono un appello alla responsabilità con la quale l'uomo deve usare la propria libertà in vista del proprio destino eterno. Costituiscono nello stesso tempo un pressante appello alla conversione: «Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa; quanto stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e quanto pochi sono quelli che la trovano!» (Mt 7,13-14).
      «Siccome non conosciamo né il giorno né l'ora, bisogna, come ci avvisa il Signore, che vegliamo assiduamente, affinché, finito l'unico corso della nostra vita terrena, meritiamo con lui di entrare al banchetto nuziale ed essere annoverati tra i beati, né ci si comandi, come a servi cattivi e pigri, di andare al fuoco eterno, nelle tenebre esteriori dove ci sarà pianto e stridore di denti».

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    3. Come dicevo, Siamo giustificati per la sola Grazia di Dio, ma questa grazia che ci giustifica gratuitamente, per salvarci, ha bisogno di essere accolta in piena libertà e consapevolezza. Bisogna Crederci. Ecco cos'è la "Traditio" symboli, che viene prima della "Redditio" symboli. Nella Traditio la Chiesa consegna la sua "Tradizione" cioè il Credo. Se Accogli e credi ti metti in cammino verso la salvezza, che si materializza con la professione personale di fede, professione pubblica, che attesta la propria libera adesione al messaggio del vangelo. Proprio come scrive San Paolo ai romani: "Con il cuore infatti si crede per ottenere la giustizia e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza."
      Eros

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    4. Ecco il solito esempio di parlantina neocatecumenale.

      Vi prego, osservatene i contorni:

      - tira in ballo la grazia di Dio, come se volesse contrapporsi a chi ne nega il valore;

      - afferma (in modo del tutto campato in aria) che le attività e i ritualismi del Cammino ("Traditio Symboli", nome pomposamente altisonante dato a una pagliacciata kikizzata) costituirebbero una "consegna" di grazia;

      - dà per scontato (in modo del tutto gratuito) che i ritualismi e le attività del Cammino veicolerebbero "libera adesione al messaggio del Vangelo" (sottinteso: "la Chiesa non lo sa fare ma noi sì, anzi, siamo dei veri professionisti"), dando per scontato che tale adesione avverrebbe in virtù delle numerose e gravi ambiguità ed eresie del Cammino;

      - dà arbitrariamente per assodato che tutta la sovrastruttura neocatecumenale fatta di "Decime", "convivenze", "ambientali", "scrutatio", "giri di esperienze", grattugiate di chitarrelle, girotondini col passetto, gadget kikiani da acquistare nei kiko-shop, ecc., sarebbe necessaria per poter effettuare quella "Traditio".

      Proprio come se credesse che la Chiesa sbaglia e il Cammino la corregge.

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    5. Eros,
      te lo abbiamo già scritto, e tra l'altro è scritto anche nelle varie presentazioni del CCC, è un "libro" che va considerato come un tutt'uno, non si possono prendere "frammenti", il tuo approccio è sbagliato, ed è figlio di come ti hanno insegnato a leggere la Bibbia, e all'uso che ne fai con le varie aperture a caso.

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    6. Un'ultima osservazione su quanto detto da Eros: non ci si salva per "sola grazia" ma "per grazia". Fa tutta la differenza del mondo. Il sola grazia è protestante, come il sola fede e il sola scrittura. Non si creda che i protestanti non diano importanza anche alle opere; lo fanno, ma esclusivamente in via subordinata in quanto segni della grazia e della elezione di Dio. Un po' come dice Kiko nelle catechesi; salvo poi ricredersi e legare grazia, fede e salvezza unicamente alle "opere" che dispone lui come necessarie.

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    7. Così anche la fede: se non è seguita dalle opere, in se stessa è morta. Al contrario uno potrebbe dire: «Tu hai la fede e io ho le opere; mostrami la tua fede senza le opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede». Tu credi che c'è un Dio solo? Fai bene; anche i demòni lo credono e tremano!
      Lettera di Giacomo

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    8. Eros leggila tutta che ti fa bene.

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    9. Dice Eros:

      "questa grazia che ci giustifica gratuitamente, per salvarci, ha bisogno di essere accolta in piena libertà e consapevolezza. Bisogna Crederci."

      La teoria è quindi: credo = sono giustificato gratuitamente per grazia. Non devo fare nient'altro.

      Su queste parole di San Paolo, come ben dice Papa Francesco, ci sono state molte posizioni contrapposte, perché l'affermazione si presta a diverse interpretazioni.

      Ma Papa Francesco spiega cosa significa nel cattolicesimo "la giustificazione avviene per grazia", e non è come dice Eros.

      Riassumo ciò che dice il Pontefice:

      La giustificazione è la conseguenza della «misericordia di Dio che offre il perdono», come scritto nel CCC.

      È il perdono che giustifica e ci permette di recuperare l’innocenza perduta con il peccato e questo perdono non lo si può pretendere: viene elargito per grazia, quindi Dio ci giustifica per grazia.

      San Paolo sulla via di Damasco scoprì che la sua osservanza della legge non lo rendeva giusto (sole opere), ma che è stato salvato per la grazia che lo ha giustificato e quindi reso giusto.
      La giustificazione per fede sottolinea la priorità della grazia, che Dio offre a quanti credono nel Figlio.
      Ma l'apostolo Giacomo dice: "L’uomo è giustificato per le opere e non soltanto per la fede".
      Dice il contrario di San Paolo?
      No.
      Per la misericordia di Dio siamo stati giustificati e resi giusti, ma la giustificazione, se non fiorisce con le nostre opere, sarà sotto terra, come morta. C’è, ma noi dobbiamo attuarla con il nostro operato.
      L'amore di Dio ci ha salvati e giustificati tutti gratis, ma la risposta della fede esige di essere attivi nell’amore per Dio e nell’amore per il prossimo.
      Noi non siamo condannati, alla base, no: siamo giusti. Permettetemi la parola: siamo santi, alla base. Ma poi, con il nostro operato diventiamo peccatori. Così, la luce della fede ci permette di riconoscere quanto sia infinita la misericordia di Dio, la grazia che opera per il nostro bene. Ma la stessa luce ci fa anche vedere la responsabilità che ci è affidata per collaborare con Dio nella sua opera di salvezza. La forza della grazia ha bisogno di coniugarsi con le nostre opere di misericordia.
      Dobbiamo attuare questa giustizia con il nostro operato.

      Con questo discorso del Pontefice si capisce che noi non possiamo conquistare né pretendere la giustificazione, è qualcosa che Dio dà per grazia a chi crede in Lui.
      Se per assurdo peccassi e non esistesse il perdono, rimarrei non giustificato, non potrei meritarmi o comprarmi il perdono, perché il perdono è liberalità gratuita di Dio.
      Una volta giustificati, a partire dal Battesimo che ci elargisce la grazia e toglie il peccato originale, siamo giusti (e non mostri come dichiara sempre l'Argüello).
      Poi nel corso della vita pecchiamo, ma col perdono di Dio (che non si può pretendere, ma viene dato per grazia e quindi gratis), veniamo ogni volta giustificati.
      La giustificazione (il perdono gratuito), però, se non è accompagnata dalle opere è come morta: la risposta della fede a questa giustificazione gratuita esige che noi siamo attivi nell'amore, sentendo la responsabilità di collaborare con Dio nell'opera di salvezza e attuando la Sua giustizia con le nostre opere.

      Altrimenti è comodo: il Battesimo mi rende giusto, pecco, il perdono di Dio mi giustifica gratis, senza che lo possa comprare o pretendere. Una volta giustificato, pecco di nuovo e di nuovo e di nuovo...
      Ogni volta vengo giustificato gratuitamente da Dio, ma se non opero per il bene dell'altro, la mia giustificazione è come morta, non fruttifica.
      È solo approfittarsi della misericordia di Dio per sé stessi, in modo egoistico. Pecco e Dio mi giustifica, pecco e Dio mi giustifica... (solo se sono veramente pentito, però).

      Quindi la salvezza e la giustificazione non si ottengono con il Credo, la Traditio e la professione personale di fede come libera adesione al Vangelo, come dice Eros, ma col serio pentimento del proprio peccato che ci fa accedere alla grazia che ci rende giusti.

      No pentimento, no party.
      Marco

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  3. Se il povero Eros fa particolarmente compassione, l'unica è che non scriva più sul blog, stessa cosa dicasi per FAV e company, lo stiamo dicendo da tempo ma non ci ascoltano, quindi.......................................................................................................

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    1. Quindi, nella vostra ambigua mentalita', stai facendo il "compare", sia ad Eros che a Fav.
      Ruben.
      ---

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    2. Puntini, Puntini, un punto ai Guelfi e uno ai Ghibellini

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    3. Il povero Eros ha il fegato a pezzi e le sta provando tutte pur di estenuare lettori e collaboratori di questo blog. Come avrete notato, non entra mai in argomento, non dice mai fatti concreti, ma spara sempre inutili sproloqui che non intaccano minimamente le malvagità del Cammino e della sua gerarchia.

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  4. Ai bei tempi, mons. Viganò rifletteva su come mai Kiko avesse citato un passo particolarmente specifico del profeta Aggeo...

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  5. "Tutti pensavano che fosse un santo e invece si trovavano davanti uno che perdeva le staffe". Kiko parla apparentemente di San Paolo, ma sappiamo che si riferisce a sé; è lui quello che perde le staffe, è lui quello delle ire improvvise e funeste. E questa è una delle "spine nella carne" di Kiko: perdere la trebisonda, perché, in queste occasioni, come dice lui, "perde la faccia", dimostra cioè uno squilibrio mentale e caratteriale che invece vuole tenere accuratamente nascosto.
    Il problema è che non è una collera santa, evidentemente; e invece che cercare di capirne le cause e porvi rimedio, se possibile, Kiko che fa? La attribuisce a san Paolo.
    Eh, anche san Paolo era un collerico, quindi...
    Anche san Francesco era un superbo, quindi...
    I risultati di tutto ciò sono che i catechisti si sentono addirittura in dovere di fare delle sfuriate irragionevoli e violente per essere il più simili possibile al loro idolo, purtroppo spesso anche i padri a casa (e pure le madri, per par condicio).
    Al termine delle quali, si giustificano esattamente come fa Kiko.
    Il cammino neocatecumenale propone dei modelli che sono del tutto negativi, quelli dei propri iniziatori, per poi giustificarli come tentano di fare adesso con Carmen, visto che il suo carattere stizzoso, pevaricatore, violento e capriccioso, cercano di farlo passare come la manifestazione di un temperamento burbero ma dal cuore d'oro. Quante bugie... altra brutta abitudine che si apprende in Cammino.

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  6. Il Cammino Neocatecumenale è fatto per tirar fuori il peggio dalle persone, e poi lasciarle senza cura perché "Dio ti ama così come sei".
    Sulla base del "conoscere sé stessi, i mostri che siamo, capaci di tutto", non solo vengono consolidati i peccati presenti, ma ne nascono altri.
    Quando mi sono reso conto che il Cammino stava violando la mia natura, me ne sono andato, ma mi ci è voluto tanto tempo.
    Mi ha fatto credere di essere quello che non ero, proprio anche nel carattere.
    A forza di ripetere che "bisogna conoscersi, toccare il fondo" (per poi mai risalire), uno immagina sempre le cose peggiori, sente dagli altri i peccati peggiori e pensa: "Io non sono migliore degli altri anzi, sono il peggiore, quindi di sicuro ho tutti quei peccati più uno".
    A me è successo proprio col peccato dell'ira.
    Di natura ero una persona pacifica, accomodante, poco propensa ai litigi. Ma a forza di martellare sul "fare verità, dire la verità" a poco a poco sono diventato iroso e mi ci è voluto un bel po' di tempo e preghiera per combattere questo aspetto. Molto meglio ora, ma ci sto ancora lavorando, con la grazia di Dio.
    Loro direbbero che "mi sono scoperto iroso, mentre pensavo di non esserlo" ma invece non è così, è un peccato aggiunto in corso di Cammino.
    È proprio il Cammino che ti fa diventare peggiore, aggiungendo peccati su peccati, che non avresti nemmeno mai pensato. Abbassa la soglia di "scandalo" del proprio peccato e ti invita a considerare che se non "accetti" il peccato sei un intransigente con gli altri, ma anche con te stesso, un giudicatore degli altri e di te stesso, un moralista, un superbo.

    Questo non per dire che io sono senza peccato, ci mancherebbe altro, ma l'ira non era uno di quelli che mi caratterizzavano e, anzi, contrastavano con la mia indole pacifica.
    Ma come fai a considerarti "il peggiore di tutti", come sempre esorta l'anti-santo Argüello, se non pratichi il peccato? Mica ti puoi tenere i peccati nella mente, li devi praticare altrimenti non vale, non si vede "il tuo vero te". E questo succede pian piano, nemmeno te ne accorgi. Anzi, talvolta ne vai fiero perché ti mostri agli altri senza maschere, così come sei.
    Fosse mai che il tuo "vero te", conoscendoti, sia che riscontri delle doti positive. Sempre vizi negativi devono essere, e li devi accettare e mostrare agli altri, contagiandoli.

    Lì non vale l'assunto "condanna il peccato ma non il peccatore", perché il peccato non va condannato, ma "accettato". Accetta di essere peccatore, considerati il peggiore di tutti.
    Lo dice Argüello nel mamotreto del II scrutinio, in un'immagine subliminale alquanto terrificante:

    "Quando leggete sul giornale che un uomo ha infilato il coltello ad un altro, credete che lo volesse uccidere? No, fratelli, non se ne era reso conto. E quante volte sei stato nel tuo matrimonio tentato di prendere il coltello?... Ti può capitare che una frase detta ti faccia uscire fuori dai gangheri e quando ti sei reso conto là davanti a te c'è il sangue...Tu questo lo leggi ogni giorno sul giornale: ma pensi che questo capiti agli altri, tu non c'entri in questo: è la CECITÀ che esiste in tutta la società."

    Fino a questo si spingono gli esempi dell'anti-santo.
    "Ti può capitare che ammazzi (fisicamente) qualcuno. Se non ci credi sei cieco. Ma non volevi uccidere, non te ne eri reso conto, tranquillo."

    Ma perché non sono scappato prima?
    Marco

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    1. Quanto dice Marco basterebbe già a far capire quanto diabolica è la setta neocatecumenale.

      Infatti il madornale errore del Cammino sul peccato e sulla grazia consiste nello svilire quest'ultima proclamando che "l'uomo non può non peccare". Invece l'uomo sforzandosi e con l'aiuto della divina grazia può davvero "non peccare", nel senso di "peccare di meno (o meno gravemente)", nel senso di evitare di infognarsi in certi peccati (non necessariamente quelli "molto scenografici" come omicidi aborti risse divorzi discoteche eccetera).

      Ma nel neocatecumenalismo c'è di peggio: è l'idea della salvezza da ottenere scendendo negli abissi del peccato. È l'idea strampalata secondo cui la divina grazia sarebbe un fattore "quantitativo", cioè per ottenere "più grazia" occorrerebbe peccare di più per poi pentirsi. (Come a dire che per guidare bene l'auto devi prima provocare molti incidenti)

      Il che, capirete, è profondamente falso, perché sarebbe come dire che Dio vuole che lo offendiate.
      È inutilissimo e dannoso questo "conoscersi" («diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male», come disse il Tentatore con una piccola menzognuccia), è questo inutile e dannosissimo «toccare il fondo» (cioè crogiolarsi in peccati da cui prima si stava giustamente alla larga). Diabolicamente, i cosiddetti "catechisti" ti stanno invitando a sforzarti di peccare, in modo che tu abbia finalmente qualche Storiella Interessante da Raccontare a proposito del Toccare il Fondo... Oh, certo, a parole non ti hanno esplicitamente comandato di peccare, ma te lo fanno capire, "è per il tuo bene" (proprio quel che ti direbbe il demonio, te lo dicono i cosiddetti "catechisti", continuamente, per anni, decenni)...

      Una scrittrice cattolica annotava che «per avere un'adeguata conoscenza del diavolo, basta resistergli». E quindi, aggiungiamo noi, per conoscere veramente sé stessi, è sufficiente fuggire le occasioni di peccato, e confessarsi frequentemente (quanto suggerito dal proprio confessore abituale). Uno arriva a conoscere i suoi limiti solo se si sforza di resistere (e di rialzarsi quando cade). La bidonata del kikismo-carmenismo è che vi indica la strada sbagliata: per conoscere voi stessi non c'è alcun bisogno di "scendere" nel peccato; al contrario, più lo evitate, e più scoprirete quanto siete bisognosi della misericordia di Dio, e più otterrete forza dai sacramenti. Inanellando azioni virtuose, frequenza ai sacramenti, opere buone, preghiera, resisterete meno all'azione salvifica della grazia, cioè otterrete esattamente quel che il Cammino vi proponeva col metodo sbagliato.

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    2. chi è questa scrittrice cattolica? Nome e cognome, please........

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    3. Voglio assecondare il raglio dell'asino delle 7:31.
      Si tratta di Flannery O'Connor (1925-1964).
      L'asino delle 7:31, che di domenica mattina si alza presto per leggere questo blog e farsi venire il solito travaso di bile, non è interessato a conoscere le opere di quella scrittrice, ma solo a ragliare quanto più forte possibile... e a giudicarla severamente pur senza conoscerla. Proprio come i tipici "frutti del Cammino".

      L'aspetto ironico della questione è che la verità resta tale anche quando la maggioranza assoluta si rifiuta di riconoscerla. Anche il più tonto e ignorante della folla aizzata dai farisei reclamò la crocifissione di Gesù pur sapendo che si stava condannando un innocente. E chissà se qualcuno di loro si sarà morso la lingua nel gridare "non abbiamo altro re all'infuori di Cesare": non solo condannavano un innocente ma per condannarlo onoravano addirittura colui che consideravano il loro persecutore ("Cesare", nel senso dell'imperatore straniero, dell'invasore, del nemico).

      Così pure i neocatekikos: pur di andar contro il "nemico" indicato dai loro cosiddetti "catechisti", sono prontissimi a prendersela con gli innocenti e a sostenere i nemici della fede (cfr. il caso dei kikolatri a Guam che hanno eletto a governatore la candidata abortista; ma anche il caso dei kikolatri italiani che pur di fare un dispettino al Gandolfini - che è dei loro - hanno spezzettato il voto in ogni modo... l'idolatria, letteralmente, rincitrullisce).

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  7. A proposito del fatto che la spina nella carne do san Paolo non fosse un peccato:
    San Tommaso d'Aquino, nel commento al Padre nostro, scrive:
    "È il mezzo efficace e utile per ottenere tutto ciò che desideriamo.
    Lo ha promesso Gesù: “Tutto quello che domandate nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi sarà accordato” (Mc 11,24).
    Se poi non veniamo esauditi, è perché non ci atteniamo alla esortazione del Signore di “pregare sempre, senza stancarsi” (Lc 18,1).
    Oppure perché non chiediamo quello che è meglio per la nostra salvezza, come dice S. Agostino: “È buono il Signore, il quale spesso non ci dà quel che vogliamo, per darci quello che dovremmo preferire”. Ciò si riscontra in S. Paolo, che per tre volte chiese di venire liberato da una spina nella carne, ma non fu ascoltato (cf. 2 Cor 12, 7)."

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    1. Dice san Paolo che "per ben tre volte" ha pregato Dio di liberarlo. Può sembrare strano invece che solo per tre volte Paolo abbia chiesto a Dio di togliergli quel tormento che pregiudicava la missione stessa che gli era stata affidata. A meno che non confrontiamo la preghiera di Paolo a quella di Gesù nell'orto degli ulivi: Padre, allontana da me questo calice. Gesù non reitera questa richiesta e si affida alla volontà di Dio. Paolo la ripete invece per tre volte, prima di accettare che questa sofferenza è necessaria e voluta da Dio per il suo bene. Anche questo dimostra che non si tratta di un peccato e nemmeno di una cattiva inclinazione caratteriale, come vorrebbe farci credere Kiko, a cui fa gioco farci credere in un san Paolo superbo ed iracondo.

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  8. Amici asini raglianti zucconi neocatecumenali! E pure Puntini! Visto che Kiko proietta la sua puzza e la sua ira su San Paolo, siete autorizzati a proiettarvi pure voi! Cosa è per voi una spina nella carne?
    1. Le zecche
    2. Una spina vera e propria, che quando poi il fratello di comunità te la leva con le pinzette, poi ti ci affezioni e non lo molli più un attimo, anche se ti ha detto mezz'ora fa che doveva andare a casa.
    3. La catechista neocat fanaticona che ti soffia "l'ospiritoh" sul collo, commentando ogni tua singola azione e parola - e cioè, questa spina nella carne in realtà è sinonimo di altre espressioni moderne, tipo che cominciano con "una pigna nel" o "un criceto attaccato a"
    4. Risposta libera a piacere

    FungKu. Per me è il basto, che essendo che me lo hanno legato male, è tutto il giorno che mi indolenzisce le costole.

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  9. EROS:
    il "Catechismo for dummies" dice che non tutti i peccati sono mortali, come invece dici tu: i sono anche quelli veniali.
    Tu stai facendo una grande confusione: tra i peccati attuali, e tra il peccato originale e quello attuale.

    Il peccato originale è stato mortale per Adamo ed Eva, e ha avuto conseguenze mortali anche per i loro discendenti nel senso che hanno loro precluso le porte del Paradiso, non nel senso che sarebbero andati tutti all'inferno. Per andare all'inferno occorre un peccato mortale personale.
    Un bambino morto subito dopo la nascita anche senza la redenzione operata da Cristo non sarebbe andato all'inferno! E come avrebbe potuto? Sarebbe andato in una sorta di "paradiso terrestre", cioè avrebbe goduto di un premio secondo la natura umana, ma non della visione beatifica, di cui nessuno ha diritto secondo la propria natura e che solo la grazia soprannaturale può conferire.

    Ma Gesù ci ha redendo ridonadoci la grazia ma, dopo il battesimo, possiamo ancora peccare: se il peccato è mortale, allora viene la grazia viene a mancare e, se non ci si riconcila con Dio si va all'inferno, se invece il peccato è veniale si rimane in comunione con Dio.

    Tu non parli secondo il Papa, ma secondo Lutero

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  10. Spina è l'acronimo di :

    Solo Prosaiche Idee Neocatecumenalmente Assurde

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  11. Oggi é la festa della Santissima Trinità, cioè :

    Padre = Kiko
    Figlio = don Mario
    Spirito Santo = Ascension

    tre persone uguali, perché sono il Tripode del Cammino, e distinte, del tutto intercambiabili.

    Ecco il mistero del dogma, spiegato in modo semplice

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    1. "Trinità" imperfetta; don Mario è inesistente.
      Ruben.
      ---

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    2. Se è per questo, anche la signora Ascensión è inesistente, visto che è stata assoldata solo come ripetitrice a pappagallo dei soliti slogan.

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  12. La santità è un modello, anzi "il” modello, di bellezza di una creatura umana. Per poter progredire in una causa di santità bisogna ricercare nei connotati dei candidati quelli del Vangelo, perché ogni cristiano possa vederli come testimoni credibili e soprattutto imitabili. Ripeto: imitabili. In questo caso il processo deficita perché Kiko, piuttosto che adattarsi all'esempio dei Santi, adatta i Santi alla sua personalità. In definitiva: regola l'indole e il temperamento dei seguaci di Cristo a quelli dei suoi catechisti. Egli plasma delle personalità colleriche che vantano, senza confini o dignità, peccati e vizi proprio come è uso fare nelle comunità nc. Insomma, sulla bocca di Kiko i Santi divengono dei narratori acuti di catechesi kikiane (dunque non ci stupisce che secondo la loro disastrosa concezione Carmen sia da ritenersi Santa nonostante la sua infedeltà evangelica).

    Neocatecumenale:
    - "Sono indegno perchè sono debole";
    - "sono un verme, un vizioso, un superbo perché sono debole";
    - "La mia debolezza è il peccato".

    Sentimenti e parole guidati dalla dottrina di Kiko. In sintesi: "se non ammetti d'essere un debole, un peccatore senza soluzione, sei un superbo!"

    In quell'ambiente adulterato non si fa alcuna distinzione tra peccato e debolezza, eppure essa sussiste! Queste due realtà non sono intrinsecate - infatti non possiamo semplicemente pentirci delle nostre debolezze, né le debolezze di per sé ci rendono impuri. Non possiamo crescere spiritualmente senza rigettare il peccato, tuttavia, non possiamo crescere spiritualmente nemmeno senza accettare la nostra condizione di debolezza umana, reagire a essa con umiltà e fede e imparare a confidare in Dio mediante le nostre debolezze' -. Kiko e Carmen hanno volutamente confuso e coniugato gli argomenti divenendo loro stessi, per i loro adepti, quella "spina nella carne" e quel demonio descritti nell'interpretazione argüelliana.
    San Paolo, nominato, manipolato e falsicato sovente da Kiko, nella realtà sapeva perfettamente che bastava essere amato da Cristo! Il coinvolgimento nella debolezza e nella forza del mistero pasquale era la sua soddisfazione. Paolo vede nelle debolezze, nelle malattie, negli impedimenti quella partecipazione alla debolezza di Dio della crocifissione, mica qualcosa di deviante che concerne il vizio o che scaturisce quella superbia la quale, invece, allontana da Dio!

    Giro di esperienza, scrutinio, Professione di Fede e chi più ne ha più ne metta (siccome questi momenti di assoluta confidenza pubblica sono molteplici in cammino) sono costellati di questi concetti travisati che sconfortano gli animi: "ero un giocatore incallito, il cammino mi ha salvato, oggi capisco lo schifo che ero e riconosco le mie debolezze (debolezza=peccato) accettandole". Tradotto: "non sono più il giocatore d'azzardo d'un tempo, perché il cammino scoraggia tutto ciò che può impegnarmi allontanandomi da esso o che possa 'sequestrarmi' quei soldi che dovrebbero finire piuttosto nel sacco nero, ma è radicato in me il concetto principe e fondamento del movimento nc.: 'il peccato è essenziale e inevitabile'".
    Insomma, la confusione vigente nella setta è un bel guaio per la mente e la coscienza dell'affiliato, in particolar modo sotto il profilo del pentimento. Ed è grave se pensiamo che pentirsi sinceramente cambiando la propria mente, il proprio cuore e il proprio comportamento; offrendo scuse adeguate o confessando; riparando al danno arrecato dove possibile; e non ripetendo tale peccato nel futuro, possiamo accedere all’Espiazione di Gesù Cristo, essere perdonati da Dio ed essere purificati di nuovo tramite il Sacramento della Confessione'; un Sacramento che in cammino viene sminuito e offeso da una "penitenziale" inconcepibile.

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  13. La grave confusione viene dalla voluta sovrapposizione fra la concupiscenza, cioè la tendenza al peccato che la natura umana soffre anche dopo il battesimo l'adozione a figli e la liberazione dal peccato originale, il peccato veniale ed il peccato mortale.
    Quando il catechista neocatecumenale dice: potremmo essere tutti assassini (tendenza al peccato, che non è ancora peccato) infatti abbiamo pensato male del fratello (peccato veniale) ergo siamo tutti assassini, esattamente come quel tal delinquente efferato (peccato mortale) sta equiparando tre situazioni diversissime; per le prime due infatti si può essere ancora in grazia, per la terza si rischia l'inferno e non si è più in grazia.
    Questa "semplificazione" nasce direttamente da Lutero, per il quale la concupiscenza è già peccato imperdonabile, perdonato solo per la grazia di Dio; per Lutero della comunione dei santi fanno parte così anche i peccatori, anche quelli che per la dottrina cattolica NON sono in grazia. Ed è naturale che possa essere così, perché l'aver abolito il sacramento della confessione lascia ciascuno esclusivamente al giudizio e all'arbitrio della propria coscienza e, per i casi più gravi, al giudizio della comunità.
    Quindi l'estrema confusione che Kiko dissemina, il concetto di peccato omogeneizzato, per il quale il genitore di una vittima del pedofilo, se ritiene di denunciarlo, è colpevole davanti a Dio e alla comunità più del pedofilo stesso, chi critica il catechista che abusa della raccolta delle decime fruendone a proprio favore pecca quanto è più del corrotto, produce quella situazione, di cui molti non sono responsabili, perché in parte hanno dimenticato la dottrina cattolica, in parte si sono fatti convincere da dottrine che si spacciano addirittura per "super" cattoliche, che porta a questa confusione etica e morale suprema.
    L'obbiettivo è uno: tenere sotto il proprio controllo le persone. Perché chi non sa più cosa è giusto e cos'è sbagliato, quando ha peccato e quando non ha peccato, è molto più fragile e molto più ricattabile, perché senza che un catechista gli dica cosa deve pensare di se stesso, della famiglia, della vita e del mondo, è completamente perduto, senza alcun strumento di giudizio. Anche perché gli è stato insegnato che la Chiesa è rimasta "'indietro", a questo proposito. Se almeno studiassero un po' Lutero, si accorgerebbero con orrore quanto queste "belle novità" vengano dalla Riforma protestante. Motivo per cui invito Eros e altri a leggere Lutero, più che il Catechismo della Chiesa Cattolica: troveranno così tutto ciò che gli è stato insegnato e forse avranno più strumenti di comprensione.

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  14. Chi si scandalizza del peccato, anche di un Santo, si scandalizza della croce di Cristo. Non capisce l'urgenza del suo sacrificio, ed è pieno di sè.
    Eros

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    1. Ariecco i trucchetti della parlantina neocatecumenale:
      - mettere tanta carne a cuocere, troppa, voler estenuare gli interlocutori
      - esalare paroloni altisonanti senza comprenderne il senso, raffazzonandoli senza motivo né logica
      - insinuare che i lettori di questo blog sarebbero più asini come lui e che avrebbero da difendersi dai giudizi temerari che lui lancia.

      A parte il fatto che l'espressione "scandalizzarsi del peccato" può significare diverse cose, qui nessuno è così asino da "scandalizzarsi del peccato di un santo" (che poi cosa diavolo significa? se è la Chiesa ad aver riconosciuto la santità, non c'è nulla da "scandalizzarsi"; anche Francesco d'Assisi fu peccatore prima di convertirsi, e addirittura il Buon Ladrone si convertì solo in punto di morte).

      E poi che c'entra il "pieno di sé"? Non c'entra niente, così come il "non capisce l'urgenza", al pari di "si scandalizza della croce"... Come vedete, sono tutti termini che nel gergo neocatecumenale sono intesi a insultare, sottilmente insultare: è solo la foga tutta neocatecumenalizia di giudicare l'anima degli altri partendo non dai fatti (qui nessuno si è "scandalizzato del peccato") ma partendo dalle ipotesi che più fanno comodo (il fratello Eros vuole insinuare che noialtri ci si scandalizzerebbe del peccato, e ancor prima di poter capire se ciò è vero o no, ci insulta: "siete pieni di voi! non capite l'urgenza del sacrificio! vi scandalizzate della croce!" - ovviamente trasponendo i verbi alla forma impersonale, per non farsi notare come giudicatore ossessivo-compulsivo).

      E nel frattempo il Cammino Neocatecumenale continua a professare eresie, a compiere sacrilegi eucaristici, a calpestare la vita spirituale e materiale dei suoi adepti... Ma il fratello Eros si guarda bene dal prendere posizione su queste cose... è convinto che se riesce a ingannare noi, avrà ingannato anche Dio.

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    2. Perché?
      Forse Cristo aveva peccato?

      Non fu forse Gesù che disse: "Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare. Guai al mondo per gli scandali! È inevitabile che avvengano scandali, ma guai all'uomo per colpa del quale avviene lo scandalo!"

      E non fu sempre Gesù che portò con sé in paradiso il ladrone pentito e nulla fece per quello impenitente?

      E come si darebbe scandalo, se non attraverso il peccato?
      Il peccato è scandaloso, nel senso che è un ostacolo alla fede e alla salvezza.

      Il termine "scandalo" va inteso nel senso corretto, non come si è soliti fare nel neocatecumenalesimo, alterandolo o facendo finta di capire fischi per fiaschi.

      Come dice il teologo cappuccino Andrzej Derdziuk:

      "Lo scandalo scaturisce dall’omissione oppure dall’azione che influisce negativamente su altri e provoca l’abbandono del bene da parte loro. Così lo scandalo può condurre all’abbassamento della vita morale e costituire la giustificazione per peccare.
      Etimologicamente la parola latina scandalum proviene dall’offendiculum, che significa l’ostacolo messo sulla via. Il termine include le parole e le opere che creano al prossimo la possibilità di una caduta spirituale. Nello scandalo la sostanza è costituita dal dare l’occasione, perciò ha un valore morale oggettivamente negativo, anche se l’altra persona non commette il peccato.
      Lo scandalo è il reato contro l’amore del prossimo e contro la giustizia, che obbliga a dare un buon esempio, specialmente quando un individuo svolge la missione di guida o di responsabilità di qualsiasi gruppo o società. Questo è anche un crimine contro la cura della bontà spirituale dell’altro...
      Non accettando il peccato, un frate minore dovrebbe fuggire dal giudizio del peccatore: «Al servo di Dio nessuna cosa deve dispiacere eccetto il peccato."

      Credo che Eros volesse rispondere a me, che ho scritto: "Abbassa la soglia di "scandalo" del proprio peccato". "Scandalo" tra virgolette.

      Se non si prova ripugnanza per il proprio peccato è difficile pentirsi veramente, la confessione è solo un paravento per chi, veramente pieno di sé, tratta il peccato come effetto collaterale dell'essere persona e, in quanto tale, ne annulla l'importanza venefica per la propria salvezza.

      Quante volte nel Cammino si è sentito dire con leggerezza: "Eh, che vuoi, son fatto così, sono iroso, ozioso, lussurioso, egoista..." senza che vi fosse la minima intenzione di combattere questo peccato perché fa tutto la "sola grazia".
      Chi adotta questo atteggiamento superficiale verso il peccato, non potrà mai provare vero pentimento e quindi non potrà accedere alla grazia.
      Marco

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    3. I fratelli del Cammino che passano le intere giornate su questo blog, dalla mattina presto alla sera tardi, è come se lo considerassero un social network adatto al loro autolesionismo idiota. Dopo che per una vita intera sono stati gratuitamente e arbitrariamente calpestati e insultati dai loro cosiddetti "catechisti", hanno finito per credere che la loro vita sociale consista nell'ottenere attenzione da chi può aver buoni motivi per smentirli, deriderli, insultarli.

      E allora si spiega perché mai vengono qui a sciorinare sempre le stesse omelie laicali campate in aria, slogan che sono stati smentiti e sbugiardati mille volte su questo stesso blog, insulti contro chi non loda il loro idolo in modo che gli insultati glielo facciano notare: godono nel venir sgridati, provano un insano piacere nel venir rintuzzati, rimproverati, sbufalati, perfino derisi e insultati. Godono tantissimo a sentirsi chiamare asini, e ragliano ancora più forte perché vogliono sentirselo ripetere ancora, e ancora, e ancora... A costo di darci continuamente occasione di mostrare che il Cammino viene dal demonio e che Kiko e Carmen sono «i nuovi falsi profeti».

      E il paradosso è che il tipico fratello di comunità neocatecumenale, anche se meno estremo di loro, ragiona allo stesso modo. Dopo aver azzeccato una figuraccia da mentitore davanti al Santissimo Sacramento, va ad esibirsi alla convivenza kikiana dicendo: "sono stato insultato e aggredito e vilipeso perché evangelizzavo" (dove "evangelizzare", nel gergo neocatecumenale, significa solo "tentare di diffondere la kikolatria nella Chiesa cattolica").

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    4. Può darsi che questo accada perché nel Cammino si predica di "cercarsi le umiliazioni", attribuendolo ai Padri della Chiesa.
      È un altro modo per indurre le persone a vivere sotto la cappa neocatecumenale.

      Un conto è accettare le umiliazioni quando arrivano, un conto è andarsele a cercare.
      Il primo è segno di fede, il secondo è segno di squilibrio.

      Ma nel neocatecumenalesimo è talmente diffuso che i catechisti laici possano impunemente e ingiustificatamente umiliare i propri catecumeni, che per convincerli si predica che è bene addirittura andarsi a cercare l'umiliazione.

      So di un catechista importante della primissima ora che Kiko chiamava sempre e continuamente "cretino".
      Più volte ha raccontato che questa cosa era talmente abituale che addirittura Kiko gli chiedeva: "Cosa sei tu?" e ridendo il povero ingannato rispondeva: "Un cretino!".

      Il poveretto pensava che essere chiamato continuamente cretino davanti a tutti gli provocasse una santa umiliazione, e per dimostrare di accettare questa umiliazione ci rideva su.
      Non credo abbia mai pensato nemmeno solo per un momento che la continuità di questo appellativo non era atta ad abituarlo alle umiliazioni, ma ad innalzare Kiko e sottomettere lui.
      Se infatti fosse accaduto il contrario, e cioè che il catecumeno avesse chiamato costantemente cretino Kiko, non credo proprio che l'anti-santo l'avrebbe accettato, visto che si ritiene super intelligente come un genio (e pure lo dice).

      È come quando Kiko chiama borricos i suoi catecumeni perché ipotizza che non abbiano fatto le letture che ha fatto lui. Si ritiene superiore, altro che andarsi a cercare l'umiliazione.

      Hanno uno strano concetto di umiltà.
      Una volta il mio catechista disse: "L'umile è colui che quando il catechista gli fa un sorrisino è tutto contento...".
      Pensai subito a San Paolo tutto contento perché San Pietro gli aveva fatto un sorrisino e mi cascarono le braccia.
      Ma anche questo è un modo distorto di predicare l'umiltà, legandola alla mancanza di autostima e alla piena sottomissione ai laici che comandano e umiliano per sottomettere .
      Per completezza testimonio che quando ebbi degli screzi con la moglie di questo catechista e la chiamai squilibrata, quella se l'è legata al dito e da allora in poi non mi ha più nemmeno salutato. Alla faccia dell'umiltà e dell'andarsi a cercare le umiliazioni.

      Si lasciano dire cretino e borrico dal loro guru, ma se qui o altrove li chiami asini si sentono offesi...
      Marco

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  15. Un santo non è impeccabile, soprattutto non è esente dal peccato veniale e involontario. Quindi non ci scandalizza certo il peccato del santo: anzi, devo dire che a volte ci scandalizza "cosa" il santo consideri peccato... imperfezioni che ai nostri occhi non sono neppure visibili, ma che la coscienza scrupolosissima dell'eletto in questione individua come tali.
    Per i santi, o almeno quelli che siamo abituati a considerare tali, il peccato mortale abituale può far parte della vita prima della conversione, non della vita successiva; altrimenti la loro esistenza non potrebbe esserci presentata a modello.
    Naturalmente ogni santo ha dei difetti caratteriali (chi non ne ha?) ma la sua stessa vita deve essere per noi la dimostrazione di un fatto: che è possibile vivere in grazia e nell'amicizia di Dio, anche in presenza di prove grandissime, addirittura della notte spirituale che caratterizzò in molta parte l'esistenza di madre Teresa di Calcutta (beninteso: una notte di cui nessuno si sarebbe accorto dall'esterno se lei stessa non l'avesse rivelata, non un disagio spirituale e comportamentale marcato e visibilissimo a tutti come quello di Carmen Hernàndez).
    Contro questo modello di santità, detta "da calendario" o "da immaginetta", Kiko si è sempre battuto, ritenendola inattuabile, o ipocrita o non so che altro, visto che Cristo secondo lui non poteva essere un modello da seguire per nessuno.
    Così ha trasformato la ricaduta nel peccato grave e mortale in una fase necessaria e ha tacciato come superbi e pieni di sé coloro che in tutti i modi la evitavano.

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  16. Mi scusi ma io vorrei capire una una cosa riguardo al secondo passaggio... Ho fatto anno scorso con la mia comunità...ho fatto lo scrutinio davanti ai miei fratelli e poi senza spiegazioni mi anno messo indietro un una comunità dietro, e otto mesi che sono lì è questa comunità dovrebbe fare la tappa dello schaman e i catechisti non mi dicono se rientrare o fare lo schaman... Ho chiesto io allora una volta fermata e mandata indietro come mai io ho sempre seguito il cammino e fatto sempre ciò che i catechisti dicevano e fratelli che non anno detto nulla delle loro vite e tanto meglio non fanno il cammino come si deve... Io ad oggi mi faccio tante domande e ancora cosa faccio indietro...

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    1. Il secondo scrutinio del Cammino Neocatecumenale è il momento in cui ti obbligano a "pagare la Decima", cioè l'obbligo perpetuo di versare il 10% di tutti i tuoi guadagni al Cammino, in più a tutte le altre tangenti, gabelle, raccolte fondi, richieste di soldi, eccetera. In qualità di "fratelli di comunità", siete solo dei polli da spennare, pedine su una scacchiera, burattini che devono recitare una parte.

      Per il resto è inutile andare "avanti" anziché "indietro", perché in entrambi i casi non ne ottieni nessun beneficio, né spirituale, né materiale, rispetto ai cosiddetti "cristiani della domenica" che tanto disprezzate.

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    2. Bello lo shaman... sa di sciamanico!
      Seriamente: ha ragione Tripudio, l'effetto della bocciatura sarà probabilmente un risparmio nella decima che la persona che ci scrive avrebbe dovuto pagare per otto mesi, null'altro.
      Poi, un'altra conferma: a volte gli ex sono persone che credono di aver capito tutto meglio degli altri del Cammino, di aver fatto scrutini magistrali mentre gli altri hanno mentito, sono stati superficiali eccetera. Quindi escono per orgoglio ferito, per essere stati rimandati, proprio loro, i più degni imitatori di Kiko, non per aver capito effettivamente i propri errori prima ancora di quelli altrui. Sono dei "primi della classe", i fratelli brindano e tirano sospiri di sollievo quando finalmente se ne vanno; purtroppo poi vanno a far danni in parrocchia e ovunque.

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    3. Fai un regalo a te stessa e smetti di andare in comunità. Una persona non merita di essere giudicata da perfetti sconosciuti senza neanche un minimo di preparazione nè investitura da parte della Chiesa.

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    4. Io capisco lo sconcerto di Anonimo 13:27.
      Come catechisti, quando bocciavamo qualcuno, non davamo molte spiegazioni.
      "Vediamo che non sei pronto/a" era la frase classica. Poi rassicuravamo che non era una punizione, ma per il suo bene.
      Oggi mi rendo conto che tuttavia, l'assenza di spiegazioni è segno che non si tiene in conto la persona, reputandola indegna di sapere.
      Perché le motivazioni c'erano, benché arbitrariamente determinate da noi catechisti "a sensazione", che nel gergo neocatecumenale vorrebbe dire "secondo illuminazione".

      Per taluni non si tratta nemmeno di aver capito tutto, ma di essere troppo obbedienti, magari per natura, per ingenuità o forse chissà perché...
      Poi quest'obbedienza si ritorce loro contro, perché come disse una volta una catecumena doc "le regole sono fatte per essere infrante", e nel Cammino normalmente progrediscono coloro che le infrangono perché dimostrano le loro incapacità ed il loro bisogno di essere costantemente catechizzati.

      Non so perché Anonimo sia stata bocciata, ma il silenzio dei catechisti riguardo al suo futuro mi conferma che non reputano così importante metterla al corrente.
      Comunque, qualsiasi sia la sua situazione, credo che possa costituire un bell'incentivo ad andarsene e sottrarsi alle grinfie di chi sta disponendo della sua fede e della sua vita senza alcuna direzione spirituale, nel silenzio più totale.
      Siccome non è una ex ma è ancora agli inizi, si risparmierebbe un bel po' di tirannie future.

      Anonimo, non chiederti "cosa faccio ancora indietro", ma "cosa faccio ancora nel Cammino", vedrai che giungerai a miglior conclusione.
      Marco

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    5. Il secondo scrutinio del Cammino Neocatecumenale è una pratica segreta, infarcita di abusi psicologici ed economici, agiti contro i malcapitati fratelli di comunità.

      Il secondo scrutinio è anche uno dei numerosi aspetti per i quali il Cammino Neocatecumenale può essere considerato una setta e non un semplice gruppo religioso come tanti - e tantomeno come "il-vero-modo-di-fare-Chiesa" come pretendono i catechisti.

      A questo link una lista di post di questo blog, per saperne di più sul secondo scrutinio.

      A questo link, invece, una serie di post sugli aspetti settari del Cammino Neocatecumenale.

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    6. Figurarsi che a me i catechisti mi hanno rimandato indietro già durante le catechesi iniziali, motivo per cui, non solo non sono entrato nel Cammino ma le catechesi che mi mancavano me le ha raccontate tutte FAV, che ancora non era fanatico come adesso e quindi mi ha spiegato gli arcani di Abramo, quelli di Costantino e quelli del paganesimo della domenica.

      FungKu. Eih FAV, come va? Hai visto, quest'anno la tua Sangiorgese è andata meglio della Sampdoria, ha avuto pure la medaglia ricordo! Vediamo l'anno prossimo.

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  17. Questi sono i commenti che vi piacciono. La confusione. Che viene dal demonio

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    1. Hai sbagliato verbo. "Piacciono" riguarda gusti e opinioni. Qui non si tratta di gusti e di opinioni.

      Qui si tratta di testimonianze di fratelli del Cammino che si vedono trattati come pedine su una scacchiera, come polli da spennare, come bestie da movimentare qua e là senza spiegazioni né chiarimenti.

      È la realtà del Cammino che a voialtri piace nascondere. Come se voi foste di quelli che la Decima non la danno ma la prendono, come se foste quelli che nel Cammino hanno costruito il loro piccolo impero - "responsabili", "catechisti", "ostiari" e cos'altro - e quindi avete il terrore che tale vostra "gloria" terrena personale possa svanire insieme alla setta, quando irrimediabilmente cadrà (e cadrà molto presto, perché è opera di mani d'uomo, è destinata a perire, e Kiko per tutta la sua vita ha fatto letteralmente di tutto per non garantirsi un valido "successore", e voi lo sapete bene).

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    2. Se per questo di "confusione" voi cnc siete maestri in Israele

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    3. Confusione è l'acronimo di :

      Certi Orridi Neocatecumenali Falsificano Umani Strafalcioni Includendo Ogni Neocatecumenale Eresia

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  18. Ho avuto del Cammino una lunga esperienza, finita malamente come per tanti di voi. In quegli anni ho avuto modo di conoscere bene come funziona la conduzione del cammino, anche perché ho fatto, da catechista capo-équipe, numerosi secondi scrutini, secondo le consegne ricevute  dai miei catechisti, itineranti catecumeni di Kiko e Carmen. Tutto era molto ben definito.

    Oggi sento il dovere di fare qualche precisazione a proposito della valutazione dei singoli fratelli e della comunità nella fase successiva agli scrutini, in particolare quando al II Scrutinio si fermano alcuni fratelli che non si considerano pronti per il passaggio del sale e della rinuncia ai beni, nel quale riscontro alcune inesattezze.

    Terminati gli scrutini ci si riuniva in équipe per valutare ogni singolo fratello, valutare il cammino complessivo della comunità, cioè se fosse matura o meno per passare al catecumenato vero e proprio.

    Ci si incontrava poi col parroco e con lui si decideva tutto definitivamente,  compresi quali fratelli avevano bisogno di un tempo in più di cammino per poter vivere il rito.

    Non si parlava mai di bocciatura. Era espressamente detto dagli itineranti che non si doveva mai dire al fratello in questione 'sei bocciato', non era questo il senso. Il discernimento non era inteso 'a senso', come un sentire quasi magico.

    I catechisti erano tenuti a incontrare privatamente il fratello che ritenevano andasse fermato proprio per dare a lui le ragioni e valutare le sue reazioni. Mai si sparava la decisione addosso al fratello ignaro davanti a tutta la comunità.

    Men che meno veniva penalizzato il più 'obbediente' alle consegne di Kiko, quello che - solo - faceva il cammino come si deve.

    Come già detto, i miei catechisti erano itineranti storici e, essendo la mia esperienza iniziata nel primo decennio del cammino, ci si conosceva tutti, anche di altre zone d'Italia. E tutto era perfettamente uguale ovunque. 

    Ecco qua. Anche se il cammino è, di per sé, un ente mostruoso, nelle comunità esistono anche fratelli di buon cuore. Sicuramente dipende da chi è il catechista e qualcuno, forse, ha lasciato anche del bene dietro di sé. Questo solo consola, quando tutto è miseramente finito, come è finito.

    Un catechista pentito

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