lunedì 30 giugno 2025

La crisi della Chiesa, cioè il Cоncilio Vaticаnо II

Immagine molto sgradita ai kikolatri

1. La Chiesa sta attraversando una crisi di fede, cioè il Cоncilio Vaticano II e le sue conseguenze.

Piaccia o non piaccia, è indiscutibile che nell'epoca "preconciliare" le vocazioni abbondassero, che le liturgie fossero per gran parte celebrate con la dovuta dignità e sobrietà (dovute a Nostro Signоre, visto che la liturgia è intesa ad essere "il cultо a Dio gradito"), che i cattolici fossero molto più "praticanti" di oggi, che la voce della Chiesa risultasse autorevole anche per i "tiepidi" e persino per i nemici (Stalin chiese sarcastico quante divisioni avesse il Papa, visto che i capi di stato non riuscivano a non tener conto dell'autorità di Pio XII), ecc.

È indiscutibile che il Cоncilio Pаstоrale "Vаticanо II" sia stato la risposta sbagliata al momento sbagliato. Risposta "sbagliata", poiché anziché definire dogmi e condannare errori, ha parlato di tante (troppe) cose e in maniera "pastorale" (cioè non vincolante per la fede), addirittura in modo ambiguo (è il Conciliо dei "tuttavia", la magica parolina che consente di affermare una cosa e poi lasciar spalancata la porta a chi volesse affermare il suo contrario), prestandosi ad essere l'alibi e il grimaldello per tutti gli aspiranti "rivoluzionari" (inclusi i due eretici spagnoli Kiko e Carmen). Del Vaticano II, "quel che era buono non era nuovo, quel che era nuovo non era buоno".

Fateci caso: quelli che più si richiamano al Vaticano II sono i più allergici alla Tradizione cattolica. Come se ciò che credevano e celebravano giganti come padre Kolbe e padre Pio avesse smesso di essere sacro e grande e dovesse essere improvvisamente proibito. Come se il Vaticano II fosse uno "spartiаcque" fra tutto ciò che c'era prima e tutto ciò che ci sarà domani, come se ciò che c'era prima fosse praticamente tutto da ignorare, da buttar via, da rifiutare, senza altra spiegazione che "eh ma c'è il Cоncilio!": il cоncilio "pastorale" usato per proibire tutto ciò che c'era prima.

2. Questa crisi si vince solo ripartendo da ciò che "funzionava", e cioè dalle cose cosiddette "preconciliari".

Regalini, ricche tavole imbandite, alcool e sigari:
il metodo kikiano per corrompere prelati

Quando a un bivio si sbaglia strada, il ripartire dalle certezze precedenti non è una vergogna, né un disоnore, né un arretrare: è semplice buon senso. I fautori del vaticansecondismo, col loro neo-dogma enunciabile come "indietro non si torna", sono coloro che vogliono coscientemente perseverare nell'errore: l'errore di presumere che "ieri" fosse tutto sbagliato, e "oggi" sia per ciò stesso automaticamente giusto, l'errore di presumere che "Tradizione" sia sbagliata (in quanto di "ieri"), e il "progresso" sia automaticamente giusto (in quanto "progredisce", in quanto di "oggi").

Ciò che per le generazioni anteriori era sacro, anche per noi resta sacro e grande, e non può essere improvvisamente del tutto proibito o, addirittura, giudicato dannoso. (Benedetto XVI)
La Chiesa ha urgente bisogno di ripristinare ciò che per le generazioni anteriori era sacro e grande e che la sosteneva, che non è affatto "superato": la liturgia tradizionale, l'insegnamento della santa dottrina, l'abito ecclesiastico, ecc.

Una setta eretica e idolatrica come il Cammino Neocatecumenale poteva nascere solo in quei formidabili anni in cui tutti gli aspiranti "capi" e "rivoluzionari" si aspettassero dei generici Grandi Cambiamenti dal Cоncilio. Fateci caso, tanti di quei grandi cambiamenti (come il "girare gli altari", come la "comunione sulle mani", come gli eventi "interreligiosi", ecc.) non erano stati richiesti né auspicati dal Vaticano II. Tanta gente, anche nel clero, anche in buona fede, ha "applicato" non il Conciliо Pastorale, ma solo le sue interpretazioni più "rivoluzionarie".

Il risultato è un cristianesimo appiattito, insipido, magari pure caciarone come il neocatecumenalismo, ma fondato su emerite corbellerie dottrinali, su liturgie-cerimoniali spettacolarizzate, su un adeguarsi al mondo, sul dover cimentarsi in "cambiamenti" senza neppure capire il perché. "Eh, padre Pio è bravissimo, ma non possiamo mica celebrare come celebrava lui (la Messa tridentina con la comunione in ginocchio e alla bocca), non possiamo mica parlare come parlava lui (la severità di giudizio su temi di morale oggi "legalizzati" e sdoganati, ecc.).

Inversione dei ruoli:
sacerdote in ginocchio
davanti al laico
che lo "benedice"
3. Per un osservatore esterno, il Camminо Neocatecumenale è la miglior dimostrazione della crisi della Chiesa. 

"Com'è possibile che la Chiesa tolleri una setta come quella neocatecumenale?", è la domanda che tanti cattolici si fanno osservando anche soltanto le storture liturgiche del Cammino, che neppure papa Benedetto XVI è stato in grado di fermare (la lettera del 1° dicembre 2005 con le «decisioni del Santo Padre» è rimasta lettera morta).

Questo significa che oggi, nella Chiesa, oltre alla crisi di fede c'è anche una crisi di autorità. I vescovi e i papi conciliari non hanno corretto gli errori della rivoluzione conciliare (eppure era loro sacro dovere farlo), lasciano che tante anime si cibino di veleni spirituali (come il Cammino), non infliggono punizioni a chi le merita (come il Cammino) solo perché hanno il terrore che si capisca che la propria autorità è riconosciuta solo quando fanno i simpaticoni e distribuiscono trite banalità.

Uno dei più gravi aspetti della crisi "conciliare" è proprio la mentalità  il fatto che qualsiasi critica ad un andazzo sbagliato viene tacciata di essere "preconciliare", "ribelle", "nostalgica", contraria al "progresso" della Chiesa, magari addirittura "scismatica-eretica-sedevacantista" (ai nemici della fede non mancano mai gli insulti, specialmente quando c'è da abusare di termini del lessico cattolico).

4. Alcuni punti fоndamentali degli autoeletti "iniziatori" del Cammino

  • I due autoproclamati "iniziatori" non hanno mai voluto santificarsi ma solo essere "capi"
  • non hanno mai voluto farsi vagliare dalla Chiesa - specialmente riguardo alle millantate "apparizioni" e locuzioni -, ma solo farsi "approvare" in qualche modo
  • non hanno mai voluto santificare sé stessi, ma solo farsi temere, ubbidire, riverire, elogiare, soprattutto farsi pagare profumatamente
  • sono convinti di essere la "vera Chiesa", cioè che la Chiesa cattolica abbia sempre sbagliato (da Costantino fino al Vaticano II, e del Vaticano II sarebbe buona solo la loro sgangherata interpretazione)
  • hanno insegnato emerite corbellerie (che non hanno mai voluto rettificare, neppure di fronte all'evidenza che avevano torto), e promosso una liturgia zeppa di carnevalate e strafalcioni
  • con la scusa di essere "ispirati dallo Spirito", hanno vietato qualsiasi critica ("tu dunque critichi lo Spirito! tu dunque critichi la Bibbia!"). 
     

    L'idolo e la sua claque

martedì 24 giugno 2025

"Nunc cognovimus quia daemonium habes": ora sappiamo che hai un demonio...

Ricordate quell'episodio del Vangelo in cui farisei dicevano "sappiamo che hai un demonio"? Ebbene, ricorda i cosiddetti "catechisti" neocatecumenali. 

Occorre anzitutto spiegare ai nuovi lettori il nocciolo del problema.

Nei primi anni '60 Kiko e Carmen desideravano essere fondatori di una qualche comunità, sentendosi portatori di una qualche imprecisata "novità", come se la Chiesa fosse sbagliata e abbisognasse della loro interpretazione del Concilio per salvarla. Fondarono così quello che sarebbe stato successivamente chiamato "Cammino Neocatecumenale".

Autoproclamandosi "ispirati dallo Spirito" non hanno mai tollerato correzioni, nemmеno sui loro più madornali errori teologici, liturgici, ecclesiali, dottrinali, spirituali, sociali, familiari, eccetera, come se lo Spirito ispirasse errоri, disubbidienze, tracotanza, superbia. "Kiko ha il carisma, chi sei tu per giudicarlo?", cioè nella mentalità neocatecumenale non importa la verità, importa solo l'opinione di Kiko e Carmen, di cui va scimmiottato tutto.

I cosiddetti "catechisti", cioè la gerarchia di pretoriani di Kiko e Carmen, ne sono i ripetitori a pappagallo, e quindi spesso (spessissimo) si ritrovano di fronte a un bivio: ribаdire la dottrina kikiana-carmeniana, o insegnare ciò che insegna la Chiesa? eseguire la volontà di Kiko e Carmen, o compiere ciò che è gradito a Dio? seguire le indicazioni di Kiko e Carmen, o quelle del Papa, dei documenti liturgici validi per tutta la Chiesa, e dello stesso Statuto del Cammino? Calpestare la dignità dei fratelli del Cammino o il proprio egoismo? Ovvio che a seguire Dio anziché Kiko, o a tentennare anche una sola volta, è una catastrofe per il cosiddetto "catechista" neocaetcumenale. Kiko e Carmen non ammettono altro che l'ubbidienza cieca.

Volenti o nolenti i cosiddetti "catechisti" devono far rigare dritto i "fratelli del Cammino" affinché questi facciano crescere il prestigio e i soldi di Kiko, della sua setta neocatecumenale, e dei suoi pretoriani. (Eh sì, perché essere un cosiddetto "catechista" del Cammino comporta un discreto numero di piccoli privilegi, incluso il difendere certe maialate).

Occorre qui far notare che in una qualsiasi normale aggregazione cattolica, piccola o grande che sia, lo scopo dei fondatori è santificare sé stessi e aiutare altri a santificarsi; e tale deve essere lo scopo anche della gerarchia sottostante, e anche del popolino dei seguaci. Se non c'è tale scopo, non si può più parlare di comunità, aggregazione, fraternità, associazione, famiglia religiosa, gruppo, eccetera: si può parlare solo di "setta", dove i fondatori (e i loro emissari) hanno a cuore qualcosa di mondano, non la propria santificazione, e quindi ogni loro azione, insegnamento, pensiero, sarà orientato a come massimizzare soldi, potere, prestigio, e altri lerci interessi, anche se proclamassero continuamente di essere "ispirati", di sentirsi chiamati a "guidare", di dover insegnare certe cose anziché certe altre, di aver "fatto tanto ma proprio tanto"...

Quelli che davvero vollero santificare sé stessi (e contribuire ad aiutare gli altri a santificarsi) sono approdati spesso alla santità. Giganti come don Bosco, padre Kolbe, Teresa d'Avila, Francesco d'Assisi, Alfonso de' Liguori, hanno "fondato" comunità non per un progetto pastorale, non perché bramassero di essere capi e fondatori, ma perché nel loro specifico caso era un indispensabile strumento per contribuire alla propria salvezza personale (altrimenti ne avrebbero fatto volentieri a meno - e persino Francesco d'Assisi era pronto ad azzerare la propria intera opera se il Papa avesse fatto un solo cenno), era un mettere a frutto i particolari talenti ricevuti dal Signore.

Certo, siamo anche abituati alla rara possibilità (accade molto raramente) che un pessimo "fondatore" dia vita suo malgrado ad un'opera tutto sommato buona (come nel caso di Maciel, fondatore dei Legionari), fermo restando che non è merito suo ma solo dei membri di buon cuore che nel seguirlo hanno sempre inteso ravvivare la propria fede e santificarsi secondo l'insegnamento della Chiesa, la Tradizione della Chiesa, e i sacramenti così come la Chiesa comanda di celebrarli.

Nel caso del Cammino Neocatecumenale, invece, i fondatori sono pessimi, in quanto alla base non c'era un desiderio di santificazione ma solo un'evidente avidità, una dimostrabilissima superbia, e un'innegabile brama di potere: si sono alleati perché entrambi volevano sentirsi "fondatori di qualcosa", riveriti, ubbiditi, temuti, e soprattutto pagati (cfr. Kiko che si lamenta che nei primi tempi quando menzionò le Decime i madrileni che aveva attirato a sé scelsero di non seguirlo più: e da allora lui e Carmen hanno escogitato ogni sorta di trucchi e astuzie per rendere inevitabile ai fratelli del Cammino il dover «mollare il malloppo» e ubbidire ciecamente ai dettami di Kiko distribuiti attraverso i suoi fedelissimi "catechisti").

Anche se non avessimo già una vastissima quantità di testimonianze su come i cosiddetti "catechisti" del Cammino hanno sempre calpestato la vita e la dignità dei fratelli delle comunità (se non calpestano hanno già un piede fuori dal Cammino e in brevissimo tempo anche l'altro), avremmo facile certezza che i cosiddetti "catechisti" debbono sempre scegliere fra il proprio tornaconto personale (che passa anzitutto attraverso il gloriare i "fondatori" e procurar loro prestigio e soldi e altri adepti) o l'essere estromessi e additati come "il demonio".

Quella certezza deriva dal fatto che il Cammino è una setta eretica che cerca di spacciarsi per cattolica. Eretica perché insegna dottrine distorte, che si palesano anche in una liturgia piena di strafalcioni, oltre che una vera e propria idolatria per i fondatori. Sono stati proprio Kiko e Carmen a promuovere quelle dottrine e quelle carnevalate liturgiche, spacciandosi per "novità" in campo cattolico e cercando di raggranellare adepti dalle parrocchie. Sarebbe come se l'ultimo iscritto al club degli scacchi decidesse di chiamare "scacchi" il muovere la torre anche in diagonale... ed avesse sufficiente "leva" (di soldi, di raccomandazioni, di protezioni in alto loco) da non essere stato ancora espulso a pedate dal club.



Così si chiarisce dunque quell'espressione usata dai farisei per insultare Nostro Signore e dai cosiddetti "catechisti" del Cammino per dichiarare di aver sempre ragione: "hai un demonio".

I cosiddetti "catechisti", proprio come Kiko, spesso tirano in ballo il "demonio" ("hai un demonio", "il demonio ti ha ingannato", "sei in braccio al demonio"...), ed ovviamente tale "demonio" ingannerebbe sempre e solo i fratelli del Cammino, mai i cosiddetti "catechisti" o la gerarchia neocatecumenale su fino al sommo Don Kikolone.

In pratica, nel Cammino, "demonio" è il termine con cui si indica una riduzione del prestigio della setta, dei suoi soldi, del suo numero di adepti, della loro cieca ubbidienza dovuta ai capicosca della setta.

Occorre qui notare non solo la facilità con cui tirano in ballo il "demonio" ma anche l'arroganza e la tracotanza con cui lo fanno: decontestualizzando, recitando, ingannando. Loro hanno il "potere", cioè l'investitura approvata da Kiko, e tu fratello delle comunità sei solo la loro materia da plasmare per arricchire di prestigio, ricchezze e comodità la casta dei capicosca del Cammino. E spesso "comodità" include anche i loro porci comodi, a cominciare dall'assecondare la propria sete di potere e altro.

I cosiddetti "catechisti" si comportano esattamente come quelli che accusarono Nostro Signore: "ora sappiamo che hai un demonio". Chiunque fosse stato presente lì davanti a Gesù e i farisei si sarà domandato: ma come?, questi stessi farisei hanno visto i miracoli, hanno udito la predicazione, hanno visto i segni, conoscono da una vita intera le profezie e non possono negare che in Gesù si siano avverate, e dopo tutto questo Lo vanno insultando con "hai un demonio"? ma perché? Sono incapaci di capire o sono furenti perché le loro malefatte sono state svelate

Allo stesso modo, i cosiddetti "catechisti" neocatecumenali subito tirano in ballo il "demonio" non appena si accorgono che qualche fratello di comunità non è totalmente alla loro mercè... o qualche propria malefatta viene svelata o rischia di essere svelata.

E tutto questo avviene in mezzo a mille pomposissimi proclami, a interminabili discorsetti dove il tre volte santo nome di Nostro Signore, i dogmi di fede, le virtù cristiane, vengono nominati senza sosta (e a sproposito).

Il problema fondamentale dei cosiddetti "catechisti" è infatti il dover difendere l'eresia, l'inganno, la menzogna, il sopruso. Nonostante vengano chiamati "catechisti", non insegnano nulla del Catechismo: sono solo degli sterili ripetitori delle fandonie propalate da Kiko e Carmen - e vengono scelti solo in base a quanto siano fedeli nel ripetere il contenuto dei "mamotreti" (i brogliacci contenenti le sgangherate elucubrazioni kikiane-carmeniane) e le bizzarrie estemporanee di Kiko (vi ricordate di quando Kiko disse che il Signore "ci parla attraverso i testimoni di geova"?).

E naturalmente si tengono ben stretta la nomina, in quanto apportatrice di comodi privilegi (vedasi il miracolo della macchina).

venerdì 13 giugno 2025

«Gli ho servito il Concilio su un piatto d'argento»

Kiko e i suoi autoritratti
Premеssa.
Il Cammino Neocatecumenale è fondato su un inquinаmento della dottrina e della liturgia.
Cioè ha sempre propugnato "catechesi" ambigue, erronee, eretiche, e "liturgie" zeppe di аbusi, modifiche arbitrarie, oltre che idolatria per i fondatori Kiko e Carmen; non meraviglierà che a tutto ciò si accompagni uno strapotere dei suoi cosiddetti "catechisti", costellato di abusi in tutti i campi, e di indebite intromissioni e gravi ingiustiziе ai danni degli adеpti. Nella mentalità neocatecumenale, ingannare e mentire sono considerate azioni sante, qualora adoperate per difendere il prestigio e i soldi della setta e della sua gerarchia.

Ad un fedele cattolico viene dunque da chiedersi come diаvolo sia stato possibile che il Cammino abbia potuto nascеre e crescere e continuare a spаcciarsi per "cattolico". Sul crescere abbiamo fin troppe testimonianze di come i fondatori e i loro scagnozzi abbiano sempre adoperato ogni più spоrco trucchetto per nascondere la sporcizia ai vescovi e ai pontefici. Tale crescita si è però esaurita da oltre vent'anni, cioè da quando gli insegnamenti e le dinamiche interne del Cammino (come la famigerata "Decima", come lo strаpоtere dei "catechisti") sono diventati sufficientemente noti, e da quando parroci e vescovi riluttanti hanno dovuto prendere atto che le denunce erano tutte vere e fondate (riluttanti perché a tutti dispiace perdere quei comodi trenta denari frequentemente elargiti dal Cammino, e nessuno aspira a diventare bersaglio delle vendеtte neocatecumenali).



Quanto al come sia stato possibile che una realtà del genere abbia potuto nascere e spacciarsi per cattolica lungo tanti decenni, la risposta sarà sgradita alle cosiddette "anime belle" (cioè quei cattolici che non amano sentir parlare di problemi). Quella risposta ce l'ha data la stessa Carmen Hernández nel 2002, quando tutta tronfia si vantò aver "servito" a Kiko "il Concilio" nientemeno che su "un piatto d'argento". Come se la laica Carmen avesse subito capito tutto del concilio Vaticano II, mentre per i molti decenni successivi fior di prelati e teologi si sono affannati a interrogarsi su come recepirlo e farlo recepire.

Il prоblemа fondamentale - che per onestà intellettuale occorre riconoscere - è che il Vaticano II costituisce un grave malanno della Chiesa Cattolica, per i suoi contenuti e ancor più per il modo in cui viene comunemente inteso.

Nel corso della storia sono stati celebrati ventuno concili ecumenici riconosciuti come tali dalla Chiesa. I primi venti sono stati cоncili dogmatici, cioè che riguardavano principalmente le verità di fede, e dunque anche di condanna alle eresie (condannare le eresie implica riaffermare le verità di fede). Trattandosi di dogmi e di condanna delle eresie, sono vincolanti per la fede cattolica.

Per esempio, nel concilio di Calcedonia (nel 451), si chiarì che Nostro Signore possiede due nature (quella umana e quella divina), condannando l'eresia "monofisìta". Dobbiamo ricordare che tale dogma di fede era di fatto già creduto in precedenza dai cattolici, seppure espresso in modi diversi; quella solenne definizione dogmatica, vincolante per la fede, protegge i cattolici dal rischio di tornare su quella vecchia erеsia, e stabilisce un linguaggio ("due nature") chiaro e riconoscibile e senza equivoci.

L'ultimo concilio, il Vaticano II, è stato invece un concilio pastorale, cioè che non impegna la fede (se non in quei punti in cui ribadisce verità di fede già precedentemente chiarite dal Magistero e dai concili precedenti).

Altra piccola divagazione solo per esempio: il concilio di Costanza agli inizi del XV secolo condannò l'erеsia hussitа - poco importa che fu convocato dall'antipаpa Giovanni XXIII, l'importante è che tale concilio sia riconosciuto come concilio ecumenico della Chiesa. Fra le affermazioni condannate, quella secondo cui Simon Pietro non sarebbe stato "capo della Chiesa". (Non è stata la prima, né l'ultima volta, in cui la Chiesa ha dovuto ribadire l'autorità di Pietro e dei suoi successori).
Dato che la pastorale è contingente (cioè riguarda specifici tempi e luoghi; per esempio non si può applicare in Giappone la stessa pastorale che si applicherebbe in Camerun), merita sì ossequio dai fedeli ma non richiede l'adesione della fede richiesta dai dogmi. Una pastorale può benissimo essere criticabile, anche se nascesse dalle migliori intenzioni. Un concilio pastorale può benissimo essere criticabile in tutte le parti che non riguardano i dogmi di fede: l'ossequio dovuto non richiede ipocrisia.

Il Vaticano II non era veramente necessario (l'intenzione di papa Giovanni XXIII era solo di far riesprimere alcune cose relative alla fede, non riteneva necessario correggere eresie o proclamare dogmi, tant'è che prevedeva che durasse pochi mesi al massimo): dopotutto un "concilio pastorale" riguarda la pastorale, cioè qualcosa di "contingente", di temporaneo, di non vincolante per la fede.

Quel concilio non è stato neppure utile (visto che l'intenzione di papa Giovanni XXIII fu tradita fin dall'eliminazione immediata e immotivata degli "schemi preparatori", e dalla successiva proliferazione di documenti e dichiarazioni di diverso peso, e dal silenziamento delle voci valide), tanto più che i documenti consentivano troppe diverse interpretazioni. In linea generale, tutti i meriti che comunemente vengono attribuiti al Concilio, non avevano bisogno di un Concilio per essere portati avanti: sarebbero stati sufficienti pochi pronunciamenti del successore di Pietro.

Quel concilio è stato anche dannoso, visto che contiene ambiguità al punto che tutti i "rivoluziоnari", ancor oggi, lo usano come pezza d'appoggio per difendere le proprie corbellerie, persino quando il testo dicesse esattamente l'opposto; per esempio la costituzione Sacrosanctum Concilium (nel §116) stabilisce esplicitamente che al canto gregoriano spetti il primo posto nella liturgia, eppure nelle parrocchie il gregoriano si è estinto fin dal Concilio e nessun conciliare si è mai sognato di rimetterlo al primo posto. Altro esempio: si consideri la questione del "girare gli altari" (quando si dice che il celebrante deve stare "di faccia" al popolo), che non era stata richiesta né auspicata dal Concilio (e nemmeno dalla gerarchia cattolica) ma chi la critica viene tacciato di essere "preconciliare" (termine che oggi è comunemente dispregiativo, adoperato come se fosse un insulto).

Visto che Giovanni XXIII e i suoi successori hanno tanto vantato il concilio pastorale, hanno tanto sperato di poter basarci una pastorale che recuperi e aiuti la fede, anche la pressoché totalità di clero e vescovi si è sempre fatta in quattro per "valorizzarlo" in tutti i modi... finendo per dare campo libero a tutti gli aspiranti "rivoluzionari" che non vedevano l'ora di mettere il timbro di "cattolico" sulle proprie invenzioni anticattoliche, e il timbro di "preconciliare" su qualsiasi cosa non gradissero. Ma al di là delle migliori intenzioni di clero, vescovi e pontefici, resta il fatto che è un concilio pastorale, che viene tradito dai suoi stessi fautori (non solo riguardo al canto gregoriano) fin dagli inizi (solo quegli "schemi preparatori" erano la linea desiderata da Giovanni XXIII), e che viene adoperato come alibi per ogni "rivoluzione" (come il "girare gli altari"), e di cui ancor oggi si discutono mille modi per "farlo recepire" senza ancora riuscire mai a chiarire veramente come e perché sarebbe utile per la crescita della fede e per la salvezza delle anime. Benedetto XVI si è inutilmente sforzato di dire che il Vaticano II andava letto in "ermeneutica della continuità" coi concili precedenti, ma tutti - sia i fautori, sia i critici - sono convinti che il Vaticano II è stato un punto di "rottura".

"Il Concilio" è diventato (suo malgrado?) uno spartiacque fra la Chiesa "preconciliare" da detestare e dimenticare (quella di padre Pio, di papa Pio X, di padre Kolbe...) e la Chiesa "moderna" (quella a corto di vocazioni, quella dove l'eresia viena accolta dal dialogo anziché dalle condanne, quella di Assisi '86 e della Pachamama, quella dove si tiene in gran conto l'opinione dei nemici della fede e li si blandisce in ogni modo).



Ora, tutti noi che abbiamo cercato di valorizzare pastoralmente tale concilio pastorale, e di esaltarne le parti buone (dopotutto "quel che c'era di buono non era nuovo, quel che c'era di nuovo non era buono"), non possiamo non notare che tutti i sedicenti interpreti del Concilio - ivi inclusi Kiko e Carmen - hanno sempre avuto la manifesta intenzione di cancellare praticamente tutto ciò che c'era di buono prima del Concilio, per portare avanti la propria idea e spacciarla per cattolica.

Insomma, il Vaticano II è stato il trucco dei nemici della fede per imporre "novità" contro la fede, contro la Chiesa, contro la liturgia. E la famosa "primavera conciliare" è stata invece un rigido inverno in fatto di vocazioni, di liturgia, di frequenza ai sacramenti, di conoscenza delle verità di fede. Negli anni del Vaticano II tutti i "rivoluzionari" hanno dedotto che era il momento buono per uscire allo scoperto e trascinare con sé tanti fedeli - agnelli e pecorelle del gregge del Signore - verso l'errore e la perdizione, verso una caricatura della fede cattolica, verso liturgie ridotte a spettacolini, verso gesti esagerati che la Chiesa non richiedeva né auspicava (come le famigerate "Decime"), verso l'ipocrisia del voler sembrare più cristiani dei cristiani (come il mega-digiuno di Pasqua dei neocatecumenali).

fan del "Concilio" hanno dimenticato i venti concili precedenti, hanno letteralmente invertito la scena (considerano "intoccabile" la pastorale e "dimenticabile" il dogma), hanno stabilito che la Tradizione è da rigettare (come se venti secoli di santità e di certezze confermate dall'autorità della Chiesa fossero improvvisamente da mettere in secondo piano), hanno stabilito che "preconciliare" è un insulto (come se l'unica Chiesa degna di questo nome fosse composta dalle proprie elucubrazioni "postconciliari"). Non a caso, con amarezza, siamo tutti in grado di vedere la differenza fra la Chiesa di sempre (quella dagli Apostoli fino ai tempi di padre Pio) e la neochiesa moderna.

In quello stesso 1966, mentre Kiko e Carmen facevano celebrare pagliacciate pseudoliturgiche sui tavolacci con le pagnottone e i boccali, a San Giovanni Rotondo padre Pio celebrava la liturgia cattolica tradizionale allo stesso modo di oltre un millennio e mezzo di santi prima di lui. Quale dei due rappresentava la vera Chiesa? Cosa ne avrebbe pensato padre Pio delle carnevalate liturgiche kikiane-carmeniane? Che atteggiamento hanno avuto Kiko e Carmen e i loro seguaci di fronte a celebrazioni come quelle di padre Pio?

Insistiamo a voler far notare che per accettare veramente il Concilio Vaticano II occorre prima accettare tutti gli altri Concili precedenti, tutta la Tradizione, tutto il Magistero. Non si può puntare tutto sulla "pastorale" se si trascura (anche solo minimamente) il "dogma". Come può essere efficace una pastorale se mette un po' da parte il dogma?

Moltissimi cattolici, forti del fatto che tutti gli ultimi pontefici hanno in tutti i modi tentato di valorizzare il Concilio, ingenuamente (se non solo per pigrizia) saltano sul carro del (presunto) vincitore "conciliare", maturando perfino il terrore di far/dir cose sospette di essere "preconciliari". Quando a gente ghiotta di "sperimentazioni nuove", di "segni nuovi", ho proposto gesti semplici - come l'adorazione eucaristica silenziosa e in ginocchio, come il far la Comunione alla bocca e in ginocchio - ho visto delle levate di scudi scatenate, si sono agitati come indemoniati colpiti da una secchiata d'acqua santa. Eppure Nostro Signore non ci ha comandato di credere che un concilio pastorale valga quanto e più dei venti concili dogmatici precedenti.

Piccola parentesi: la Fraternità sacerdotale san Pietro (FSSP), nata in epoca "conciliare", ha nei suoi statuti (approvati da Benedetto XVI nel 2006, prima del Summorum Pontificum) il diritto di fare, trasmettere, promuovere, una onesta e rispettosa critica del Concilio. (Fu necessario chiarire nero su bianco tale diritto solo perché la FSSP era composta di ex lefebvriani che intendevano riconciliarsi con la Santa Sede, cioè chiarire che le loro legittime critiche al Concilio pastorale non costituivano un rinnegare tale riconciliazione).



Concludiamo ricordando che nella vita di ogni fedele, la questione fondamentale è la salvezza personale. Nella nostra indispensabile adesione alla Chiesa, per facilitarci l'accesso alla salvezza ci conviene diffidare delle "novità" e fidarci invece di ciò che la Chiesa ha sempre e ovunque promosso (la Tradizione) e insegnato (il Magistero).

La fede cattolica non vive di ambiguità, non cresce con le carnevalate, non si alimenta di sperimentazioni o di trovate geniali, non è un campionato in cui acquisisce più punteggio chi sfoggia un elenco di gadget esotici (il tallit ebraico, le palme alte sui balconi, il plinto neoclassico all'ingresso, la fascetta reggichitarra griffata, ecc.) o un repertorio di canti o un elenco di attività e "lucernari" e digiuni impossibili e viaggi alle Domus Kikolatriche in Israele.