venerdì 13 giugno 2025

«Gli ho servito il Concilio su un piatto d'argento»

Kiko e i suoi autoritratti
Premessa.
Il Cammino Neocatecumenale è fondato su un inquinamento della dottrina e della liturgia.
Cioè ha sempre propugnato "catechesi" ambigue, erronee, eretiche, e "liturgie" zeppe di abusi, modifiche arbitrarie, oltre che idolatria per i fondatori Kiko e Carmen; non meraviglierà che a tutto ciò si accompagni uno strapotere dei suoi cosiddetti "catechisti", costellato di abusi in tutti i campi, e di indebite intromissioni e gravi ingiustizie ai danni degli adepti. Nella mentalità neocatecumenale, ingannare e mentire sono considerate azioni sante, qualora adoperate per difendere il prestigio e i soldi della setta e della sua gerarchia.

Ad un fedele cattolico viene dunque da chiedersi come diavolo sia stato possibile che il Cammino abbia potuto nascere e crescere e continuare a spacciarsi per "cattolico". Sul crescere abbiamo fin troppe testimonianze di come i fondatori e i loro scagnozzi abbiano sempre adoperato ogni più sporco trucchetto per nascondere la sporcizia ai vescovi e ai pontefici. Tale crescita si è però esaurita da oltre vent'anni, cioè da quando gli insegnamenti e le dinamiche interne del Cammino (come la famigerata "Decima", come lo strapotere dei "catechisti") sono diventati sufficientemente noti, e da quando parroci e vescovi riluttanti hanno dovuto prendere atto che le denunce erano tutte vere e fondate (riluttanti perché a tutti dispiace perdere quei comodi trenta denari frequentemente elargiti dal Cammino, e nessuno aspira a diventare bersaglio delle vendette neocatecumenali).



Quanto al come sia stato possibile che una realtà del genere abbia potuto nascere e spacciarsi per cattolica lungo tanti decenni, la risposta sarà sgradita alle cosiddette "anime belle" (cioè quei cattolici che non amano sentir parlare di problemi). Quella risposta ce l'ha data la stessa Carmen Hernández nel 2002, quando tutta tronfia si vantò aver "servito" a Kiko "il Concilio" nientemeno che su "un piatto d'argento". Come se la laica Carmen avesse subito capito tutto del concilio Vaticano II, mentre per i molti decenni successivi fior di prelati e teologi si sono affannati a interrogarsi su come recepirlo e farlo recepire.

Il problema fondamentale - che per onestà intellettuale occorre riconoscere - è che il Vaticano II costituisce un grave malanno della Chiesa Cattolica, per i suoi contenuti e ancor più per il modo in cui viene comunemente inteso.

Nel corso della storia sono stati celebrati ventuno concili ecumenici riconosciuti come tali dalla Chiesa. I primi venti sono stati concili dogmatici, cioè che riguardavano principalmente le verità di fede, e dunque anche di condanna alle eresie (condannare le eresie implica riaffermare le verità di fede). Trattandosi di dogmi e di condanna delle eresie, sono vincolanti per la fede cattolica.

Per esempio, nel concilio di Calcedonia (nel 451), si chiarì che Nostro Signore possiede due nature (quella umana e quella divina), condannando l'eresia "monofisìta". Dobbiamo ricordare che tale dogma di fede era di fatto già creduto in precedenza dai cattolici, seppure espresso in modi diversi; quella solenne definizione dogmatica, vincolante per la fede, protegge i cattolici dal rischio di tornare su quella vecchia eresia, e stabilisce un linguaggio ("due nature") chiaro e riconoscibile e senza equivoci.

L'ultimo concilio, il Vaticano II, è stato invece un concilio pastorale, cioè che non impegna la fede (se non in quei punti in cui ribadisce verità di fede già precedentemente chiarite dal Magistero e dai concili precedenti).

Altra piccola divagazione solo per esempio: il concilio di Costanza agli inizi del XV secolo condannò l'eresia hussita - poco importa che fu convocato dall'antipapa Giovanni XXIII, l'importante è che tale concilio sia riconosciuto come concilio ecumenico della Chiesa. Fra le affermazioni condannate, quella secondo cui Simon Pietro non sarebbe stato "capo della Chiesa". (Non è stata la prima, né l'ultima volta, in cui la Chiesa ha dovuto ribadire l'autorità di Pietro e dei suoi successori).
Dato che la pastorale è contingente (cioè riguarda specifici tempi e luoghi; per esempio non si può applicare in Giappone la stessa pastorale che si applicherebbe in Camerun), merita sì ossequio dai fedeli ma non richiede l'adesione della fede richiesta dai dogmi. Una pastorale può benissimo essere criticabile, anche se nascesse dalle migliori intenzioni. Un concilio pastorale può benissimo essere criticabile in tutte le parti che non riguardano i dogmi di fede: l'ossequio dovuto non richiede ipocrisia.

Il Vaticano II non era veramente necessario (l'intenzione di papa Giovanni XXIII era solo di far riesprimere alcune cose relative alla fede, non riteneva necessario correggere eresie o proclamare dogmi, tant'è che prevedeva che durasse pochi mesi al massimo): dopotutto un "concilio pastorale" riguarda la pastorale, cioè qualcosa di "contingente", di temporaneo, di non vincolante per la fede.

Quel concilio non è stato neppure utile (visto che l'intenzione di papa Giovanni XXIII fu tradita fin dall'eliminazione immediata e immotivata degli "schemi preparatori", e dalla successiva proliferazione di documenti e dichiarazioni di diverso peso, e dal silenziamento delle voci valide), tanto più che i documenti consentivano troppe diverse interpretazioni. In linea generale, tutti i meriti che comunemente vengono attribuiti al Concilio, non avevano bisogno di un Concilio per essere portati avanti: sarebbero stati sufficienti pochi pronunciamenti del successore di Pietro.

Quel concilio è stato anche dannoso, visto che contiene ambiguità al punto che tutti i "rivoluzionari", ancor oggi, lo usano come pezza d'appoggio per difendere le proprie corbellerie, persino quando il testo dicesse esattamente l'opposto; per esempio la costituzione Sacrosanctum Concilium (nel §116) stabilisce esplicitamente che al canto gregoriano spetti il primo posto nella liturgia, eppure nelle parrocchie il gregoriano si è estinto fin dal Concilio e nessun conciliare si è mai sognato di rimetterlo al primo posto. Altro esempio: si consideri la questione del "girare gli altari" (quando si dice che il celebrante deve stare "di faccia" al popolo), che non era stata richiesta né auspicata dal Concilio (e nemmeno dalla gerarchia cattolica) ma chi la critica viene tacciato di essere "preconciliare" (termine che oggi è comunemente dispregiativo, adoperato come se fosse un insulto).

Visto che Giovanni XXIII e i suoi successori hanno tanto vantato il concilio pastorale, hanno tanto sperato di poter basarci una pastorale che recuperi e aiuti la fede, anche la pressoché totalità di clero e vescovi si è sempre fatta in quattro per "valorizzarlo" in tutti i modi... finendo per dare campo libero a tutti gli aspiranti "rivoluzionari" che non vedevano l'ora di mettere il timbro di "cattolico" sulle proprie invenzioni anticattoliche, e il timbro di "preconciliare" su qualsiasi cosa non gradissero. Ma al di là delle migliori intenzioni di clero, vescovi e pontefici, resta il fatto che è un concilio pastorale, che viene tradito dai suoi stessi fautori (non solo riguardo al canto gregoriano) fin dagli inizi (solo quegli "schemi preparatori" erano la linea desiderata da Giovanni XXIII), e che viene adoperato come alibi per ogni "rivoluzione" (come il "girare gli altari"), e di cui ancor oggi si discutono mille modi per "farlo recepire" senza ancora riuscire mai a chiarire veramente come e perché sarebbe utile per la crescita della fede e per la salvezza delle anime. Benedetto XVI si è inutilmente sforzato di dire che il Vaticano II andava letto in "ermeneutica della continuità" coi concili precedenti, ma tutti - sia i fautori, sia i critici - sono convinti che il Vaticano II è stato un punto di "rottura".

"Il Concilio" è diventato (suo malgrado?) uno spartiacque fra la Chiesa "preconciliare" da detestare e dimenticare (quella di padre Pio, di papa Pio X, di padre Kolbe...) e la Chiesa "moderna" (quella a corto di vocazioni, quella dove l'eresia viena accolta dal dialogo anziché dalle condanne, quella di Assisi '86 e della Pachamama, quella dove si tiene in gran conto l'opinione dei nemici della fede e li si blandisce in ogni modo).



Ora, tutti noi che abbiamo cercato di valorizzare pastoralmente tale concilio pastorale, e di esaltarne le parti buone (dopotutto "quel che c'era di buono non era nuovo, quel che c'era di nuovo non era buono"), non possiamo non notare che tutti i sedicenti interpreti del Concilio - ivi inclusi Kiko e Carmen - hanno sempre avuto la manifesta intenzione di cancellare praticamente tutto ciò che c'era di buono prima del Concilio, per portare avanti la propria idea e spacciarla per cattolica.

Insomma, il Vaticano II è stato il trucco dei nemici della fede per imporre "novità" contro la fede, contro la Chiesa, contro la liturgia. E la famosa "primavera conciliare" è stata invece un rigido inverno in fatto di vocazioni, di liturgia, di frequenza ai sacramenti, di conoscenza delle verità di fede. Negli anni del Vaticano II tutti i "rivoluzionari" hanno dedotto che era il momento buono per uscire allo scoperto e trascinare con sé tanti fedeli - agnelli e pecorelle del gregge del Signore - verso l'errore e la perdizione, verso una caricatura della fede cattolica, verso liturgie ridotte a spettacolini, verso gesti esagerati che la Chiesa non richiedeva né auspicava (come le famigerate "Decime"), verso l'ipocrisia del voler sembrare più cristiani dei cristiani (come il mega-digiuno di Pasqua dei neocatecumenali).

fan del "Concilio" hanno dimenticato i venti concili precedenti, hanno letteralmente invertito la scena (considerano "intoccabile" la pastorale e "dimenticabile" il dogma), hanno stabilito che la Tradizione è da rigettare (come se venti secoli di santità e di certezze confermate dall'autorità della Chiesa fossero improvvisamente da mettere in secondo piano), hanno stabilito che "preconciliare" è un insulto (come se l'unica Chiesa degna di questo nome fosse composta dalle proprie elucubrazioni "postconciliari"). Non a caso, con amarezza, siamo tutti in grado di vedere la differenza fra la Chiesa di sempre (quella dagli Apostoli fino ai tempi di padre Pio) e la neochiesa moderna.

In quello stesso 1966, mentre Kiko e Carmen facevano celebrare pagliacciate pseudoliturgiche sui tavolacci con le pagnottone e i boccali, a San Giovanni Rotondo padre Pio celebrava la liturgia cattolica tradizionale allo stesso modo di oltre un millennio e mezzo di santi prima di lui. Quale dei due rappresentava la vera Chiesa? Cosa ne avrebbe pensato padre Pio delle carnevalate liturgiche kikiane-carmeniane? Che atteggiamento hanno avuto Kiko e Carmen e i loro seguaci di fronte a celebrazioni come quelle di padre Pio?

Insistiamo a voler far notare che per accettare veramente il Concilio Vaticano II occorre prima accettare tutti gli altri Concili precedenti, tutta la Tradizione, tutto il Magistero. Non si può puntare tutto sulla "pastorale" se si trascura (anche solo minimamente) il "dogma". Come può essere efficace una pastorale se mette un po' da parte il dogma?

Moltissimi cattolici, forti del fatto che tutti gli ultimi pontefici hanno in tutti i modi tentato di valorizzare il Concilio, ingenuamente (se non solo per pigrizia) saltano sul carro del (presunto) vincitore "conciliare", maturando perfino il terrore di far/dir cose sospette di essere "preconciliari". Quando a gente ghiotta di "sperimentazioni nuove", di "segni nuovi", ho proposto gesti semplici - come l'adorazione eucaristica silenziosa e in ginocchio, come il far la Comunione alla bocca e in ginocchio - ho visto delle levate di scudi scatenate, si sono agitati come indemoniati colpiti da una secchiata d'acqua santa. Eppure Nostro Signore non ci ha comandato di credere che un concilio pastorale valga quanto e più dei venti concili dogmatici precedenti.

Piccola parentesi: la Fraternità sacerdotale san Pietro (FSSP), nata in epoca "conciliare", ha nei suoi statuti (approvati da Benedetto XVI nel 2006, prima del Summorum Pontificum) il diritto di fare, trasmettere, promuovere, una onesta e rispettosa critica del Concilio. (Fu necessario chiarire nero su bianco tale diritto solo perché la FSSP era composta di ex lefebvriani che intendevano riconciliarsi con la Santa Sede, cioè chiarire che le loro legittime critiche al Concilio pastorale non costituivano un rinnegare tale riconciliazione).



Concludiamo ricordando che nella vita di ogni fedele, la questione fondamentale è la salvezza personale. Nella nostra indispensabile adesione alla Chiesa, per facilitarci l'accesso alla salvezza ci conviene diffidare delle "novità" e fidarci invece di ciò che la Chiesa ha sempre e ovunque promosso (la Tradizione) e insegnato (il Magistero).

La fede cattolica non vive di ambiguità, non cresce con le carnevalate, non si alimenta di sperimentazioni o di trovate geniali, non è un campionato in cui acquisisce più punteggio chi sfoggia un elenco di gadget esotici (il tallit ebraico, le palme alte sui balconi, il plinto neoclassico all'ingresso, la fascetta reggichitarra griffata, ecc.) o un repertorio di canti o un elenco di attività e "lucernari" e digiuni impossibili e viaggi alle Domus Kikolatriche in Israele.